Il 6 gennaio 1994 Giovanni Paolo II scrisse all’Italia un messaggio accorato. Considero quelle parole attuali e capaci di illuminare anche il percorso culturale e politico intrapreso da Politica Insieme.
A mio avviso quel periodo è simile a quello odierno. Con la crisi della Democrazia Cristiana e la riforma elettorale del 1993[1], i cattolici impegnati in politica si trovarono di fronte ad una scelta capitale: continuare la propria esperienza in nuovo soggetto di ispirazione cristiana, oppure cercare di incidere in partiti di orientamento culturale diverso. A seguito dell’ultima riforma elettorale del 2017[2], la situazione italiana non è poi tanto diversa.
Nel messaggio in questione Giovanni Paolo II espresse viva preoccupazione per l’Italia e per l’Europa. Oggi cresce il pericolo che Unione Europea si sfaldi. Con la Brexit gli inglesi rafforzeranno nuove intese con Donald Trump e i sovranisti, soprattutto quelli nostrani, troveranno nuovi stimoli (e risorse) per lanciare una seconda terribile volata. L’economia americana vola e trascinerà molti nella sua ondata. Trump ha più volte lanciato agli italiani un appello affinché il nostro Paese esca dall’Unione.[3] L’Europa è la terza potenza economica mondiale e non ha un esercito. Quindi conviene anche a Trump che un concorrente economico s’indebolisca, che i paesi dell’Unione si ritrovino isolati e chiedano aiuto alla massima potenza mondiale.
Oggi, ancor più rispetto al 1994, la preoccupazione prioritaria per chi punta ad essere eletto in una istituzione pubblica, è di guadagnare un posto sicuro in lista. Dove e come non importa: il pragmatismo è massimo. La transumanza da un partito all’altro è in crescita. Molti pensano che i partiti siano tutti uguali. Non dovrebbe essere così. Dobbiamo agire affinché si maturi un percorso diverso. Riporto pressoché integralmente quel messaggio del papa. Alla fine di esso ho portato brevi e sintetiche osservazioni. Preciso che il mio obiettivo non è un partito guelfo e tantomeno la diaspora.
Ciò che mi anima in questo momento, così difficile e complesso, è offrire un modesto contributo affinché si rifletta e si possa al più presto realizzare una politica migliore.
Il Papa scrisse: “Si sono così udite delle voci secondo le quali, nella nuova stagione politica, una forza di ispirazione cristiana avrebbe cessato di essere necessaria. Si tratta però di una valutazione errata, perché la presenza dei laici cristiani nella vita sociale e politica (…) è ancora necessaria per esprimere sul piano sociale e politico la tradizione e la cultura cristiana della società italiana”. I laici cristiani non possono sottrarsi alle loro responsabilità. Devono piuttosto testimoniare con coraggio la loro fiducia in Dio, Signore della storia, e il loro amore per l’Italia attraverso una presenza “unita e coerente” e un servizio onesto e disinteressato nel campo sociale e politico, sempre aperti a una sincera collaborazione con tutte le forze sane della nazione.
Colpisce quanto il Papa abbia esortato i cattolici italiani a collaborare con i cittadini di buona volontà per il bene comune. Egli chiese di far leva sulla nostra cultura, di proseguire il percorso tracciato da chi seppe ricostruire le nazioni europee distrutte dalla guerra mondiale.
Con la caduta del Muro di Berlino[4] i popoli che si erano liberati dal comunismo reale avevano bisogno di noi, della nostra cultura, di incarnare nel modo migliore il nostro sistema sociale, economico e politico. Probabilmente ancor non si è capito abbastanza la portata spirituale, culturale, morale – diciamo pure anche politica – di quel messaggio. Preoccupa al Papa l’idea che possa venir meno un partito di ispirazione cristiana; se ciò accadesse, egli sottolinea, si avrebbero ricadute pesanti per il nostro paese, per l’Europa e per il mondo intero.
