E’ da maleducati ricordarlo – per una volta, la prima e l’ultima ci sia concesso, se non altro in omaggio alla franchezza – ma molta acqua è passata sotto i ponti da quando chi, come noi, alla scuola di mons. Simoni, sosteneva come fosse opportuno dar vita ad una presenza politica autonoma dei cattolici, veniva perlomeno deriso, alla stregua del giapponese che, finita da anni la guerra, ma nessuno glielo aveva detto, solo nella giungla continuava a sparare ai fantasmi delle sue allucinazioni e delle sue paure. Tra un sorrisino ed un buffetto di compatimento, ci spiegavano che l’impresa era già stata tentata più volte, inutilmente, essendo impossibile e, del resto, inutile.
I “magnifici e progressivi destini “ dell’impegno politico dei cattolici ci sorridevano da ben altri orizzonti e questa ossessione nostalgica era espressione di una certa povertà di spirito. Da parte nostra, abbiamo mantenuto fermo il punto, pur con il rispetto dovuto a tutte le opinioni, anche quelle avverse. Il fatto è che riteniamo che la politica sia meno fallace di quanto sembri a prima vista, per cui una buona idea può attecchire pian piano, sia pure secondo la dinamica evangelica del granello che, per portare molto frutto, deve prima morire.
Se attecchisce può germogliare e, se la stagione non è inclemente, può dar luogo ad una prima efflorescenza, magari caduca e solo più avanti sufficientemente forte da resistere alle intemperie ed avviare un sicuro cammino.
Insomma, ci vuole pazienza ed anche un briciolo di fede.
Ovviamente, sul piano politico, un’idea è buona se sa esprimere il valore che reca in forma pertinente al momento storico. Il che vuol dire che, per tante ragioni, può perdersi per strada ed è il motivo – di cui siamo perfettamente consapevoli – per cui anche la nostra impresa è pur sempre “sub judice”, per nulla garantita ed attende pur sempre, giorno per giorno, di essere asseverata a meno dallo sviluppo degli eventi. I quali, intanto, non la smentiscono ed, anzi, la confortano con una considerazione positiva e concorde, progressiva e crescente, nei confronti di quell’ autonomia di elaborazione prima ancora che di schieramento che è il pilastro fondativo della nostra iniziativa.
Va bene così, senza coltivare certezze metalliche ed esclusive, anzi accettando l’alea dell’ impregiudicato. Sarebbe bene che la politica sapesse di aver molto a che fare con la gratuità dell’ impegno personale e con quell’ umiltà che nulla ha a che vedere con posture untuose, bensì’ con la consapevolezza che il compito va molto, ma molto al di là della nostra attitudine ad affrontarlo.
Eppure va fatto. C’è addirittura che si offre, oggi, quale catalizzatore o approdo per chi voglia concorrere all’ impresa di ridare dignità all’impegno politico dei cattolici. Noi non giungiamo a tanto, non avendo nessun titolo a rivendicare nessuna primazia. Siamo interessati ad un rapporto tra pari, secondo quel criterio di “rigore e gradualità” che l’on. Fioroni suggerisce in una sua recente nota che condividiamo.
Veniamo dallo stesso ceppo e giungiamo alla soglia di un possibile approdo comune da percorsi diversi. Diffidiamo delle “fusioni” che, soprattutto se precipitose, diventano confusive. Abbiamo a cuore quel principio di “coalizione” che abbiamo appreso da De Gasperi e consente collaborazioni tanto più fruttuose quanto più garantiscono l’identità di ciascun contraente. Senza porre limiti alla Provvidenza ed agli sviluppi che matureranno.