Site icon Politica Insieme

I popolari, i liberal – democratici e la doppia alternativa – di Domenico Galbiati

Un’alternativa “nel sistema” ed un’ alternativa “di sistema”.

Abbiamo bisogno di questo doppio registro per sottrarre l’Italia alla deriva nazional-sovranista che rischia di confinarla ai margini dell’Europa, per un verso, e, per altro verso, sul piano interno, di minarne l’ordinamento democratico cosi come lo definisce la Costituzione della Repubblica.

Giorgia Meloni ha perso la coordinazione e, nel suo forsennato slalom tra le capitali del mondo, sta infilando un paletto dopo l’altro. Dopo Strasburgo, Pechino. Si è emarginata da sola in Europa e ne ha riportato, oltre il danno, anche le beffe. In buona sostanza, ha mostrato di dover necessariamente patire il condizionamento di Salvini che limita pesantemente la sua decantata capacità di leadership.

Non può e non vuole scoprirsi più di tanto a destra, a costo – riversandolo sull’interesse della “nazione” – di pagare un prezzo al filo-putinismo dei “patrioti “ di Salvini, Orban e Le Pen, in controtendenza al suo chiaro sostegno all’Ucraina di cui le va pur riconosciuto il merito.

Eppure, non è per niente detto – come pensano o sperano alcuni osservatori, pur autorevoli, coma Cacciari – che gli italiani potrebbero essere chiamati a rinnovare le Camere in tempi non sospetti  e comunque ben prima della naturale scadenza della legislatura nel 2027. In ogni caso, è meglio non farci conto e, piuttosto, lavorare da subito – questo sì – in funzione della scadenza naturale della legislatura.

Chi voglia costruire un’alternativa all’attuale maggioranza di governo è meglio che non viva di facili illusioni, ma costruisca una “politica” da contrapporre alla destra-destra che ha conquistato il potere in Italia, non per un fatale incidente di percorso, ma come inevitabile punto d’arrivo di una degenerazione del discorso pubblico di cui la sinistra porta gravissime responsabilità.

Non si risponde all’approdo di un processo politico di lungo corso con l’escamotage del momento e neppure con l’ammucchiata di un campo largo, larghissimo o a geometria variabile che sia. Non basta, in altri termini, costruire una alternativa “nel sistema”, cioè immaginare di vincere il braccio di ferro con la destra, dentro l’attuale schema bipolare e maggioritario, il quale rappresenta, in ogni caso, un cappio al collo degli italiani, sia che la vinca la sinistra o piuttosto la destra. Impone, infatti, una dialettica politica di necessità forzosa e, dunque, fuorviante, fondata sulla reciproca delegittimazione delle parti.

Ambedue gli schieramenti, intanto che si fronteggiano a muso duro, sono graziosamente consonanti e consapevolmente, volutamente complici nella blindatura autoreferenziale di un sistema ripiegato su di sé e repulsivo per troppi italiani.

Se a politiche, pur differenti, corrisponde la stessa struttura di un sistema del tutto contrapposto alla ricchezza plurale delle culture politiche storicamente presenti nel Paese, non si va da nessuna parte.

Non si governano, da nessun fronte, società complesse centralizzano o blindando il potere, ma piuttosto suscitando vasti processi di partecipazione diffusa e di costante arricchimento della coscienza civile e democratica del Paese. In altri termini, non c’è una alternativa “pret a porter” e nessuno la vende all’incanto.

L’alternativa va “costruita”, deve avere una struttura ed una sua intrinseca coerenza politica che sia compresa e condivisa dai corpi della società civile.
Eppure, la logica bipolare continua ad essere l’orizzonte cieco in cui si muove, anzitutto, il maggior partito dell’opposizione.

Lo conferma l’intervista, rilasciata ieri mattina a “La Stampa”, da Elly Schlein, che, a testa bassa, cerca, contro la Meloni, la soluzione di forza. Senza nessuna capacità di comprendere come non si tratti di strappare l’Italia dalle grinfie del “nemico”, ma, in primo luogo, di liberarlo dallo stato di prostrazione civile in cui sta, ogni giorno, scivolando, restituendo finalmente l’Italia agli italiani, alla responsabilità democratica di ognuno e di tutti, collettivamente. Alimendando, attraverso una nuova visione del futuro, attentamente costruita con le categorie e gli strumenti della politica, la speranza che gli italiani hanno smarrito e della quale hanno urgente bisogno. Intesa – come ci suggerisce Vaclav Havel – non come vago, generico, sentimentale ottimismo, bensì come sicura coscienza che le cose della vita hanno un senso compiuto.

Insomma, abbiamo bisogno , soprattutto, di una alternativa “di sistema”, di quella trasformazione che INSIEME invoca dai suoi primi passi ed, anzi, ne rappresenta la ragione vitale. Si tratta di un compito che compete congiuntamente ai popolari ed ai liberal-democratici. Ma su questo torneremo in altra occasione.

Domenico Galbiati

Exit mobile version