Che significato dare alla recente riunione di Kazan del gruppo dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), allargato di recente ad Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia e Iran, al quale hanno partecipato  come osservatori anche molti altri paesi interessati ad aderire ed è intervenuto il segretario generale delle Nazioni Unite Gutierrez? Che cosa comporta per l’ordine internazionale in evoluzione? E che lezioni se ne devono trarre?

Per capire conviene partire dalla composizione del gruppo e dal suo progressivo allargamento. Il gruppo dei BRICS è composito e variegato sotto molti profili: grandi e piccole potenze, paesi ricchi e molto poveri, alcune democrazie e soprattutto molto regimi autoritari, paesi nettamente antagonisti degli Stati Uniti (Russia e Cina) ma pure paesi con forti rapporti anche militari con la superpotenza occidentale (ad es. Arabia Saudita). L’aggiunta in futuro di altri membri che hanno chiesto l’adesione aumenterà l’importanza del gruppo, ma anche la sua l’eterogeneità.   Che cosa unisce allora questo gruppo? Un dato negativo innanzitutto: questi paesi non fanno parte organica del “campo occidentale” (anche se i rapporti con questo sono molto differenziati) del quale criticano unilateralismo e pretese egemoniche. La distanza dall’Occidente si è manifestata con chiarezza nel rifiuto di aderire alle sanzioni contro la Russia per l’invasione dell’Ucraina.

Accanto a questo elemento essenzialmente negativo è più difficile vedere quali elementi positivi i BRICS possano portare a un nuovo ordine mondiale più equilibrato e giusto. Possiamo menzionare la richiesta non irragionevole di riformare le istituzioni internazionali finanziarie che l’Occidente a trazione americana ha costruito nel tempo (Fondo Monetario, Banca Mondiale, WTO) per renderle più inclusive dando maggiore spazio ai paesi. Ma quando nel capitolo dedicato all’ONU della dichiarazione finale di Kazan si afferma il sostegno al ruolo centrale delle Nazioni Unite nell’assicurare la “promozione e protezione della democrazia, dei diritti umani e delle libertà fondamentali” si capisce che alcuni metri di valutazione sono sicuramente diversi. Possiamo immaginare che il Brasile e tutto sommato anche l’India diano lo stesso significato a quei concetti che la Russia, la Cina o l’Iran? E che unità di azione potrebbe esserci su questi temi?

E su un altro piano come si concilierebbero le diversità di rapporti di collaborazione militare e di sicurezza esterni se ricordiamo come per esempio alcuni importanti paesi dei BRICS intrattengano forme significative di collaborazione in questi campi con gli Stati Uniti o altri paesi dello schieramento occidentali? A questo possiamo aggiungere i significativi conflitti locali che dividono alcuni tra i paesi (Arabia Saudita e Iran, Cina e India per citare i più rilevanti)

Emerge allora probabilmente la diversità di significati che i vari paesi membri attribuiscono a questa organizzazione. Per la Cina è prima di tutto lo strumento per meglio far risaltare il suo ruolo crescente di potenza mondiale di primo rango sullo stesso livello degli Stati Uniti. Questo vale seppur con minor enfasi anche per l’India. Per la Russia si tratta di uscire dall’isolamento internazionale nel quale l’aggressione all’Ucraina la ha messa. Per altri paesi i BRICS sono più semplicemente un ulteriore (e non esclusivo) strumento di azione internazionale per far valere i propri interessi sulla scena mondiale o semplicemente regionale. Questa diversità di prospettive si farà certo sentire quando i BRICS vorranno passare all’azione sui temi più scottanti dell’ordine mondiale.

Detto questo, anche se non possiamo aspettarci che i BRICS producano a breve cambiamenti fondamentali negli assetti internazionali, i paesi occidentali (e in particolare l’Unione Europea) farebbero male a sottovalutare lo sviluppo di questa organizzazione e dovrebbero fare un esame di coscienza approfondito sui loro rapporti con il “Sud del mondo”, a partire soprattutto dall’Africa con i suoi immensi problemi, ma anche con le grandi risorse che questo continente contiene. E’ tempo di riflettere su questi temi in maniera innovativa e di largo respiro. E soprattutto in chiave costruttiva piuttosto che solo difensiva.

Maurizio Cotta

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