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Giorgia Meloni e le sue ancelle – di Domenico Galbiati

Dopo l’ opaca – si fa per dire…. – prestazione di Elly Schlein e del PD a Gubbio e in attesa del responso del “giurì d’onore” voluto da Conte, Giorgia Meloni tiene saldamente il centro del ring. Al punto che – cosa francamente paradossale ed indicativa del momento – i leader delle forze di opposizione godono, quasi ne avessero bisogno per sentirsi confermati tali, di essere prescelti (vedi la Segretaria del PD) o di proporsi (vedi Conte) come “sparring partner” della Presidente del Consiglio.

Giorgia Meloni spara cazzotti a destra (vedi Salvini, nella veste di pungiball) ed a manca, sempre sicura di uscirne indenne. È’ vero che nella storia della “nobile arte” si ricordano campioni che sono stati tali anche per la loro imperterrita capacità di assorbire botte da orbi sul ring, salvo vincere ai punti o addirittura trovare poi il guizzo del colpo risolutivo a loro favore, ma un tale esempio non fa al caso nostro. In altri termini, il fatto che le opposizioni al governo attualmente in carica, siano del tutto insignificanti è una questione che concerne non tanto o non solo i partiti che dovrebbero incarnare questo ruolo – in definitiva, è affar loro – bensì il complessivo sistema politico-istituzionale. Ed, alla fin fine, perfino la maggioranza.

La conduzione politica di un Paese democratico è, infatti, responsabilità comune a tutti gli attori in campo. Esige una dialettica tra le parti, in carenza della quale la dimensione argomentativa del discorso pubblico si sfarina ed, in sua vece, compaiono e prevalgono, per forza di cose, posizioni apodittiche, che, nel nostro caso, trovano terreno fertile in una destra che ricerca una egemonia culturale, al di là del momento politico in sé. Insomma, PD e Movimento 5 Stelle devono rendersi conto che, in virtù di un dato sistemico, hanno, al di là delle loro improbabili fortune, una responsabilità nei confronti del Paese e ci devono dire se sono in grado o meno di farvi fronte.

Di questo passo, la Meloni ha la strada spianata per i prossimi vent’anni “per abbandono” da parte dell’ avversario.
Il quale – grazie alla somma insipienza di “statisti” alla Di Maio ed all’acquiescenza passiva da “gatto di marmo” di Zingaretti – ha umiliato il Parlamento, senza, peraltro, passare ad un sistema elettorale proporzionale com’era nell’intesa tra i due perché il PD piegasse la testa al farfugliante populismo grillino, regalando, in tal modo , e con largo anticipo, un formidabile assist alla destra, prima ancor che vincesse.

Si rendano conto che l’alternativa alla Meloni può nascere solo cambiando gioco, liberando gli italiani dal cappio al collo rappresentato da un bipolarismo nel quale, purtroppo, anche PD e 5 Stelle amano crogiolarsi, dato che lo trovano confortante e, comunque, inclusivo, sia pure in posizione ancillare. Hanno perso per strada l’opportunità di mettere in campo – come su queste pagine invochiamo da anni – una legge elettorale proporzionale che oggi è più difficile ottenere, eppure va, fin d’ ora, rivendicata, in uno con una ferma opposizione alla riforma costituzionale voluta dalla destra nel segno del “premierato”.

Domenico Galbiati

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