Secondo il Ministero della Giustizia è diminuita negli ultimi tempi la durata dei processi civili e penali e dell’arretrato, in linea con gli obiettivi del PNRR concordati con l’Europa.
Questo è il quadro che emerge dai dati di monitoraggio del primo semestre 2023, il primo dopo l’entrata in vigore delle riforme del processo civile e penale, e che registra gli effetti dei cambiamenti organizzativi attuati dagli uffici giudiziari, anche con l’arrivo degli addetti all’Ufficio per il processo.
Il monitoraggio effettuato ogni tre mesi fornisce le relative informazioni in ambito nazionale sull’andamento dei procedimenti pendenti civili, dei procedimenti pendenti penali e dell’arretrato civile.
Le statistiche sulle pendenze evidenziano la quantità dei procedimenti aperti alla fine del periodo, quelle sull’arretrato danno rilevanza ai procedimenti che, alla relativa data, non sono stati risolti entro i termini di durata ragionevole che la legge prevede, che sono tre anni per i procedimenti in primo grado, due anni per i procedimenti in appello e un anno per i procedimenti in Cassazione.
La relazione, curata dalla Direzione generale di statistica e analisi organizzativa (DgSTat) del Dipartimento per la transizione digitale della giustizia l’analisi statistica e le politiche di coesione del Ministero della Giustizia, pubblicata sul sito del Ministero insieme con i dati di monitoraggio, esamina gli andamenti considerando i fattori che incidono sugli stessi, incluse le positive influenze dovute alla riduzione del numero degli iscritti accaduto durante il periodo pandemico.
I valori al 30 giugno 2023, confrontati con quelli del 2019 (anno di riferimento fissato nel PNRR) segnalano una decisa accelerazione nella riduzione della durata dei processi calcolata in base al disposition time, l’indicatore di durata che misura il rapporto tra i processi pendenti e quelli definiti, con valori di:
- – 19,2% nel settore civile
- – 29,0% in quello penale
Particolarmente decisa la riduzione nell’ultimo anno nel settore penale (- 17,5% rispetto al I semestre del 2022), grazie a un aumento consistente dei procedimenti definiti. In attesa di un consolidamento di tali andamenti, sulla base dei dati dei prossimi mesi, la tendenza registrata nel primo semestre 2023 è in linea con l’obiettivo finale concordato con la Commissione europea, consistente nella riduzione del 25% della durata dei processi penali entro giugno 2026.
La durata media di un processo penale, in tutte le sue fasi, è scesa al di sotto della soglia dei mille giorni
Più contenuto nell’ultimo anno il calo del disposition time in ambito civile ( -1,0% rispetto al I semestre 2022), ma si registra un andamento positivo del Tribunale e della Corte di appello, con una diminuzione (rispettivamente, dell’8,9 e del 7,8 per cento).
Con il mantenimento di questo andamento risulta raggiungibile l’obiettivo preso con la Commissione europea della riduzione del disposition time complessivo del 40% entro giugno 2026.
Riguardo all’arretrato civile, gli ultimi dati segnalano una accelerazione nella tendenza di smaltimento, in particolare nel Tribunale, l’ufficio che fino ad ora ha mostrato le maggiori difficoltà.
Al 30 giugno 2023 le variazioni rispetto al 2019 si sono attestate sui valori seguenti:
- -19,7% in Tribunale
- -33,7% in Corte di appello
I dati mostrano quindi un buon andamento dello smaltimento dell’arretrato, che tuttavia rimane ancora al di sotto di quello necessario a raggiungere gli obiettivi concordati con la Commissione europea che prevedono, per giugno 2026, un abbattimento del 90% rispetto al dato del 2019, sia in Tribunale sia in Corte di appello.
Il monitoraggio viene inviato alla Commissione europea due volte all’anno e pubblicato sul portale istituzionale del Ministero della Giustizia e sul sito della DgStat.
Il prossimo aggiornamento, relativo alla chiusura dell’anno 2023, verrà pubblicato ad aprile 2024.
Va sottolineato, sul punto, che le modifiche introdotte con la c.d. Riforma Cartabia del sistema processuale civile e penale sono finalizzate a ridurre i tempi di trattazione dei procedimenti per rispettare gli impegni assunti dall’Italia in relazione al PNRR, ossia la riduzione entro il 2026 del 25% della durata media del processo penale nei tre gradi di giudizio.
