“Homo politicus”. E’ proprio vero che bisognerebbe inserire la filosofia come obbligo in tutte le scuole, di ogni ordine e grado. Oggi, soprattutto quando regnano l’antipolitica e l’individualismo sfrenato. Causa ed effetto che interagiscono tra di loro. Ma cambiando l’ordine dei fattori la somma non cambia: il Paese è al declino. Che poi sia più colpa di noi italiani o di quei governanti che, spesso, ci scegliamo in maniera schizofrenica, cambia poco.
Lo studio della filosofia ci farebbe comprendere bene uno dei capisaldi della visione occidentale dell’uomo e delle sue relazioni con gli altri uomini. Non è un caso se il termine “politica” lo dobbiamo a Platone e l’idea che l’essere umano ne sia pienamente impregnato, che anzi essa ne costituisca la vera essenza, è un debito che dobbiamo ad Aristotele.
Non è neppure un caso se, con monsignor Montini, poi Paolo VI, quale frutto finale di un lungo percorso di elaborazione della cultura democratica del cattolicesimo europeo, si sia giunti a quella formula attribuita a Giuseppe Lazzati del “ragionare politicamente”. E’ stato quel “ragionare” che ha fatto nascere l’Europa e, con essa, il veder assicurare ad un continente, i cui monti, campagne e città sono stati per millenni inondati di sangue, una pace, una laboriosità, una crescita che si è riusciti, nonostante sbavature e contraddizioni a portare a fattor comune per oltre 500 milioni di persone. Questa ricchezza l’apprezziamo soprattutto in queste ore guardando all’Ucraina. Ed oltre quella, intravedendo l’ombra di altra visione, di altra sensibilità, di altra considerazione dell’umanità. Con le condizioni in cui è ridotto il nostro Paese, è pure quell’ombra sinistra che incita e sollecita la necessità di tornare a “ragionare politicamente”.
Eppure, il mondo cattolico italiano sembra aver completamente smarrito questa condizione del proprio spirito pubblico.
Già fu sbagliato pensare che le strade semplificate e sbrigative offerte trent’anni fa fossero le sole in grado di mettere al riparo da un’ondata di richieste di rinnovamento che dovevano, invece, essere affrontate più virilmente ed esaminate. E, semmai, in taluni casi, persino scelte ed accettate perché contenevano una parte di verità. Soprattutto, per quello che riguardava una questione etica coinvolgente tutta la politica e tutto il sistema istituzionale.
Si preferì salvare il salvabile e venire meno ad uno dei fondamenti del ragionare politicamente di cui sopra. E cioè impegnarsi in un’opera di discernimento che non si volle fare. E che, purtroppo, non si è continuato a fare neppure nei tre decenni successivi che stanno per scadere proprio quest’anno.
Così, gran parte della tradizione popolare e cristiano democratica è scomparsa. La capacità di mediazione, la cultura della coalizione, la concretizzazione di quei principi ispiratori, che pure avrebbero dovuto restare più saldi, ancorati com’erano assieme alla Costituzione e al Pensiero sociale della Chiesa, si sono dissolte.
Oggi, dopo la inconcludente diaspora trentennale, che purtroppo ancora permane, il riflusso nell’astensionismo di buona parte degli elettori che si dicono cattolici, la constatazione che destra e sinistra, cui i cattolici si sono affidati con ingenuità davvero disarmante, e con un tasso di divisione e contrasto tra di loro altissimo, si pensa ancora a quello che si chiama pre – politico. Stando ad Aristotele saremmo in una fase pre – umana. In realtà, siamo dinanzi ad un rifiuto della Politica.
Alle anime semplici, per quanti restano sbigottiti di fronte ad una realtà che, in taluni casi, ha saputo e sa essere persino repellente, come dare torto? Ma non tutti gli invocatori di pre – politica sono anime semplici.
Ma al di là di quelli che potrebbero apparire come giudizi morali, che non ci competono, la sostanza del problema è che essi rinunciano alla scelta di un impegno pieno e, così facendo, vengono meno ad una precisa responsabilità verso loro stessi, le loro comunità, l’intero Paese.
Oggi bisogna avere il coraggio di battersi sul terreno della Politica e delle istituzioni. Anche sulla base della consapevolezza che manca altrimenti quel “pensiero forte” di cui abbiamo tutti bisogno. I cattolici democratici nel corso di oltre un secolo e mezzo hanno costruito un pezzo di quel pensiero che oggi andrebbe portato in dote al Paese sulla via di una “trasformazione” che, assieme, dev’essere antropologica, esistenziale, economica, sociale e politico -istituzionale.
Tutto ciò non si fa con il pre – politico. A meno che non diventi l’alibi per continuare con la diaspora e continuare a metter su casa in recinti altrui.
Giancarlo Infante