Si tratta, scrisse il Papa, di prendere a cuore “la situazione sociale e politica, che l’Italia sta vivendo in questa fase delicata della sua storia, a causa dei cambiamenti epocali verificatisi in Europa nel corso di quell’anno straordinario che è stato il 1989. Alla precedente contrapposizione fra i due blocchi, comunemente designati con i nomi convenzionali dell’Est e dell’Ovest, ha fatto seguito un “crollo repentino e veramente straordinario del sistema comunista”, dovuto sicuramente a “ragioni di carattere economico e socio-politico”, ma più in profondità ad “una motivazione etico-antropologica e, in definitiva, spirituale”. (…) Il mutato quadro geopolitico europeo appare così in costante evoluzione, preannunciando per i prossimi anni grandi sfide e nuovi scenari: mentre infatti progredisce, da una parte, il cammino verso l’unità europea, si pone, dall’altra, in modo acuto il problema dei rapporti tra le nazioni e non di rado si registrano rigurgiti di esasperato nazionalismo, soprattutto nei Paesi dell’Est europeo e nei Balcani, come dolorosamente dimostra la triste situazione dei giorni nostri.
Per l’edificazione della nuova Europa sviluppare e rafforzare l’eredità dei padri dell’Europa contemporanea, animati da profonda fede cristiana
Ecco perché, proprio a partire da una lettura dei “segni dei tempi” alla luce dei valori di umana e cristiana solidarietà, mi sembra quanto mai importante ed urgente proseguire coraggiosamente lo sforzo di edificazione della nuova Europa, in convinta adesione a quegli ideali che, nel recente passato, hanno ispirato e guidato statisti di grande levatura, quali Alcide De Gasperi in Italia, Konrad Adenauer in Germania, Maurice Schuman in Francia, facendone i padri dell’Europa contemporanea. Non è significativo che, tra i principali promotori della unificazione del continente, vi siano uomini animati da profonda fede cristiana? ( … )
L’eredità spirituale e politica, tramandata da queste grandi figure storiche, va pertanto non solo custodita e difesa, ma sviluppata e rafforzata. Occorre una generale mobilitazione di tutte le forze, perché l’Europa sappia progredire nella ricerca della sua unità guardando, nello stesso tempo, “al di là dei propri confini e del proprio interesse” (Dichiarazione cit., n. 11). Potrà così contribuire a costruire un futuro di giustizia, di solidarietà e di pace per ogni nazione, abbattendo barriere e preconcetti etnici e culturali e superando le divisioni esistenti tra Occidente ed Oriente, tra Nord e Sud del pianeta.
All’Italia il compito di difendere per tutta l’Europa il patrimonio religioso e culturale
(…) Sono convinto che l’Italia come nazione ha moltissimo da offrire a tutta l’Europa. Le tendenze che oggi mirano ad indebolire l’Italia sono negative per l’Europa stessa e nascono anche sullo sfondo della negazione del cristianesimo. In una tale prospettiva si vorrebbe creare un’Europa, e in essa anche un’Italia, che siano apparentemente “neutrali” sul piano dei valori, ma che in realtà collaborino alla diffusione di un modello postilluministico di vita. Ciò si può vedere anche in alcune tendenze operanti nel funzionamento di istituzioni europee. Contro l’orientamento di coloro che furono i padri dell’Europa unita, alcune forze, attualmente operanti in questa comunità, sembrano piuttosto ridurre il senso della sua esistenza e della sua azione ad una dimensione puramente economica e secolaristica.
All’Italia, in conformità alla sua storia, è affidato in modo speciale il compito di difendere per tutta l’Europa il patrimonio religioso e culturale innestato a Roma dagli apostoli Pietro e Paolo. Di questo preciso compito dovrà avere chiara consapevolezza la società italiana nell’attuale momento storico, quando viene compiuto il bilancio politico del passato, dal dopoguerra ad oggi.
La presenza dei laici cristiani necessaria per esprimere sul piano sociale la tradizione e la cultura cristiana
(…) In particolare, la caduta del comunismo nell’Europa centrale e orientale ha provocato anche in Italia un nuovo modo di guardare alle forze politiche e ai loro rapporti. Si sono così udite delle voci secondo le quali, nella nuova stagione politica, una forza di ispirazione cristiana avrebbe cessato di essere necessaria. Si tratta però di una valutazione errata, perché la presenza dei laici cristiani nella vita sociale e politica non solo è stata importante per opporsi alle varie forme di totalitarismo, a cominciare da quello comunista, ma è ancora necessaria per esprimere sul piano sociale e politico la tradizione e la cultura cristiana della società italiana.
