In vista della Giornata internazionale delle vittime delle sparizioni forzate del prossimo 30 agosto, Interris ha pubblicato un’intervista al giornalista Alfredo Sprovieri uno dei più grandi esperti in materia di desaparecidos. Con lui è affrontato anche la questione dei tanti fatti scomparire in diversi paesi sud americani finiti sotto dittatura e che avevano origini italiane.
Durante gli anni ’70 il continente sudamericano viveva la sua epoca più buia sotto il comando di feroci dittature militari: i governi democratici di Cile, Argentina, Paraguay, Brasile vennero rovesciati dai colpi di stato militari. Stroessner, Castelo Branco, Pinochet e Videla diedero vita in quegli anni ad alcune delle peggiori dittature della storia del continente.
Chiunque si opponesse ai regimi veniva sequestrato, torturato e fatto sparire: erano gli anni dei desaparecidos. Decine di migliaia di persone – circa 30mila – sono state fatte scomparire dentro alle centinaia di centri clandestini di tortura e sterminio sparsi nei Paesi. Potevano essere ovunque: un garage, una villa in periferia, un casinò per gli ufficiali, una caserma, un appartamento in centro città.
Dentro ai centri clandestini il sequestrato veniva disumanizzato e sottoposto alle più indicibili torture: stupri di gruppo, pestaggi, scosse di corrente elettrica. In pochi sono sopravvissuti, la maggior parte sono stati buttati in mare ancora vivi con i “voli della morte” o interrati in una fossa comune. Le detenute incinta erano tenute in vita fino al parto e subito dopo erano assassinate mentre il neonato, come se fosse un bottino di guerra, veniva rubato da un militare o da una famiglia vicina alla dittatura.’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha istituito la Giornata Internazionale delle Vittime delle Sparizioni Forzate su richiesta della Federazione latinoamericana delle associazioni dei parenti dei detenuti-desaparecidos (FEDEFAM).
Pochi sanno che, tra i 30mila desaparecidos di quelle dittature, molti avevano origini italiane. La maggior parte erano giovani emigrati in Sud America con le proprie famiglie in cerca di un futuro migliore e che avevano deciso di opporsi alle dittature. Pagando con la vita i loro ideali di libertà e democrazia.
Al fine di approfondite il tema dei desaparecidos italiani, Interris ha intervistato il giornalista Alfredo Sprovieri che, insieme ai colleghi Elena Basso e Marco Mastrandrea ha costruito l’Archivio Desparecidos (CLICCA QUI) – un progetto a cura del Centro di Giornalismo Permanente (CLICCA QUI) con il sostegno di Etica Sgr e il supporto della Fondazione Lelio e Lisli Basso – che racconta le storie dei desaparecidos italiani in America Latina.
D) Come è nata l’idea di archivio desaparecido?
“Io, Elena Basso e Marco Mastrandrea ci conosciamo da anni e facciamo parte del Centro di Giornalismo Permanente, un collettivo di giornalisti e giornaliste con sede a Roma che lavora a progetti di inchiesta e reportage che non seguono i ritmi della cronaca. Il Centro è nato nel 2018 dall’idea di un gruppo di ex studentesse e studenti della Scuola di giornalismo della Fondazione Lelio e Lisli Basso di Roma. Le tematiche di riferimento del collettivo sono i conflitti, le violazioni dei diritti umani, le migrazioni, le periferie, la violenza di genere, le mafie e i crimini ambientali. L’idea dell’Archivio Desaparecido è nata quando tutti e tre insieme andammo ad assistere al Processo Condor a Roma che ha portato alla condanna all’ergastolo di diverse persone legate alle dittature del Cono Sud, un’area geografica dell’America Latina, per omicidio volontario pluriaggravato nei confronti di una dozzina di cittadini italiani, negli anni Settanta e Ottanta, nell’ambito del cosiddetto ‘Piano Condor’. L’inchiesta ha indagato a fondo sull’Operazione Condor, un accordo tra le dittature sudamericane per annientare gli oppositori. In una delle occasioni durante le quali i parenti delle vittime si incontravano tutte insieme, abbiamo iniziato a fare delle interviste che poi capimmo che dovevano essere ulteriormente approfondite. Così per tre anni, con la pandemia di mezzo, abbiamo girato per tutta Italia e ci siamo spostati anche in Cile e in Argentina per approfondire le tante storie. Abbiamo fatto circa 50 interviste ai parenti, ai testimoni delle vittime e ad esuli in Italia. Lavorando anche con le associazioni dei parenti delle vittime abbiamo così ricostruito questo pezzo di storia e pubblicato l’archivio”.
D) Qual è lo scopo dell’Archivio Desaparecido?
“Lo scopo dell’archivio è quello di lasciare una testimonianza visibile e concreta degli italiani che hanno perso la vita in America Latina a causa delle dittature. C’è anche alla base una necessità ‘generazionale’: le madri dei desaparecidos hanno oggi un’età che impone un passaggio di testimone. Noi abbiamo raccolto questo testimone e lo abbiamo fatto non solo per dare voce a queste donne che non si sono mai arrese. Ma anche per cercare un ascolto per queste storie di uomini e donne che hanno subito torture e morte. Raccontare al pubblico italiano che uno dei più grandi crimini del ‘900 riguarda moltissimi italiani che vivono nel nostro Paese e che ancora oggi a distanza di decenni chiedono verità e giustizia è dunque lo scopo principale – ma non unico – dell’archivio”.
D)Qual è l’importanza dell’esistenza di una Giornata Internazionale dedicata ai desaparecidos?
“E’ quella di ricostruire una memora storia e al contempo attiva. Che faccia comprendere al pubblico lontano da questi eventi, storicamente e geograficamente, che non si tratta di fatti isolati e passati, ma che sono attuali in tante parti del mondo. Le sparizioni forzate di dissidenti e oppositori sono infatti un crimine che continua a mietere vittime ogni anno in molte Nazioni del mondo, dall’Africa all’Asia alla stessa America Latina. La Giornata ci ricorda che proprio in questo continente c’è ancora una giustizia da conquistare. Tante famiglie, tante madri, a distanza di 40 anni, non sanno ancora dove sono e che fine hanno fatto i loro cari, ragazzi e ragazze scomparse nel nulla. E questo, in un mondo che vuole definirsi civile, è una violazione inaccettabile”.
Intervista di Milena Castigli