Nel 2023, l’83,5% dei neolaureati europei era occupato, con un aumento dell’1,1 di percentuale rispetto al 2022 quando fu dell’82,4%. Una tendenza alla crescita di un dato che conta molto sul piano dell’occupazione e dell’innovazione che sta riguardando un po’ tutti i 27 dell’Europa, stando ai dati raccolti da Eurostat. Dieci anni fa eravamo al 74,3%.

Purtroppo, l’Italia resta in fondo alla coda: ha un tasso di  occupazione tra i giovani appena usciti dalle università di molto inferiore alla media europea con il  67,5%, superata dagli “ultimi della classe” ,  Grecia (72,3%) e Romania (74,8%).

In generale, crescono nel Vecchio continente la quota di laureati tra 25 e 34 anni nel 2023, aumentata di 4,4 punti percentuali, e la percentuale dei laureati con il 43,1% rispetto al 38,7% del 2018.

Il paese primo in classifica è Malta con il 95,8% dei ragazzi che trovano lavoro appena conclusi gli studi, seguita dai Paesi Bassi (93,2%) e dalla Germania (91,5%).

Eurostat fa anche una disamina più generale del livello di scolarizzazione dei giovani europei. L’Europa ha registrato un andamento in crescita dell’istruzione della prima infanzia, che ha raggiunto il 93,1% nel 2022. Tuttavia, è aumentata anche la percentuale di studenti con scarsi risultati raggiunti nel test PISA: nel 2022, la quota di quindicenni con lacune in matematica ha raggiunto il 29,5%, +6,6 punti percentuali in più rispetto al 2018 (22,9%).

Crescono anche gli abbandoni precoci. La media europea ha raggiunto nel 2023 il 9,5%. E le differenze  da paese a paese non mancano. Se il fenomeno è del 7,4% in Svezia e del 7,6% in Francia, in Italia siamo al 10,5%, superata in negativo da Germania (12,8%) e Spagna (13,7%).

L’Italia guida la classifica della percentuale dei giovani che non vanno a scuola e che neppure lavorano:  il  16,1% contro il 12,3% in Spagna e Francia, dell’8,8% in Germania, e del 5,7% in Svezia.

Per quanto riguarda il rapporto della spesa scolastica con il Pil, noi italiani non siamo lontani, con il nostro 4,2%, dal 4,8 della media europea, e comunque sempre considerando che il grosso della nostra spesa riguarda il personale docente e non docente, e che molto poco resta per l’innovazione e corsi di aggiornamento. Ma vi è chi, come Svezia e Danimarca hanno un rapporto del 6%, o la Francia con il 5,5%.

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