In particolare, per quanto concerne le modifiche apportate ai procedimenti penali, che sono quelli destinati ad incidere più profondamente nella opinione pubblica, stante la durata complessiva, innanzi segnalata, le principali novità normative sono le seguenti:
- ampliamento del regime di procedibilità a querela di parte: alcuni reati contro la persona (come, ad esempio, il reato di lesioni personali stradali gravi o gravissime, nell’ipotesi non aggravata, o il reato di lesioni personali, anche lievi), alcuni delitti contro il patrimonio (come, ad esempio, la truffa aggravata dal danno patrimoniale di rilevante gravità), nonché altri reati per i quali era prevista la procedibilità d’ufficio, divengono ora punibili solo nel caso in cui sia presentata querela dalla persona offesa;
- la sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato: è stato ampliato il catalogo dei reati per i quali è prevista la possibilità di accedere alla messa alla prova ed è stata estesa al PM, all’esito delle indagini preliminari, la possibilità di formulare una proposta di sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato ;
- indagini preliminari: i termini durata massima delle indagini sono fissati in un anno per i reati, in sei mesi per le contravvenzioni e in un anno e sei mesi per i reati più gravi. Tali termini possono essere prorogati una sola volta per sei mesi. In caso di inosservanza dei termini, la documentazione relativa alle indagini è depositata nella segreteria del P.M. e le parti hanno facoltà di esaminarla e di estrarne copia;
- la ragionevole previsione della condanna: sia il Pubblico Ministero, sia il Giudice per l’Udienza Preliminare devono informare il loro agire alla regola della ragionevole previsione della condanna. In particolare, il Pubblico Ministero chiederà l’archiviazione quando gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non consentono una ragionevole previsione di condanna; il Giudice per l’udienza preliminare pronuncerà sentenza di non luogo a procedere quando gli acquisiti non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna;
- il processo penale telematico: sono state introdotte disposizioni che prevedono l’obbligatorietà e l’esclusività del deposito telematico di atti, documenti, richieste e memorie, nonché le notifiche presso il domicilio digitale dell’imputato;
- il patteggiamento: è stata prevista la possibilità di estendere l’applicazione della pena su richiesta della parti anche alle pene accessorie, alla loro durata e alla confisca facoltativa;
- il giudizio di appello: è stata prevista l’inappellabilità di alcune sentenze (come, ad esempio, nel caso delle sentenze in cui è stata applicata la sola pena dell’ammenda o le sentenze di proscioglimento relative a reati puniti con la sola pena pecuniaria o con pena alternativa);
- le misure sostitutive della pena: le misure sostitutive della pena possono essere applicate in caso di condanne fino a quattro anni (in precedenza il limite massimo di pena detentiva sostituibile era di due anni);
- pagamento delle pene pecuniarie: il Pubblico Ministero intimerà al condannato di pagare entro 90 giorni dalla notifica dell’ordine di esecuzione della pena; in caso di mancato pagamento, la pena si converte in una misura limitativa della libertà, come ad esempio la semilibertà;
- la giustizia riparativa: il Legislatore ha introdotto l’istituto della giustizia riparativa che si sostanzia in un programma che consente alla vittima, alla persona indicata come autore dell’offesa e ad altri soggetti appartenenti alla comunità di partecipare liberamente, in modo consensuale, attivo e volontario, alla risoluzione delle questioni derivanti dal reato, con l’aiuto di un mediatore.
La Riforma Cartabia ha riguardato sia il processo civile che quello penale ma ci si interroga nell’avvocatura su quali effetti possa veramente portare in termini sia di celerità dei giudizi che di semplificazione, auspicata, per la definizione dei contenziosi civili.
Va fatta, comunque, qualche considerazione, alla luce del monitoraggio effettuato dal Ministero..
Per chi opera esclusivamente nel mondo del diritto del lavoro, la Riforma del processo civile del 2009 aveva dato alcuni segnali in merito ad un progressivo assorbimento della metodologia usata nel rito del lavoro e la nuova Riforma sembra proseguire in questa direzione ossia nella ricerca di un equilibrio tra la celerità dei contenziosi e la giustizia idonea al caso concreto.
In un certo qual modo è da considerarsi una vittoria per chi opera solo in quel ramo del diritto e resta all’oscuro, o quasi, dell’infinita serie di adempimenti intermedi che si frappone tra un atto di citazione e la sentenza di primo grado, tipico del processo civile ordinario.
