In questi momenti così dolorosi nei quali la celebrazione delle sante Messe è sospesa propongo- attraverso la straordinaria esperienza della messa dei Poveri voluta da Giorgio La Pira- di ritrovare tutti insieme -ora nel chiuso delle nostre case- una comune fede nella forza della preghiera.
L’opera di San Procolo, chiamata la messa dei poveri, fu voluta da Giorgio La Pira nel 1934, dopo un colloquio ispiratore con don Raffaele Bensi, suo padre spirituale e confessore. Poi fu la guerra e le sue conseguenze a renderla una luminosa realtà d’amore. L’idea fondamentale era quella di riunire nella Chiesa di San Procolo tutti i poveri e i più dimenticati della città di Firenze intorno all’Eucarestia domenicale.
Un popolo intero: giovani, professionisti, deputati, professori universitari, con accanto persone sole ed abbandonate. Per ritrovare nella preghiera e attraverso il Sacramento della Comunione il senso di una vera comunità cristiana.
Il sabato pomeriggio c’era il rosario; la mattina e il pomeriggio di domenica la messa. Pochi anni dopo la celebrazione eucaristica si celebrò nella più grande e vicina Badia Fiorentina; dopo la fine della guerra anche nella chiesa dei Santi Apostoli e al Cestello. Giorgio La Pira “esportò” questa comunione d’affetti anche a Roma, nella chiesa di San Gerolamo della Carità. «Se si facesse una statistica dei cristiani — diceva loro il professore — per vedere quanti sono coloro che si accostano una volta l’anno all’Eucarestia, si vedrebbe che sono pochissimi: ciò significa che il cristianesimo è debole. Pensate, che dobbiamo portare qualche cosa in India, in Cina: ma che cosa? La nostra debolezza? Quando voi venite qui alla Messa, di cristiani che non sanno cosa essa è ce ne sono tanti (anche se sono tutti in buona armonia). Bene! Chiamateli con dolcezza e li portate qui alla Messa. I casi sono due: o pregano o dormono, allora vuol dire che si riposano; qui c’è pace, c’è musica e non si paga niente. E poi, se vengono, fanno una passeggiata. Vedete, non si sa mai: una parola, a volte, può svegliare l’animo e il pensiero. Quindi potete dir loro: “Vieni con me alla Badia! (la chiesa della Badia Fiorentina, a Firenze) Lì si canta, si prega il Signore, si ascolta la musica e tante altre cose belle”».
Dopo la Messa esortava tutti a pregare, mescolando con amore fraterno la Bibbia, i Santi della settimana e i fatti più importanti. «“Lei, signore, l’ha da fare? Lei signor sindaco? Lei lavoratore?”. E nessuno capisce che la cosa più importante è pregare. Quando voi avete bisogno dell’acqua, bisogna che andiate a prenderla: che cos’è la preghiera?
È l’acqua (…) il campo non fiorisce se non c’è acqua. Con l’acqua la terra fiorisce; con la preghiera fiorisce l’anima. La preghiera è un colpo di remo. Una donnina di novantasette anni che prega è una potenza. È come l’albero. Senza radice non cresce. Come fate la semina, sotto fa la radice: così senza la preghiera. È la vita del Cristianesimo.
La preghiera santifica l’anima e le dà una forza divina. Ci vuole un vuole un po’ di silenzio e pregare; poi qualunque cosa domandiate al Signore, Dio ve la dà. Quello che conta è che nel vostro cuore ci sia il Signore, il quale vuole che tu gli parli”. Ogni domenica presentava i doni della sua anima francescana, con un linguaggio ricco di gioiosa fiorentinità.
Nino Giordano