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I tre paradossi italiani dietro le cronache – di Guido Puccio

Ci sono almeno tre paradossi nell’orizzonte profondo della politica italiana, e basta andare oltre le cronache di tutti i giorni per accorgersene.

Il primo: le condizioni in cui opera il governo: la maggioranza che lo regge e le stesse opposizioni a sinistra possono essere definite tutt’altro che consolidate, tenuto conto dei messaggi trasversali che le agitano dall’interno. Eppure, visto dall’esterno, il nostro è un Paese politicamente stabile.

Basterebbe riferirsi al ruolo costante nell’alleanza atlantica e nell’unione europea, al sistema finanziario e bancario piccolo ma sicuro, alla struttura industriale che supera le varie crisi e resta tra le prime in Europa.

La cronaca in continuo movimento tra gli affari, celati o meno, di una ministra; il telefonino del figlio del presidente del Senato; le chiacchiere sul patrimonio di Berlusconi; le convenienze, gli improvvisatori al potere, le riforme sistematicamente eluse o contestate, le infinite polemiche sui conduttori della Rai e quanto segue. “Eppur è stabile”, direbbe Galilei nella sua nota affermazione espressa al contrario.

Il secondo paradosso: il Parlamento è sempre più subalterno è limitato dalle potenti forze dell’economia e della finanza, per non dire delle consorterie travestite da lobby, o dei tempi per la formazione delle leggi. Eppure, siamo e restiamo una Repubblica democratica parlamentare a tutti gli effetti.

Nell’ultima legislatura le proposte di legge di iniziativa di deputati e senatori diventate leggi sono state poco più dell’uno percento di quelle presentate. I tempi di approvazione di una legge di iniziativa parlamentare sono in media di 480 giorni. E come dimenticare, soprattutto, che i parlamentari sono indicati da ciò che resta dei partiti e non sono scelti dagli elettori? E poi si vagheggia di Repubblica presidenziale: e del Parlamento che se ne fanno?

Il terzo paradosso: la guerra alle nostre porte altro non esprime se non la volontà della Russia di arrestare il contagio del sistema democratico e liberale occidentale ai suoi confini. Ci sono chiaramente un aggressore e un aggredito. Eppure, anche in casa nostra non mancano coloro che si oppongono alle decisioni del governo di aiutare l’aggredito in nome del superiore valore della pace.

Difficile comprendere il significato di questa pur sacrosanta aspirazione mentre piovono le bombe. È ancora fresco il ricordo del presidente Conte che subito dopo le sue dimissioni cercava una collocazione politica, indignandosi all’invio di “armi letali “all’Ucraina. Letale è anche un fucile da caccia. Solo se ti conviene te lo dimentichi.

Come le polemiche di questi giorni che vedono l’invio delle bombe a grappolo all’accredito come un segno di escalation che non rispetta le convenzioni internazionali. Lo sanno costoro che i russi già le usano da tempo non solo in Ucraina ma anche in Siria, Mali e in Sudan?

Nella sua lingua sferzante, Oscar Wilde scriveva che i paradossi sono sempre pericolosi. Ma in politica il vuoto non esiste, come ci hanno insegnato Machiavelli e Thomas Cromwell. Per questo la pericolosità che vedeva il grande drammaturgo inglese oggi la sentiamo sulla pelle.

Guido Puccio

 

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