Caro fratello
in nome dello stesso Dio in cui crediamo, a seguito della meditata violenza di cui tu e il tuo popolo siete stati oggetto da parte dei terroristi di Hamas, desidero manifestarti la mia vicinanza. E’ stato un atto vile e barbaro, che non ha giustificazioni, provocando tante morti innocenti, in modo anche macabro. Lo considero una delirante provocazione di chi ha come obiettivo la distruzione del tuo popolo. Quanto delicati e tesi siano i rapporti coi Palestinesi è da tempo noto al mondo intero e la situazione si è sempre retta su un equilibrio più simulato che reale, trovando il 7 ottobre scorso uno se non il più terribile momento eversivo, inspiegabilmente sfuggito al Mossad. La mossa è stata ben preparata e giocata con astuzia, cercando di far leva su anni di aggressioni e maltrattamenti, da parte israeliana. Circostanza questa confermata dalle numerose manifestazioni pro Palestina.
Questo caro fratello è l’aspetto più doloroso della vicenda: un odio meditato, praticato e rivendicato, come se l’attacco improvviso, con le migliaia di morti incolpevoli sia stato un atto di giustizia. E’ vero, come in molti si affrettano a sostenere che la Palestina non è Hamas, ma non ci sono state dichiarate prese di distanze dalle responsabilità del gruppo terroristico. Si voleva creare scompiglio e si è raggiunto l’obiettivo. In una terra tra le più densamente popolate del mondo, dove è già oggettivamente difficile vivere in condizioni normali, i prodromi di una guerra, come quella che si vorrebbe innescare, creano diffuse preoccupazioni. La sorte delle popolazioni della Striscia di Gaza è segnata, come le loro vite, costrette a migrare dove, non si sa. Ma non è facile trovare luoghi dove fare spazio a milioni di persone, diventate improvvisamente dei profughi. La miccia è stata accesa e adesso si rimane in attesa della reazione di Israele le cui azioni di legittima difesa sono etichettati come atti di violenza gratuita, ancora prima che succedano.
Allora, caro fratello, vorrei invitarti a ragionare proprio su quello che potrebbe accadere se a violenza si risponde con violenza. Da parte vostra non si può certo rimanere inermi, ma assecondare quella spirale perversa di odio teorizzato da Hamas, non può essere la soluzione. Credo che sia utile dimostrare che le vostre forze sono superiori a quelle dell’avversario, senza però infierire oltre misura, come i terroristi si aspettano, per dimostrare al mondo la vostra malvagia cattiveria.
Noi fratelli minori siamo stati educati a cercare di comprendere le ragioni degli altri e comporre dissidi, facendo leva sui buoni sentimenti, più spesso inclini alla dissuasione. Siamo per la giustizia e ci battiamo perché venga riconosciuta, difendiamo i nostri principi e tuteliamo le vite dei nostri cari, ma ripudiamo la guerra come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. In questo ci riconosciamo nel nostro Papa Francesco, quando dice che la guerra è comunque sempre una sconfitta.
Forse è arrivato il momento in cui serve cambiare atteggiamento, se non ci si vuole consegnare a un conflitto senza fine, se non con l’annientamento completo dell’avversario. Serve allora forzare le proprie opinioni e i convincimenti che finora ci hanno accompagnato a favore di soluzioni pacifiche, rinunciando all’impetuoso desiderio di farsi giustizia. Sono convinto che Hamas confidi su una reazione dura da parte vostra, per pietire comprensione dalle altre nazioni.
So che non è per nulla facile ma questo sorprenderebbe quanti si aspettano da voi la mano pesante, facendo invece vedere che, pur essendo nella condizione di imporvi con la forza, siete disponibili a soluzioni più miti e concilianti.
Il destino di una nazione, si scrive giorno per giorno e, quando si opera per il bene si può essere certi di stare dalla parte giusta della storia e nella grazia del Signore, anche se su questo possiamo avere idee diverse.
E’ nostra responsabilità oggi, fare tutto ciò che è possibile per non aggiungere sangue al sangue e dolore a dolore, ma dimostrare che si può vivere scegliendo la via della conciliazione e della pace.
Adalberto Notarpietro