Quarant’anni fa nasceva ufficialmente la Lega. E’ ora il partito più vecchio d’Italia. La Lega Lombarda di Bossi e di Maroni, i primi manifesti che evocavano “Roma ladrona” ed il Nord “gallina dalle uova d’ oro”. Il mito di Alberto da Giussano – cuore della Brianza – e la battaglia di Legnano. I Comuni che sconfiggono il Barbarossa. Le scritte pennellate sui muri che comparivano qua e là ed inneggiavano alla Padania libera, denunciavano i “terroni”, I parassiti, i mantenuti del Sud, invocavano il federalismo che poi diverrà apertamente secessione.
“Padroni a casa nostra” e la dottrina di Gianfranco Miglio. Il dialetto, lingua madre, usurpata dall’ italiano. I cartelli stradali che segnalano l’ingresso in un paese, manomessi e riscritti in dialetto. Finché i primi sindaci leghisti li adotteranno ufficialmente. Il Sole delle Alpi e le radici nelle valli pre-alpine, lungo l’arco pedemontano che da Varese corre verso Bergamo e più in là fino a Brescia, fino a lambire i territori della Liga Veneta.
Il radicamento territoriale, la rappresentanza degli artigiani, dei commercianti, dei piccoli imprenditori. Un partito vero, tradizionale, sul modello dei partiti della prima repubblicano, strutturato. Il Parlamento Padano. Il “pratone di Pontida”, lo spadone, le picche e le alabarde, le armature dell’ alto medioevo, gli elmi con le corna di vacca.
Il “dio” Po ed il rito pagano delle ampolle, l’acqua limpida attinta alla fonte. E poi il primo approdo in Parlamento, quello vero, a Roma, il Senatur al Senato, Leoni, capo della componente cattolica della Lega, a Montecitorio.E poi decine di parlamentari nel ‘92.Il cappio di Luca Leoni Orsenigo, esibito in aula dal deputato comasco.
La manna di Tangentopoli. L’ incontro fatale con Berlusconi, la canottiera di Bossi nei giardini “eleganti” di Villa San Martino. E finalmente il potere. L’apoteosi di Bossi, la Pivetti terza carica dello Stato ed il “ribaltone”. Ma, via via la stella di Bossi si spegne e poi tramonta, la Lega di lotta si eclissa, primeggia la Lega di governo che mette in campo una classe dirigente minuta, radicata nei territori, rappresentativa, capace di apprendere il mestiere, competente. La Lega di Bossi, a suo modo democratica ed antifascista, ha “parlamentizzato” un rumore, un’ inquietudine, un disagio profondo, una protesta che nel Paese c’era e, anziché rovesciarla nella piazze, l’ha incanalata dentro le istituzioni democratiche.
Poi Bobo Maroni. Ed infine Salvini, ma è tutta un’ altra cosa. Finché dura…