Bene ha fatto la nostra zebretta ad sottolineare l’importanza della conversazione avvenuta tra Giorgia Meloni ed Elly Schlein (CLICCA QUI) in vista di quelle che sono definite le prossime “settimane difficili”. L’acuirsi del conflitto tra Israele ed Iran richiama infatti la possibilità che pure noi, come tutta la regione del Mediterraneo, e l’Europa intera,  possiamo vivere esperienze del tutto inedite e pericolose.

Il sostanziale ed acritico via libera degli Stati Uniti ad un intervento israeliano ai danni delle infrastrutture petrolifere dell’Iran è sicuramente destinato a dare la stura a ritorsioni violente e a conseguenze socioeconomiche dagli effetti del tutto incalcolabili. In primo luogo, perché potrebbe darsi che la già eventuale possibile risposta di Teheran finisca per essere speculare. E cioè interessare i campi petroliferi che Israele ha nel Mediterraneo proprio dinanzi alla Striscia di Gaza. E poi – cosa più preoccupante – non si può escludere del tutto un allargamento della sfera dei paesi coinvolti in questo gioco al “colpo dopo colpo”.

Il Qatar è corso a stringere un accordo con l’Iran proprio in queste ore. Cosa del resto inevitabile giacché, pur essendo i qatarioti sunniti e gli iraniani sciti, e quindi, divisi dalle varianti delle fede islamica, la natura ha voluto che fossero uniti da un altrettanto, se non più forte, collante: la condivisioni di enormi giacimenti di gas. Ma altri paesi del Golfo potrebbero non stare tanto al sicuro. E la cosa avrebbe un’influenza nefasta sul mercato mondiale del petrolio. E’ questa un’arma che i più estremisti dei capi di Teheran potrebbero accarezzare l’idea di utilizzare se avessero raggiunto la certezza che quella in corso si trasformi in una lotta per la sopravvivenza.

In sostanza, addio all’idea che si possa continuare a parlare di un conflitto regionale. E del resto, molto è stato reso evidente dalla pretesa di Netanyahu di disegnare un nuovo ordine mondiale, molto ritagliato a sua misura dinanzi all’Assemblea dell’Onu.

Di certo, nella sciagurata ipotesi di un attacco massiccio ai campi petroliferi dell’Iran, ci si potrebbe trovare di fronte ad un qualcosa di imprevedibile. Anche per i mercati, scossi per il fatto che uno dei principali “convitati di pietra” di tutto ciò che sta accadendo nel mondo, cioè la Cina, trova nei pozzi dell’Iran una delle sue principali fonti di approvvigionamento, in barba dell’embargo multi decennale che l’Occidente ha lasciato in essere ai danni di Teheran.

Molto semplificando, potremmo ritenere, allora, che questa idea del bombardamento delle risorse petrolifere iraniane potrebbe rivelarsi come l’uso di una bomba a grappolo le cui componenti rischiano di colpire dall’Estremo oriente all’intera Europa.

Fa bene, dunque, chi ha responsabilità politico istituzionali nel nostro Paese, che sia di maggioranza o di opposizione, a cercare di guardare un po’ più in là del proprio naso. E ciò, anche se l’influenza della maggior parte delle capitali politiche del mondo appare scarsa se confrontata alla radicalità e alla violenza dello scontro tra paesi fondati su una malintesa visione del ruolo delle religioni.
Purtroppo, sembra quasi che sia in corso una gara da parte di tutti, democrazie o autocrazie, a raggiungere quel punto in cui una vera guerra rischia di essere considerata, stoltamente, la soluzione più scontata ed ovvia.
Giancarlo Infante

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