La Corte Costituzionale ha emesso tre sentenze tutte riguardanti le norme che hanno previsto per i sanitari cosiddetti “no vax” l’obbligo della vaccinazione contro la Covid e per i quali erano state previste delle sanzioni disciplinari. In tutti e tre i casi è stata ribadita la legittimità delle norme emanate dal Governo in nome del bene supremo della salute pubblica. ( per le tre sentenze CLICCA QUI, QUI e QUI).
Il riferimento della Corte è sostanzialmente quello della solidarietà e alla valutazione della situazione concreta in cui sono stati assunti i provvedimenti contestati dai medici “no -vax”. I supremi giudici così scrivono nella prima sentenza: “la scelta assunta dal legislatore al fine di prevenire la diffusione del virus, limitandone la circolazione, non possa ritenersi irragionevole né sproporzionata, alla luce della situazione epidemiologica e delle risultanze scientifiche disponibili”. E ricordano che “l’articolo 32 della Costituzione affida al legislatore il compito di bilanciare, alla luce del principio di solidarietà, il diritto dell’individuo all’autodeterminazione rispetto alla propria salute con il coesistente diritto alla salute degli altri e quindi con l’interesse della collettività”.
Nella seconda sentenza viene ribadito che “la normativa censurata ha operato un contemperamento non irragionevole del diritto alla libertà di cura del singolo con il coesistente e reciproco diritto degli altri e con l’interesse della collettività, in una situazione in cui era necessario assumere iniziative che consentissero di porre le strutture sanitarie al riparo dal rischio di non poter svolgere la propria insostituibile funzione”. E che “il sacrificio imposto agli operatori sanitari non ha ecceduto quanto indispensabile per il raggiungimento degli scopi pubblici di riduzione della circolazione del virus, ed è stato costantemente modulato in base all’andamento della situazione sanitaria, peraltro rivelandosi idoneo a questi stessi fini”.
La sentenza ha ritenuto poi “non contraria” ai principi di eguaglianza e di ragionevolezza anche la scelta legislativa di non prevedere, per i lavoratori del settore sanitario che avessero deciso di non vaccinarsi, un obbligo del datore di lavoro di assegnazione a mansioni diverse, a differenza di quanto invece stabilito per coloro che non potessero essere sottoposti a vaccinazione per motivi di salute o per il personale docente ed educativo della scuola. La Corte ha considerato tale scelta “giustificata dal maggior rischio di contagio”, sia per sé stessi che per la collettività, correlato all’esercizio delle professioni sanitarie.
Infine, con la terza sentenza, la Corte costituzionale ha confermato che l’obbligo vaccinale non si limita la sospensione dall’esercizio della professione sanitaria a quelle sole mansioni che implicano contatti personali o che comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del virus. Insomma, la sospensione dall’esercizio della professione sanitaria discende automaticamente dall’accertato inadempimento dell’obbligo vaccinale, imposto come requisito essenziale dalla legge.