Se ci si sofferma a leggere alcuni passaggi della Riforma Cartabia, comunque, non si può non notare una certa affinità con il processo del lavoro.
In questo senso va letto il principio sancito dall’ art 121 CpC, che introduce “Libertà di forme chiarezza e sinteticità degli atti. Gli atti del processo, per i quali la legge non richiede forme determinate, possono essere compiuti nella forma più idonea al raggiungimento del loro scopo. Tutti gli atti del processo sono redatti in modo chiaro e sintetico.
Quindi, gli atti devono essere sintetici e scritti in modo chiaro, abbandonando lunghe e inutili formule prive di significato, concentrandosi unicamente sull’inquadrare il petitum e chiarire la causa petendi allegando non solo gli elementi in fatto e in diritto, ma anche articolando le richieste istruttorie, conteggi, risultanze fotografiche e quanto altro ritenuto necessario.
Iil Giudice deve essere in grado, una volta letti gli atti, di comprendere la causa, valutarne la fondatezza e scegliere se deciderla oppure effettuare un’istruttoria più appro fondita,
Inoltre, in base all’art 183 CpC, la concentrazione dei termini processuali di primo grado rappresenta il perno attorno al quale ruota il tentativo, ennesimo, di ridurre i tempi del contenzioso e imporre alle parti di definire – per quanto possibile – le proprie linee difensive sin dall’inizio del giudizio; il thema decidendum, dunque, dovrà essere subito chiaro, sarà poi il Giudice a dettare i tempi del processo, assumendo il ruolo centrale come avviene nel rito lavoro, svolgendo un tentativo di conciliazione della lite e indicando anche un vero e proprio calendario delle udienze.
Appare evidente come l’ombra del processo del lavoro si configuri alle spalle di questa Riforma, in cui si richiamano i principi di immediatezza e concentrazione, ma non l’oralità, che anzi appare sempre più orientata ad essere scritta, e con maggiore rilievo lasciato al tentativo di conciliazione giudiziale.
Solo se l’istruttoria sarà ritenuta necessaria il Giudice fisserà un calendario di udienze, indicando l’udienza di assunzione delle prove entro novanta giorni e, tenuto conto della natura, dell’urgenza e della complessità della causa, tutte le successive udienze, sino alla rimessione della causa in decisione, indicando gli incombenti che dovranno essere espletati da ciascuna delle parti.
Concentrazione anche per quel che attiene la precisazione delle conclusioni del giudizio..
Nella nuova formulazione il giudice fisserà l’udienza per la rimessione della causa in decisione e contestualmente concederà i termini per il deposito de tre atti previsti: precisazione delle conclusioni, comparse conclusionali e memorie di replica
Dunque, c’è una marcata affinità con il processo del lavoro, che in un certo senso è divenuto un modello di efficienza, seppur debba comunque scontrarsi con la prasi quotidiana dei tribunali e la cui da adozione alle cause ordinare era attesa sin dalla sua introduzione..
Anche nel processo del lavoro ci sono alcune, piccole novità.
Abrogato il cosiddetto “rito Fornero”, a partire dal 28 febbraio 2023, non vi sarà più una corsia preferenziale per le cause attinenti alla legittimità del licenziamento e si tornerà alla disciplina ante legge 92/2012.
Con il singolo ricorso, dunque si potranno avanzare contemporaneamente sia le domande di accertamento circa l’illegittimità del licenziamento, che ogni altra (riconoscimento del superiore inquadramento, pagamento differenze retributive, richiesta risarcimento del danno, richiesta versamento contributi, ecc.).
Con la Riforma Cartabia questo rito sommario viene definitivamente archiviato ma, in compenso si aggiunge un interessante articolo 441bis al codice di procedura che consente la riduzione dei termini processuali, a discrezione del Giudice del lavoro e dunque, essere dimezzati i termini per la fissazione della prima udienza di comparizione, anche per la costituzione del convenuto.
Tuttavia prima di potersi esprimere in modo definitivo dovremo attendere come si comporteranno queste modifiche al vaglio dei Tribunali.
In particolare, la cosiddetta Giustizia Telematica, introdotta a causa del Covid, dovrà confrontarsi con le attuali condizioni degli Uffici Giudiziari e con la necessità di formare gli operatori preposti ad una nuova Giustizia che lascia spazio a numerosi dubbi e perplessità, specie in relazione alla cosiddetta Giustizia Riparativa, tutta da inventare.
Mario Pavone