Il nostro SSN è ormai un pozzo le cui scarse acque sono state avvelenate da miti e credenze che hanno sostituito la politica partecipativa, aperta allo sguardo e alla parola di operatori e cittadini, con pratiche gestionali pseudo-razionali che hanno privatizzato gran parte dell’assistenza, incrementato le diseguaglianze di salute ed emarginato i professionisti senza migliorare l’efficienza
Il mito della superiorità del privato
I sistemi sanitari a prevalenza del privato sono i meno efficienti e i meno equi.
Nei USA dove si spende il 15,9 del PIL e dove lo stato impegna per medicare e medicaid quanto investiamo noi in sanità gli esiti di salute sono, tra i paesi avanzati, i peggiori e maggiori sono le diseguaglianze tra le diverse classi sociali e gruppi di origine.
Nel nostro paese la regione Lombardia, dove il 50% degli erogatori sono privati, è crollata sotto i colpi del COVID, non per l’indimostrata particolarità genetica di popolazione descritta da Remuzzi, ma per la mancanza dei servizi di prevenzione e per l’abbandono e la disapplicazione delle più elementari misure di profilassi e di contrasto alle infezioni negli ospedali come nei servizi extraospedalieri. Una deriva culturale prima che organizzativa che ha trasformato la sanità lombarda in un mercato, regno di una remunerativa medicina riparativa che macina DRG senza più interesse per la medicina di comunità.
Uno shift inarrestabile verso il privato ed il profitto che, con il progressivo ritiro dello stato, ha spianato la strada agli erogatori privati anche nelle altre regioni emarginando il pubblico, ora ridotto a un ruolo sussidiario: dei grandi gruppi imprenditoriali presenti ormai dovunque nel paese o della ospedalità religiosa come nel caso del Lazio. Una regione in cui, nel deserto del territorio, sono oggi il Gemelli e il Bambino Gesù a rappresentare le due residue eccellenze nel campo dell’assistenza ospedaliera. Un primato reso possibile dall’ impegno dei professionisti che vi operano e che vengono remunerati ben diversamente rispetto ai colleghi del pubblico anche grazie a un regime fiscale particolare e dai cospicui finanziamenti ricevuti, nel corso degli anni, da parte della regione e dello Stato.
Un primato che viene oggi mantenuto anche attraverso una crescente attività di privato- sociale a diretto carico dei pazienti nei confronti di prestazioni ambulatoriali o indagini complesse, come la diagnostica allergologica per farmaci o veleni, poco remunerative e dunque non più rese in regime convenzionato.
Il mito della rivoluzione tecnocratica
Per anni si è sostenuto che la dimensione della sanità fosse quella verticale della razionalità tecnica, dei tagli chirurgici alle inefficienze e delle economie di scala. Una massiccia produzione di discorsi orientati alla promozione di questa macabra razionalizzazione ha avuto in realtà come obiettivo la negazione della dimensione politica della salute e dei modelli a questa consona orientati alla orizzontalità e alla equa e diffusa distribuzione di servizi integrati.
Si è puntato alla concentrazione delle cosiddette eccellenze, distruggendo i servizi di base senza neanche riuscire a garantire che le poche strutture accentrate fossero adeguatamente popolate dal personale medico e di assistenza. In breve, gli ospedali, per il blocco delle assunzioni, si sono trasformati in Cattedrali nel deserto popolate da malati alla disperata ricerca di posto letto e di medici che possano prenderli in cura. Anche così è stata aperta la strada al predominio privato che si è sostituto facilmente a un pubblico dismissionato a vantaggio, tuttavia, non della comunità ma di coloro che dispongono di assicurazioni o beni personali
Il mito della governamentalità verticale
Il governo dell’incertezza della complessità clinica che caratterizza l’ambizioso obiettivo della medicina strutturata secondo piano e linee di competenze è stato sostituito da una governamentalità top-down impegnata a disciplinare la pratica medica. Una logica da caserma con i suoi ufficiali di complemento rappresentati da primari, primarietti, responsabili di area etc scelti dal management dell’azienda che ha per fine l’imposizione di norme, regole e divieti. Un sistema disciplinare che ha trasformato gli ospedali da luoghi dove la clinica moderna è nata, relegando sugli scaffali della storia la settecentesca medicina delle specie, in non-luoghi di mortificazione di ogni spirito creativo, soffocando in una rigida routine ogni stimolo al miglioramento della qualità che, come cento fiori, nasce e cresce dalle intelligenze collettive di chi facendo produce conoscenza
Il mito della medicina riparativa delle cause prossime
Una medicina riparativa basata sull’intensività assistenziale dei presidi ospedalieri è una medicina che rinuncia a combattere le cause remote delle malattie. È una medicina che lascia che i fatti morbosi avvengano nel loro spontaneo manifestarsi e offre ex post possibilità di cura con un forte gradiente di classe. Non è una medicina per tutti, ma una medicina che stratifica la cura in funzione del capitale economico e sociale posseduto dal paziente. La promozione della salute fin dal momento del concepimento e la lotta ai fattori socioeconomici di nocività vengono considerati non aspetti fondamentali per la creazione di benessere collettivo ma anticaglie da socialismo reale. La dimensione psico-socioculturale della malattia è stata totalmente sostituita da una concezione organicistica tutta orientata alla medicina di precisione, sponsorizzata dalle grandi aziende produttrici di farmaci biologici.
Il messaggio è chiaro: mangiate come volete, fumate e consumate alcool senza limiti, trascorrete metà della vostra giornata nel traffico urbano o in ambienti malsani e, se vi ammalate, sarete curati con i nuovi farmaci rivolti contro target molecolari messi generosamente a disposizione per voi da Bigpharma. Una mistificazione della realtà che confonde gli effetti con le cause e non produce salute collettiva.
Ricomporre i saperi per una nuova medicina
La medicina non è e non sarà mai una scienza esatta, anche se i suoi fondamenti fisiopatologici come l’equilibrio acido/base o la dinamica dei fluidi obbediscono alle leggi della chimica e della fisica.
La medicina è ben altro, perché il corpo umano vive un contesto sociale che lo plasma e lo trasforma ogni giorno. Anche il nostro patrimonio genetico è uno degli elementi importanti, ma non esclusivi, che ci fa essere quello che siamo.
Il nostro fenotipo è infatti la piegatura del nostro corredo genetico all’ influsso dell’ambiente fin dal momento del concepimento.
Poco sappiamo ancora su come questo si realizzi ma abbiamo certezza che le nostre malattie originano in larga misura dall’ ambiente in cui viviamo.
Una medicina moderna deve assumere questo punto di vista e orientarsi di conseguenza; deve in altre parole assumere la complessità come propria dimensione epistemica rinunciando a quel modello semplificato e fallacemente unidirezionale che cura la malattia al suo manifestarsi.
Assumere causato punto di vista significa ridefinire ruoli, competenze, valori e saperi
Una visione alternativa indispensabile per non fare morire nostro SSN di cui non c’è traccia nel governo e in una confusa opposizione schiacciata sul conformismo.
Roberto Polillo
Pubblicato su www.quotidianosanità.it