La difficoltà di buona parte dell’opinione pubblica italiana a schierarsi pienamente a favore delle ragioni di Israele non nasce da un pregiudizio. Tantomeno nasce da un pregiudizio antiebraico. Nasce dalla consapevolezza che il giudizio sui singoli episodi sia fuorviante, sia un modo errato di raccontare, giudicare ed agire; il metodo corretto è capire se quello che avviene è un caso isolato o s’inserisce in un susseguirsi di avvenimenti.
Qui, oggettivamente, ci troviamo in un susseguirsi di avvenimenti con esplosioni di violenza continui.
Se l’attacco terroristico recente ci ha sconvolto cosa di dire quello avvenuto a Shabra e Shatila dove l’esercito israeliano sigillando tutte le vie di uscita lasciò liberi di sfogarsi i cristiani libanesi? Migliaia di morti, rileggete le cronache fanno ancora venire i brividi.
Si può continuare, ma la contabilità dell’orrore non giova a nessuno. La verità è che ci sono due popoli che si odiano e ognuno vuole lo sterminio dell’altro. Gli uni piangono per mietere soldi agli occidentali, gli altri per mietere soldi ai paesi arabi. Nell’odio crescono i fanatismi e gli estremismi, naturali o indotti da interessi internazionali. Nessuno vuole la pace.
Vi sembra volere la pace far proliferare gli insediamenti dei coloni? Vi sembra volere la pace portare la capitale di Israele da Tel Aviv a Gerusalemme? Altrettanto si può dire dei palestinesi che, di fatto, hanno consegnato la loro causa al fanatismo religioso islamico fondendo e confondendo la loro lotta con quella, ben più complessa, contro tutto quello che di libero c’è nelle nostre società occidentali. Non se ne esce se i contendenti non rinunciano allo precondizione culturale dello sterminio reciproco.
Cosa possiamo fare? Essere equivicini a chi soffre, sembra poco ma sarebbe già tanto. Molti ricorderanno come l’Italia organizzò una missione di salvataggio per i boat people vietnamiti che scappavano dal regime comunista. Si potrebbe fare qualcosa di simile, non sarà risolutivo ma il mare si svuota un bicchiere alla volta e magari il nostro esempio sarà seguito da altri.
Almeno potremmo dire “siamo stati dalla parte giusta”.
Luigi Milanesi