In occasione della mostra fotografica “La prima amministrazione La Pira: 1951-1956”, (visibile presso il Florence Learning Center della Baker Hughes in via de’ Perfetti Ricasoli 78, Firenze) pongo all’attenzione “La questione Pignone”, un mio lavoro scritto nel 2014 per la casa cinematografica “Lux-Vide” e che avrebbe dovuto servire per la sceneggiatura di un film su Giorgio La Pira.
Convocato nella sede romana della Lux-Vide dopo la pubblicazione del mio libro “Un cristiano per la città sul monte: Giorgio La Pira” (per la Lef di Firenze), il compianto Ettore Bernabei, nell’apprezzare il testo e ritenendolo propositivo per la sceneggiatura di un film su Giorgio la Pira, dopo avermi illustrato il progetto filmico, articolato in due puntate – il contributo del prof. La Pira alla Costituzione italiana e la questione Pignone -mi ha invitato a svolgere una più approfondita analisi sulla fabbrica fiorentina da utilizzare per la seconda puntata.
Il mio testo è nato con questa finalità. Non è un saggio.
E’ la cronaca di tutte le vicende legate alla fabbrica di Rifredi, messa in liquidazione dalla Snia Viscosa:
-tutti i passi giornalieri operati dal sindaco La Pira, con tutte le sue lettere indirizzate a Fanfani, ministro dell’interno, al Presidente del Consiglio, Pella, a Gronchi, Moro, ai parlamentari democristiani e quindi ai Vescovi italiani ed allo stesso Pontefice, Pio XII. “Qui c’è da salvare qualcosa di più saldo: la fiducia nella democrazia: fiducia non affidata solo alle leggi elettorali, quanto alla reale capacità di risolvere i veri problemi degli uomini: lavoro e casa”.
– Il deciso intervento risolutivo di Enrico Mattei con la costituzione del “Nuovo Pignone”.
– gli anni felici della produzione della fabbrica di Rifredi e il suo ruolo nel mondo.
– la svendita nel 1994 alla General Eletric in nome della decisione del governo Amato di privatizzarla.
Il quotidiano ed eroico impegno di La Pira per salvare la fabbrica fu “ il più deciso intervento in materia di lotta ai licenziamenti che mai sindaco d’Italia abbia compiuto ”( Gianni Baget Bozzo).
La Pira unitamente a Fanfani ebbe l’intuizione di coinvolgere la neonata ENI di Enrico Mattei. La vicenda si concluse con l’assunzione dello stabilimento da parte dell’ENI di Enrico Mattei e la nascita de “Il Nuovo Pignone”: avrebbe permesso all’ENI di rendersi capace di produrre per proprio conto le turbine necessarie all’estrazione del petrolio. .
Fu “il primo macroscopico esempio di cambiamento strutturale, significativo e duraturo, nei rapporti tra iniziativa privata e industria pubblica” (Francesca Taddei).
Un’impresa che assumerà dimensioni internazionali, e fu un esempio di positiva gestione del sistema delle partecipazioni statali nell’economia mista italiana.
L’editore della Lef, Giannozzo Pucci, convinto dell’utilità di questa mia ricerca mi invitò ad ampliarla fino alla scandalosa svendita della fabbrica nel 1994.
Un colloquio con il prof. Piero Barucci, l’allora ministro del Tesoro del governo Amato, mi lasciò basito: “Il governo Amato aveva deciso di intraprendere la strada delle privatizzazioni. E cosi scegliemmo di mettere sul mercato prima il Credit e Sme, poi Ina e Pignone”. La svendita della Pignone alla General Eletric fu il primo atto di un sistematico smantellamento dell’industria nazionale italiana.
Questo mio testo racconta queste vicende ed ancora oggi ha l’obiettivo di dare testimonianza delle scelte lungimiranti di Giorgio La Pira e di Enrico Mattei; e purtroppo di questi “mis-fatti”.
Nino Giordano
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