In occasione della recente Cop 28 di Dubai si è parlato con molta insistenza dei “sussidi” che dovrebbero andare ai paesi meno sviluppati per l’ aiuto sulla via della transizione energetica e del progressivo abbandono dei combustibili fossili. Se n’è parlato in maniera non selettiva ed anche poco considerando che i paesi più poveri sono anche quelli che incidono di meno, su scala mondiale, sul rilascio nell’atmosfera di sostanze che provocano gli effetti serra e contribuiscono, così, all’innalzamento delle temperature medie globali.
Sulla logica dei sussidi è intervenuta Ngozi Okonjo-Iweala, Direttore generale dell’Organizzazione mondiale del commercio, secondo cui i governi devono iniziare a distinguere tra i “buoni” sussidi di cui c’è bisogno per combattere la crisi climatica e quelli “cattivi” che, invece, stanno aumentando le emissioni di gas serra.
Secondo i dati forniti da Okonjo-Iweala i sussidi e altri incentivi distribuiti finora, compresi quelli per incoraggiare pratiche agricole che sono in effetti inadeguate, assommano a circa 1,7 trilioni di dollari all’anno e finiscono per distorcere il commercio mondiale e ostacolare la lotta contro il collasso climatico.
“Riuscite ad immaginare, invece, se si utilizzassero questi sussidi in altri campi come quelli della ricerca e dell’innovazione?”. Ad esempio, ha aggiunto, i governi potrebbero sovvenzionare la distribuzione di stufe pulite che utilizzano l’energia solare o l’elettricità invece di bruciare legna.
La direttrice del WTO ha inoltre esortato i paesi ad allineare la loro politica commerciale con l’obiettivo di limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5°C (2,7°F) rispetto ai livelli preindustriali sostenendo che “i paesi devono rivedere i regimi tariffari di importazione per assicurarsi di non far pagare meno per gli articoli inquinanti e di far pagare di più per gli articoli ecologici. Abbiamo notato che in molti paesi i dazi sull’importazione di energie rinnovabili sono in media più alti dei dazi sui combustibili fossili”.
In molti paesi le tariffe sulle importazioni di auto usate a benzina o diesel sono inferiori a quelle sui veicoli ibridi o elettrici. “Quindi si sta disincentivando proprio ciò che potrebbe aiutare a raggiungere lo zero netto”, ha avvertito.
Okonjo-Iweala ha poi ricordato che gli appalti pubblici ammontano a circa 13mila miliardi di dollari all’anno in tutto il mondo, circa il 13% del PIL globale. Ma pochi paesi hanno politiche in atto al fine di garantire che i beni e i servizi acquistati siano verdi, come gli scuolabus elettrici o l’energia rinnovabile per gli ospedali. Di conseguenza, gli appalti pubblici da soli sono responsabili di circa il 15% delle emissioni di gas serra”.
Secondo lei , infine, alcuni paesi “potrebbero sviluppare un “vantaggio comparativo verde” promuovendo le industrie a basse emissioni di carbonio. L’Africa, ad esempio, possiede molti dei minerali fondamentali necessari per realizzare i componenti della tecnologia delle energie rinnovabili. L’espansione di queste industrie potrebbe aiutare i paesi africani a competere nella corsa globale verso lo zero impatto ambientale”.
CV