“La droga è, pertanto, un segnale indicatore che conduce molto in profondità. Essa non solo scopre nella nostra società un vuoto che quest’ ultima non è in grado di colmare con i propri mezzi, ma richiama l’attenzione anche su un’intima esigenza dell’essere umano che, se non trova la giusta risposta, si fa valere in forma pervertita”. Queste poche parole, scritte dall’ allora Cardinal Ratzinger bastano per rendere l’ idea della straordinaria attenzione e della scrupolosa cura con cui il fenomeno delle tossicodipendenze va affrontato nelle moderne, secolarizzare società a sviluppo maturo.
Al contrario, il referendum popolare diretto all’ abrogazione di sanzioni, anche penali, in ordine alla coltivazione e consumo di cannabis rischia di apparire all’opinione pubblica in qualche misura, se non poco rilevante, comunque meno impegnativo rispetto all’altro quesito – pure in attesa del pronunciamento della Corte, il prossimo 15 febbraio – che concerne l’eutanasia attiva e, cioè, la depenalizzazione dell’ “omicidio del consenziente”. Come se il primo si nascondesse nelle pieghe del secondo, quasi volesse sfruttarne la scia. Del resto, l’effetto, come dire, di distrazione che risulta dall’affastellare più referendum insieme è, in ogni caso certo. Anzi, con ogni probabilità voluto e studiato ad arte da proponenti che giocano sul coinvolgimento emotivo degli elettori, cercando, al contrario, di eludere condizioni che consentono un pronunciamento più ragionato e consapevole sui singoli temi.
Gestito nelle forme di una grandinata di quesiti diversi e spaiati, il referendum, anziché modalità di ampliamento della partecipazione democratica, si trasforma in un imbuto ideologico che, anzitutto, gioca sulla banalizzazione di argomenti che hanno, al contrario, una valenza spesso drammatica. Andrebbe riconosciuto come vi siano tematiche che, per la loro stessa natura, non sono riconducibili ad una secca ed ultimativa dicotomia “sì/no”. Che, qualunque sia poi il pronunciamento elettorale, spolpa l’argomento e pretende di padroneggiarlo attraverso un processo di semplificazione sostanzialmente impossibile, fuorviante ed ingannevole. Soprattutto, quando siano in gioco questioni che abbiano forte rilievo esistenziale, come nel caso del consumo di sostanze che inducono dipendenza.
Per quanto vi siano fondati motivi che depongono a favore della non- ammissibilità del quesito relativo alla cannabis, non è escluso che su questo fronte ci attenda una mobilitazione, in difesa del valore e della dignità della persona che, anche, qui viene pesantemente messo in gioco e compromesso. Nella consapevolezza, peraltro – anche sulla scorta delle autorevoli affermazioni riportate in premessa – che non basta salvarci la coscienza, prendendo posizione attivamente contro questo referendum.
C’è e si manifesta in varie forme un disagio giovanile vasto e pervasivo, diffuso in ogni ceto sociale, in ogni ambiente, che testimonia lo smarrimento di quell’ orizzonte di speranza e di fiduciosa attesa, nel quale poter credibilmente inscrivere la ricerca di un compiuto senso della vita. C’è da costruire un intero progetto politico che investa le risorse morali e materiali del Paese a favore delle più giovani generazioni.
Domenico Galbiati