I paesi dell’euro hanno deciso di andare avanti anche senza i “patrioti” italiani. La ratifica del MES da parte dell’Italia avrebbe consentito di completare l’unione bancaria, un passaggio fondamentale per arrivare a quella fiscale.
A questo punto l’unione federale europea sarebbe stata a un passo: non solo moneta unica, ma anche un solo sistema bancario e un fisco comune. Per ora in questo percorso, anche se sarà ancora lungo, noi ci siamo solo perché non abbiamo voluto esserci.
Eccola la fiducia nell’Europa del nostro governo: pensavamo di avere al potere i conservatori, e questo poteva starci nella alternanza democratica. Invece, abbiamo un governo delle destre, alla maniera dei Salvini e dei Borghi (no euro!) oltre che della Meloni nello stile e nel linguaggio dell’ultima campagna elettorale.
A parole tutti europeisti, nei fatti un po’ meno a cominciare da Tajani e degli ultimi combattenti e reduci di Forza Italia. E che dire del mite Giorgetti che afferma di non avere mai detto a Bruxelles che il fondo Salva Stati lo avremmo approvato.
In compenso abbiamo il nuovo patto di stabilità (PSC) molto più rigoroso per i paesi che hanno il debito pubblico come il nostro. E qui Germania e Francia l’hanno fatta da padroni, con la partecipazione dell’Italia “da remoto”.
Al riguardo la nuova legge di bilancio approvata ieri anche alla Camera, senza troppe discussioni e respingendo tutti gli emendamenti, peggiora la situazione in quanto utilizza ancora una volta una parte della spesa in deficit.
L’accordo prevede che dopo un periodo transitorio il rapporto tra il debito pubblico e il PIL dovrà ancora ridursi. Tra le nuove condizioni da rispettare è previsto anche un surplus primario di bilancio: in pratica le entrate meno le uscite al netto degli interessi sul debito. Ben sapendo che questi interessi, quasi cento miliardi, sottraggono già il quattro per cento del prodotto interno lordo. Tanto per avere un’idea, più di quanto stanziato per la pubblica istruzione e più della metà di quanto stanziato per la sanità.
Ecco quindi i vincoli per fare le cose bene, oltre alla riduzione del debito pubblico di almeno un punto all’anno a regime, il disavanzo previsto dal nuovo patto di stabilità non sarà più il 3% del vecchio accordo ma per i paesi che hanno un debito elevato sarà dell’1,5%.
Vorremmo vederli Meloni, Salvini e Tajani alla prova dei fatti perché in caso di disavanzo eccessivo la Commissione Europea potrà aprire una procedura di infrazione. Altro che MES. Che faranno, aumenteranno le tasse o taglieranno la spesa pubblica?
In caso contrario, dopo il no al fondo salva Stati potremmo assistere anche al no al patto di stabilità. A questo punto L’Europa continuerà ad andare avanti e noi potremo solo vederla, magari l’Europa carolingia con Germania, Francia, Paesi Bassi e pochi altri. E’ qui che vogliono arrivare? Ridurci a un nano in mezzo alle grandi potenze.
Guido Puccio