I laici cristiani non possono sottrarsi alle loro responsabilità
Certamente oggi è necessario un profondo rinnovamento sociale e politico. Accanto a coloro che, ispirandosi ai valori cristiani, hanno contribuito a governare l’Italia nel corso di quasi mezzo secolo, acquistando innegabili meriti verso il Paese e il suo sviluppo, non sono mancate purtroppo persone che non hanno saputo evitare addebiti anche gravi: persone, in particolare, che non sempre sono state capaci di contrastare le pressioni sia delle forze che spingevano verso un eccessivo statalismo, sia di quelle che cercavano di far prevalere i propri interessi sul bene comune. Alcuni, inoltre, sono accusati di aver violato le leggi dello Stato.
Proprio queste accuse, rivolte per il vero alle diverse forze politiche ed anche ad istanze operanti nella stessa società civile, hanno provocato iniziative di carattere giudiziario, che attualmente stanno modificando in modo profondo il volto politico dell’Italia.
Un bilancio onesto e veritiero degli anni dal dopoguerra ad oggi non può dimenticare, però, tutto ciò che i cattolici, insieme ad altre forze democratiche, hanno fatto per il bene dell’Italia. Non si possono dimenticare cioè tutte quelle significative realizzazioni che hanno portato l’Italia ad entrare nel numero dei sette Paesi più sviluppati del mondo, né si può sottovalutare o scordare il grande merito di avere salvato la libertà e la democrazia. Tanto meno si può accettare l’idea che il Cristianesimo, e in particolare la dottrina sociale della Chiesa, con i suoi contenuti essenziali ed irrinunciabili, dopo tutto un secolo dalla Rerum novarum al Concilio Vaticano II e alla Centesimus annus, abbiano cessato di essere, nell’attuale situazione, il fondamento e l’impulso per l’impegno sociale e politico dei cristiani.
I laici cristiani non possono dunque, proprio in questo decisivo momento storico, sottrarsi alle loro responsabilità. Devono piuttosto testimoniare con coraggio la loro fiducia in Dio, Signore della storia, e il loro amore per l’Italia attraverso una presenza unita e coerente e un servizio onesto e disinteressato nel campo sociale e politico, sempre aperti a una sincera collaborazione con tutte le forze sane della nazione.
Un esame di coscienza per una rinnovata solidarietà
(…) Proprio qui si colloca la nostra missione pastorale: dobbiamo chiamare tutti ad uno specifico esame di coscienza. Questo è un bilancio non solo di carattere politico, ma anche e soprattutto di carattere culturale ed etico. È necessario allora aiutare tutti a liberare tale bilancio dagli aspetti utilitaristici e congiunturali, come pure dai rischi di una manipolazione dell’opinione pubblica.
Mi riferisco specialmente alle tendenze corporative ed ai rischi separatisti che sembrano emergere nel Paese. In Italia, per la verità, da molto tempo esiste una certa tensione tra il Nord, piuttosto ricco, e il Sud, più povero. Ma oggi questa tensione si fa più acuta. Le tendenze corporative ed i rischi separatisti vanno però decisamente superati con un onesto atteggiamento di amore per il bene della propria nazione e con comportamenti di rinnovata solidarietà. Si tratta di una solidarietà che dev’essere vissuta non solo all’interno del Paese, ma anche nei riguardi dell’Europa e del Terzo Mondo.
L’amore per la propria nazione e la solidarietà con l’umanità tutta non contraddicono il legame dell’uomo con la regione e con la comunità locale, in cui è nato, e gli obblighi che egli ha verso di esse. La solidarietà passa piuttosto attraverso tutte le comunità in cui l’uomo vive: la famiglia, in primo luogo, la comunità locale e regionale, la nazione, il continente, l’umanità intera: la solidarietà le anima, raccordandole fra di loro secondo il principio di sussidiarietà che attribuisce a ciascuna di esse il giusto grado di autonomia.
Non può essere, poi, trascurato il pericolo che questo esame di coscienza, pienamente legittimo e necessario per la rinascita della società italiana, possa diventare l’occasione per una dannosa manipolazione dell’opinione pubblica. È certamente giusto che i presunti colpevoli siano giudicati e, se realmente colpevoli, ne subiscano le conseguenze legali”.
