In occasione del trentesimo anniversario dell’attentato al giudice Paolo Borsellino, don Aldo Buonaiuto ha pubblicato su Interris il seguente articolo sul tema della legalità
La legalità è condivisione. Oggi viene celebrato in tutta Italia l’anniversario della strage di via d’Amelio nella quale il 19 luglio 1992 la mafia ha ucciso in modo spietato il magistrato Paolo Borsellino e la sua scorta. Un sacrificio per una società libera e un martirio di libertà. In occasione della Giornata della Legalità papa Francesco ha inviato un messaggio agli studenti delle scuole italiane incoraggiando i giovani a rendere più belle e vivibili le nostre città affinché l’indifferenza che distrugge le relazioni individuali e collettive possa essere vinta dalla capacità umana di vicinanza a quanti vivono nel bisogno e nella paura.
Chi calpesta la legalità contraddice la testimonianza evangelica, perciò devono trovare argine nella generosità e nella capacità di tenerezza il disprezzo e il cinismo anche verbale che umilia quanti sono già provati duramente dalla vita. I rifiutati trovino un porto accogliente “nel cuore libero e aperto” di tutti e di ciascuno, raccomanda il Pontefice nell’esortazione apostolica “Christus vivit”. Le nuove generazioni sono invitate a percorrere strade di accoglienza e di rispetto sostanziale e non solo formale della legge. E’ il sabato ad essere per l’uomo e non il contrario, insegna il Vangelo. La legalità è fondamento di giustizia dal punto di vista sia religioso sia civile. I principi fondamentali della fede e della Costituzione hanno eroicamente ispirato gli stili di vita di figure universalmente esemplari come Paolo Borsellino, don Giuseppe Diana, Giovanni Falcone e il Beato Rosario Livatino, luminosi paradigmi di legalità e vittime innocenti della criminalità organizzata.
La giustizia, avverte il Santo Padre, non è solo il frutto di un insieme di regole da applicare con perizia tecnica, ma, è “la virtù per cui diamo a ciascuno ciò che gli spetta”, indispensabile per il corretto funzionamento di ogni ambito della vita comune e perché ognuno possa condurre un’esistenza onesta e serena. “A fine mese, quando ricevo lo stipendio, faccio l’esame di coscienza e mi chiedo se me lo sono guadagnato”, era solito ripetere Paolo Borsellino. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella richiama il contributo di magistrati come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino al superamento culturale della presunzione mafiosa di un ordine parallelo, svelando ciò che la mafia è nella realtà: “Un cancro per la comunità civile, una organizzazione di criminali per nulla invincibile, priva di qualunque onore e dignità”. Ecco perché l’azione di contrasto alle mafie va continuata con impegno e sempre maggiore determinazione. La mafia può essere battuta ed è destinata a finire, perciò educare alla legalità significa elaborare e diffondere la cultura dei valori. E’ questa l’autentica legalità descritta nelle encicliche “Laudato sì” e “Fratelli tutti”, incentrate sulle sofferenze e le difficoltà della società, a partire dalle periferie geografiche ed esistenziali. Una scelta che la Chiesa ha compiuto fin dalla Conferenza dell’episcopato latinoamericano di Medellín (1968) nella quale è stata richiesta alle comunità una distribuzione degli sforzi che riconosca effettiva priorità ai settori più poveri e bisognosi. L’illegalità si mantiene con la cultura dello scarto, così crescono disparità e indigenza.
Perciò il vero rispetto della legge è contenuto prima che forma. E non si può prescindere dal focalizzare l’attenzione su povertà, immigrazione, giustizia sociale, salvaguardia del creato. Con la globalizzazione si sono moltiplicate le iniquità. Quando alla base del sistema non c’è più l’uomo ma il denaro, quando il denaro diventa un idolo, gli uomini e le donne sono ridotti a semplici strumenti di un sistema sociale ed economico caratterizzato, anzi dominato da profondi squilibri. E così si scarta quello che non serve a questa logica. E’ quell’atteggiamento che scarta i bambini e gli anziani: dall’aborto all’eutanasia. Per il padre costituente Piero Calamandrei la libertà è condizione ineliminabile della legalità: dove non vi è libertà non può esservi legalità. Papa Francesco si chiede, quindi, quale sarà il prossimo scarto. E sprona tutti a fermarsi in tempo, a non rassegnarsi, a non considerare questo stato di cose come irreversibile.
Occorre cercare di costruire una società e un’economia dove l’uomo e il suo bene, e non il denaro, siano al centro. C’è bisogno di etica e legalità nell’economia e nella politica. Ai capi di Stato il Papa non si limita a fornire indicazioni morali. La legalità e il diritto sono le pietre fondanti della pace internazionale e della stabilità. La testimonianza di Francesco è da leader spirituale del pianeta. Il pastore può fare i suoi richiami ma, come ricordava Benedetto XVI nella “Caritas in Veritate”, servono uomini e donne con le braccia alzate verso Dio per pregarlo, consapevoli che l’amore e la condivisione da cui deriva l’autentico sviluppo, non sono un prodotto delle nostre mani, ma un dono da chiedere. C’è bisogno che questi uomini e queste donne si impegnino, ad ogni livello, nella società, nella politica, nelle istituzioni e nell’economia, mettendo al centro il bene comune e il senso autentico della legalità. “Quando la legalità sopravanza la virtù, la tendenza all’apparire sopravanza lo sforzo di essere”, scrive don Primo Mazzolari, il parroco di Bozzolo definito da San Giovanni XIII “la tromba dello Spirito in val Padana” e una delle più significative figure del cattolicesimo nell’ultimo secolo.
don Aldo Bonaiuto