Sono molti i cattolici che hanno dato ampia, generosa, fiduciaria delega a Giorgia Meloni esattamente un anno fa.
In fondo non c’è da stupirsi.
La tentazione clerico-moderata è una costante storica del movimento cattolico e può pure starci finché esprime un intendimento genuinamente “conservatore” e non scivola, quasi senza volerlo per una sorta di attrazione fatale, ipocrita, epidermica, per un deficit di cultura politica, per una insufficiente capacità di analisi prospettica del momento, verso derive clerico-fasciste, come abbiamo conosciuto in altri penosi frangenti della nostra storia. O derive di destra, schiettamente tali, non aliene da posizioni estreme, come nel caso di Fratelli d’Italia.
E’ ben vero che molti sono cattolici secondo una declinazione della fede più o meno tradizionale, che pur professano, eppure tale da non condizionarne l’orientamento politico – e questo è vero a destra come a sinistra – ma è altrettanto vero che hanno – o dovrebbero avere – a cuore, dall’una e dall’ altra parte, la facoltà del discernimento.
Saper separare un piano dall’ altro, saper distinguere, soppesare il valore umano e civile della posta che determinate politiche mettono in gioco, capire quando la religione è effettivamente rispettata e quando viene assunta come “instrumentum regni”, saper comprendere che anche in politica, forse più che altrove, vale il secondo comandamento, per cui l’esibizione fuori tempo e fuori luogo di emblemi e simboli religiosi, se non giunge alla blasfemia, poco ci manca.
In ballo, per chi si rifaccia ad una visione cristiana della vita, c’è pur sempre la persona, il rispetto integrale, intangibile della sua dignità, il suo “bene” assunto come criterio di valutazione e di giudizio di qualunque agire pubblico. La “persona” precede lo Stato, la nazione, l’etnia e qualunque altra categorizzazione, nella misura in cui il suo valore è originario, ontologicamente fondato, in nessun modo derivato o concesso da nessuna convenzione sociale.
La retorica del “nazionalismo” storicamente e di per sé è antitetica al riconoscimento del primato della persona.
I fantasmi del complotto e della sostituzione etnica, la difesa dei confini, l’ossessione identitaria nascono da questa cultura, secondo la quale il soggetto, nella sua singolarità, non è che l’inespressiva tessera di un mosaico che solo nella compiutezza della sua immagine acquista valore.
Per i cristiani è vero il contrario. E’ nel volto di ciascun uomo, anche dei migranti, di ciascuno di loro, che l’umanità intera si compendia e si riassume, acquisisce piena consapevolezza di se, coscienza piena del suo destino. Il pluralismo politico dei cattolici non è in discussione, anzi è, per molti aspetti, una ricchezza, testimonia la capacità critica, l’autonomia di giudizio, la libertà di spirito che la fede, contrariamente all’opinione di molti, per nulla assopisce, anzi esalta.
Ciò non toglie che tra il nazionalismo sovranista della destra e lo spirito cristiano vi sia una dissintonia profonda, anzi una frattura che non si vede come possa essere colmata. Men che meno dalle promesse elettorali che Giorgia Meloni non ha lesinato neppure nei confronti dei credenti.
Ad esempio, in ordine alla prevenzione dell’ aborto. Proposta che abbiamo sinceramente apprezzato, anche perché ci è parsa puntualmente in linea con quanto abbiamo suggerito attraverso la petizione pubblicata sul sito di INSIEME, fin dall’aprile 2021 (CLICCA QUI).
Senonché il tema è stato totalmente dimenticato e disatteso, dal governo in carica e dalle forze politiche – tutte – che ne compongono la maggioranza.