Conclusione
Penso che in questo messaggio siano state espresse parole chiare, utili a delineare ancor meglio quanto segue:
- l’identità del soggetto sociale che dobbiamo forgiare;
- la traccia culturale da seguire per incidere nella politica italiana ed europea;
- non possiamo scordare ciò che i cattolici, insieme ad altre forze democratiche, hanno compiuto per il bene comune;
- le tendenze corporative ed i rischi separatisti vanno superati con un onesto atteggiamento di amore per il bene della propria nazione e con comportamenti di rinnovata solidarietà. Si tratta di una solidarietà che dev’essere vissuta non solo all’interno del Paese, ma anche nei riguardi dell’Europa e del Terzo Mondo.
- I laici cristiani non possono sottrarsi alle loro responsabilità.
Mario Rossi
Note
[1] La legge elettorale “Mattarella”, introdotta nel 1993, obbligava i cattolici ad organizzarsi in modo nuovo. C’era il pericolo che i cattolici, essendo minoranza nel paese, perdessero rilevanza. Il sistema elettorale era stato riformato su impulso dell’iniziativa referendaria a favore del maggioritario, introdusse per la prima volta in Italia un sistema elettorale misto, definito come segue:
- maggioritario uninominale a turno unico per i tre quarti dei seggi del Senato e i tre quarti dei seggi della Camera;
- ripescaggio proporzionale dei più votati fra i candidati non eletti per l’assegnazione del rimanente 25% dei seggi del Senato;
- proporzionale con liste bloccate,scorporo e soglia di sbarramento al 4% per il rimanente 25% dei seggi della Camera.
Tale meccanismo – noto anche con l’appellativo latineggiante di Mattarellum – costituì uno dei principali elementi che segnarono il passaggio alla cosiddetta Seconda Repubblica, rappresentando una decisa svolta rispetto al passato: la preponderante componente maggioritaria prevista dal nuovo sistema, infatti, era volta a favorire lo sviluppo di una forma di bipolarismo, agevolando in linea di principio l’alternanza di governo fra due partiti o coalizioni sul modello delle altre maggiori democrazie occidentali.
[2] Legge 3 novembre 2017, n. 165, “Modifiche al sistema di elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Delega al Governo per la determinazione dei collegi elettorali uninominali e plurinominali.” Dal 2017 è in vigore un sistema elettorale misto a separazione completa, ribattezzato Rosatellum bis: in ciascuno dei due rami del Parlamento, il 37% dei seggi assembleari è attribuito con un sistema maggioritario uninominale a turno unico, mentre il 61% degli scranni viene ripartito fra le liste concorrenti mediante un meccanismo proporzionale corretto con diverse clausole di sbarramento.. Le candidature per quest’ultima componente sono presentate nell’ambito di collegi plurinominali, a ognuno dei quali spetta un numero prefissato di seggi; l’elettore non dispone del voto di preferenza né del voto disgiunto. La Costituzione stabilisce altresì che dodici deputati e sei senatori debbano essere prescelti dai cittadini italiani residenti all’estero.
[3] “L’Italia starebbe molto meglio fuori dell’Unione europea: parola di Donald Trump, che in una intervista rilasciata al programma della emittente radiofonica britannica Bbc parlando di Brexit torna a rispolverare l’ipotesi di una Italexit. Nel corso della conversazione col suo amico Nigel Farage, leader degli euroscettici d’Oltre Manica, il presidente americano per la prima volta in assoluto ipotizza l’uscita del nostro Paese non solo dall’euro ma dall’Unione europea di cui è uno degli stati fondatori. Un intervento a gamba tesa nell’agone politico italiano già in fibrillazione. Un’uscita che rischia a questo punto di rinfocolare le velleità antieuropeiste di molti proprio nel momento in cui, con il nuovo governo Conte, Roma si era riposizionata nel campo della Ue, riprendendo la via di un dialogo piu’ serrato e collaborativo con Bruxelles, a partire dal delicatissimo dossier della manovra economica” (cfr. ANSA, 1 novembre 2019).
[4] Il muro che circondava Berlino Ovest, divise in due la città di Berlino per ben 28 anni, più precisamente dal 13 agosto del 1961 fino al 9 novembre 1989, giorno in cui il governo tedesco-orientale si vide costretto a decretare la riapertura delle frontiere con la Repubblica Federale.