“Un’ Europa capace di integrazioni etniche ed ecumeniche, pronta ad accogliere lo straniero, rispettosa di ogni dignità”. E’ un passaggio della preghiera per l’Europa che il Cardinal Martini compose nel 2005.
Da mercoledì prossimo fino al 20 dicembre, in Università Cattolica a Milano sarà possibile visitare una mostra dedicata al pensiero di Carlo Maria Martini sul futuro dell’Europa. … “ (l’unita’ dell’Europa) deve essere proiettata su un orizzonte planetario, a servizio di tutti i Paesi del mondo, a cominciare da quelli più poveri: infatti, l’unificazione dell’Europa ci appare come un tappa fondamentale ed ineludibile verso la meta finale, che è l’unificazione e la pacificazione del mondo intero….”: pronunciata, nella primavera 1990, a Vienna, in occasione del suo intervento – quale Presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa – all’incontro con i Vescovi dell’ Est e del Centro Europa, questa frase basterebbe da sola a dar conto della visione del Cardinale.
In altri termini, l’ Europa – così afferma Carlo Maria Martini – non può essere compresa e descritta entro “un rigido e ristretto orizzonte di benessere soltanto terreno”, ma neppure diventa oggetto di un discorso aulico ed utopico.
Piuttosto, e’ autenticamente se stessa in tanto ed in quanto trascende se stessa, nella misura in cui prende, cioè, in carico un ruolo – anzi, una missione, si direbbe – che la proietta oltre i suoi confini geopolitici ed istituzionali.
L’ affermazione del Cardinal Martini si mantiene dentro l’orizzonte di una prospettiva storica concreta e credibile, eppure – verrebbe da dire – vi si respira l’ intonazione di una speranza profetica, di un’attesa provvidenziale.
Insomma, l’Europa ha un destino e, in certo modo, ogni progetto politico-programmatico che la riguardi ha senso ed efficacia solo nella misura in cui è in grado di corrispondere ed esaudire tale compito.
Non si tratta di un discorso un po’ romantico ed evanescente o metapolitico.
Bensi’, si deve prendere atto – nella concreta attualità del dato politico, come tale, nella crudezza empirica del suo darsi – che l’Europa è necessariamente consegnata a se stessa.
Non puo’ sfuggire alla responsabilita’ che le compete e che i campi di forza della sua storia hanno delineato, forse perfino a suo dispetto, verrebbe da dire, tracciando la sua fisionomia ed il suo stesso futuro.
Involve e si accartoccia su se stessa, come sta succedendo, se rifiuta la consapevolezza di questo straordinario compito – addirittura “l’unificazione e la pacificazione del mondo intero” – che Carlo Maria Martini intravede per lei.
Ovvio che le sue radici cristiane – ed, in negativo, il loro ripudio – hanno molto a vedere con tutto ciò.
Insomma, l’ Europa non può sottrarsi al fatto di essere il punto su cui da oltre due millenni – e dall’era cristiana, in modo particolare – convergono processi spirituali, percorsi filosofici, sviluppi artistici, esperienze storiche spesso drammatiche, dinamiche di guerra e di pace, fratture rivoluzionarie e ricomposizioni che correlate alle articolazioni culturali ed etniche, alle evoluzioni della coscienza popolare ne fanno un “unicum” ineguagliabile che necessariamente è proiettato sull’ “orizzonte planetario” evocato dal Cardinale.
Purché sappia vivere questa sua enorme ricchezza nel segno della freschezza, dell’attesa e della speranza; non secondo quel sentimento di stanchezza che sembra prevalere oggi, come se la sua storia fosse non una straordinaria forza propulsiva, ma una palla di piombo al piede.