Quarta puntata del nostro viaggio sul tema dell’immigrazione.
Nei precedenti articoli abbiamo riflettuto e proposto la necessità di promuovere:
1) una società multietnica e monoculturale (CLICCA QUI);
2) la modifica meccanismi economici che portano a condizioni di schiavitù con la confisca dei beni degli schiavisti(CLICCA QUI);
3) la partecipazione degli stranieri nelle forze armate come momento di integrazione e di utilità geopolitica per l’Italia(CLICCA QUI);
È tempo di dire qualcosa sulla cittadinanza che tanto agita l’agone politico.
Prima della cittadinanza dobbiamo però essere chiari sul tema dei permessi di soggiorno.
La cittadinanza serve per godere dei diritti politici e partecipazione ai concorsi nella pubblica amministrazione, per tutto il resto è sufficiente il permesso di soggiorno.
La gestione dei permessi di soggiorno ha moltissime pecche. Non solo c’è una notevole complicazione burocratica, ma mancano meccanismi di lungo periodo per chi, ad esempio, investe in proprietà nel nostro paese.
Uno straniero con lavoro regolare non si comprerà mai casa se non ha gli strumenti giuridici che gli garantiscono la permanenza. Questo è un problema con ricadute economiche generali non indifferenti.
Allo stesso tempo il tema del rinnovo del permesso di soggiorno è un’arma per i datori di lavoro che, con esso, riescono ad esercitare una pressione indebita sui lavoratori.
Ancora il permesso di soggiorno per i rifugiati non permette il lavoro, come dovrebbero vivere?
Insomma, la questione dev’essere rivista concedendo, dove esistono i diritti, i caratteri di stabilità e sicurezza dei personali diritti di proprietà. Di burocrazia, infine, non deve morire nessuno, italiano o straniero.
Arriviamo alla cittadinanza. Il tema è spinoso anche perché riguardando i minori si crea una situazione assurda.
I minori sono soggetti alla potestà genitoriale e concedere la cittadinanza ai nati in Italia, ad esempio, potrebe significare il rischio di avere cittadini italiani sotto tutela straniera.
Una situazione di ricatto da parte di paesi esteri eccezionale senza poi considerare la questione del servizio militare che molti paesi richiedono sia adempiuto presso di loro.
In via sperimentale, la soluzione più ragionevole sembra essere quella di legare la cittadinanza alla conclusione di un percorso scolastico.
A nostro parere un percorso scolastico fino al conseguimento del titolo universitario (con tutte le possibili agevolazioni che si possono dare soprattutto dal punto di vista economico) sarebbe opportuno.
Per i giovani di seconda generazione si possono studiare delle soluzioni ponte fino a che il sistema non sia a regime.
Naturalmente, non illudiamoci che i problemi si risolvano di colpo, ma mettere dei punti fermi come quello del livello di istruzione non sarebbe cosa da poco.
Luigi Milanesi