Dal 18 luglio prossimo le famiglie più povere, quelle con un Isee inferiore ai 15 mila euro, ma devono ottemperare anche ad altre richieste, riceveranno una carta solidale per gli acquisti per un valore da 382, 50 euro per comperare esclusivamente generi alimentari. Non ne avranno diritto coloro che godono di un Reddito di cittadinanza o di un Reddito d’inclusione, così come non ne potranno godere le famiglie con uno dei componenti che percepisce un’indennità di disoccupazione. Siamo alla vera e propria carta di povertà. Non si tratta neppure di una grande novità, visto che sostegni simili sono stati già previsti nel passato, come fu nel caso della Carta acquisti, o Social card del 2008. Ne dovrebbero usufruire circa 1,3 milioni di famiglie.
Tagliati fuori, ovviamente, decine e decine di milioni di nuclei familiari che sentono la morsa dell’inflazione come non accadeva da decenni e a fronte di una riduzione netta del potere d’acquisto dei salari e con una disoccupazione effettiva, non quella dei dati ufficiali, o di una precarietà del lavoro che ci pone come fanalino di coda in tutta l’Europa.
Eppure, i telegiornali hanno parlato del provvedimento come si trattasse di chissà che cosa e, magari, subito dopo aver dato le solite generiche informazione sul boom turistico che vive il Paese e sull’impennata dei costi dei prodotti vitali per tutte le famiglie. Solo il pane, ma quello ordinario, mantiene gli stessi prezzi dell’anno scorso. Forse per paura dei manzoniani assalti ai forni?
Manca completamente una strategia di risposta all’inflazione che è ben superiore alle due cifre, come quotidianamente possono essere in grado di fare la stragrande maggioranza dei consumatori, senza il bisogno di spendere milioni, per le rilevazioni statistiche. Un’inflazione che si è aggiunta, e in parte è stata provocata, dai tanti problemi creati a livello mondiale, prima, dal diffondersi della pandemia Covid-19 e, poi, dalla guerra d’Ucraina. Il problema è che una volta rimossi, sia pure solo in parte, e non su tutte le filiere di produzione e di trasporto, le cause degli aumenti, i prezzi per il consumatore finale non sono affatto tornati ai livelli pre Covid. Un esempio viene dai costi del gas e della benzina. E a proposito del primo, per la sua forte incidenza sulla vita delle famiglie, c’è da considerare che si sta andando, accadrà dal prossimo 11 gennaio 2024, si va pure verso l’abolizione dei contratti tutelati per il pieno ingresso nel mercato libero.
Vi sono, poi, aumenti di prezzi davvero misteriosi. Come quelli di cui si è parlato nelle scorse ore che stanno interessando angurie e meloni. I prezzi di questi due frutti sono quasi raddoppiati senza che possa essere accampata la giustificazione di un qualcosa che ha coinvolto i luoghi di loro maggiore produzione. Siamo entrati nel pieno del loro arriva sul mercato e, a differenza di quanto accaduto nel passato, anche in questi giorni vengono venduti come se si trattasse di primizie.
Il Governo sta facendo davvero poco e pure dalle opposizioni non giungono idee e proposte su come intervenire per una calmierazione dei prezzi. Tutto è lasciato alla logica speculativa della grande distribuzione che sta drenando risorse dalle famiglie in maniera spudorata e senza che neppure aumentino i controlli sui “cartelli” che caratterizzano un pò tutta la nostra economia e neppure si avviano interventi sugli extraprofitti da far gravare sulle compagnie petrolifere e chi ha in mano la parte più consistente del mercato al dettaglio.
Cose note e rinote, dette e ridette e che certamente non vengono dimenticate solo grazie ai roboanti annunci sull’introduzione della Carta … di povertà. E su cui si deve insistere quotidianamente.