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I referendum sulla Giustizia: il Parlamento dovrà intervenire comunque – di Primo Fonti

Toghe di magistrati appese in un ufficio del Tribunale di Roma in una immagine di archivio. ANSA/ALESSANDRO BIANCHI

La Corte Costituzionale ha deciso. Il dado è tratto? Al popolo l’ardua sentenza?  Cinque dei sei referendum sulla giustizia sono stati ammessi  mentre il quesito sulla responsabilità civile dei magistrati è stato dichiarato inammissibile. I quesiti  discussi e ammessi riguardano la custodia cautelare, la legge Severino, la separazione delle funzioni dei magistrati , l’eliminazione delle liste di presentatori per l’elezione dei togati del CSM e la valutazione sulla professionalità dei magistrati

Secondo i promotori dei referendum :

La riforma giacente in Parlamento, che porta il nome della Ministra Cartabia ( ma che della Cartabia certo non è), interviene sia sui passaggi di funzioni sia sulle candidature alle elezioni dei consiglieri togati del CSM modificando la legge elettorale e prevedendo, in particolare, candidature individuali, senza necessità di firme.

Riservando a successivi interventi una puntuale disamina tecnica dei singoli referendum, in attesa delle motivazioni che hanno condotto la Corte Costituzionale alla dichiarazione di ammissibilità dei  quesiti referendari,  una prima necessaria riflessione riguarda l’inadeguatezza dello strumento referendario, esclusivamente abrogativo, utilizzato per affrontare questioni particolarmente complesse con un semplice “SI” o “NO”, e per di più, sull’onda emotiva di vicende davvero poco edificanti.

E’ evidente che, per quando chirurgica sia l’operazione, non si può escludere il rischio di rendere il sistema incoerente una volta tolta anche una sola parola dal testo di una legge.

Si renderà così necessario l’intervento riparatore del Parlamento. Ma , se si deve ritornare in Parlamento, perché sprecare energie e risorse in altre attività ?  Tanto più che, a volte, riparare non significa costruire a nuovo; riparare, spesso, è voce del verbo rattoppare.

Il Consiglio dei Ministri ha approvato all’unanimità un’ampia riforma della giustizia che ora è all’esame del Parlamento. Con quale coerenza coloro che svolgono importanti ruoli governativi hanno prima approvato un determinato assetto che CSM e del sistema di autogoverno della magistratura ed ora si rivolgono al “popolo sovrano” per abrogare norme che se anche avesse l’effetto di separare le carriere lascerebbe invariato l’unico organo di autogoverno  dei giudici e dei pubblici  ministeri ? Di sovrano ci sarebbe solo la confusione !

Se può essere condivisibile la scelta di limitare i passaggi da un ruolo all’altro ( come abbiamo già argomentato nel precedente intervento del 12 febbraio u.s.), una rigida separazione avrebbe l’effetto di destrutturare gran parte del modello costituzionale sull’ordinamento professionale della magistratura , sul CSM e sulla obbligatorietà dell’azione penale, e ciò anche in un quadro istituzionale europeo  che pone l’indipendenza e l’autonomia della magistratura tra i principi fondamentali. Principi, peraltro, su cui si fonda anche il regolamento (UE) 2017/1939 istitutivo dell’ufficio del pubblico ministero europeo a cui dovrà adeguarsi la normativa nazionale.

Infine il quesito sulla custodia cautelare. Ciò che rende  perplessi è ascoltare taluni leader di partito invocare il carcere per determinate categorie di persone ( anzi a “marcire” in carcere) , salvo poi chiedere per via referendaria, in nome della sacrosanta libertà personale, la totale abolizione di una norma che vuole tenere cautelarmente custodito chi è  indiziato di un grave reato.

Primo Fonti

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