Chi come me ha avuto l’opportunità di occuparsi istituzionalmente, tra l’altro, di sviluppo economico, occupazione e crisi aziendali è favorito nell’analizzare e nello diagnosticare la cura da proporre per una visione strategica e un disegno paradigmatico da cui possano sortire effetti benefici per il nostro Paese.
In primo luogo dev’essere più ampia di quella attuale ed anche più lungimirante di quella ordinaria che abbiamo vissuto nell’ultimo decennio, non limitandosi ad accertare la crescita o decrescita del PIL, che non è indice di benessere generale, sforzandosi cioè di cogliere le non poche criticità del sistema produttivo a cominciare dalla sicurezza negli ambienti di lavoro e delle relazioni con le associazioni di categoria e sindacali.
Altresì, l’autorità politica, sia parlamentare che governativa, deve approcciare con maggior acutezza e concretezza l’intera problematica, avvalendosi dei più qualificati esperti in economia ed in organizzazione del lavoro, inclusi i temi della sostenibilità energetica ed ambientale. Il sistema va riformato/rimodulato con una programmazione che muova i primi passi, istruttivi e informativi, dalla scuola e dall’università, introducendo con convinzione la figura del “tutor”, fondamentale nei progetti alternanza-lavoro e quindi nei master post-laurea come avviene nei paesi più evoluti.
Altrettanto decisivo potrebbe essere il fatto di dotare le comunità di help desk validi ed efficaci per un’assistenza a tutto campo dal settore imprenditoriale a quello dell’artigianato e del terziario. E quindi l’esigenza di rinnovare, semplificare e ottimizzare i tempi tecnici delle procedure afferenti il sistema economico e produttivo. Ma anche rafforzare gli incentivi finanziari e fiscali per l’imprenditoria giovanile, del Mezzogiorno e del terzo settore, svantaggiando invece chi delocalizza dopo aver ottenuto i benefici statali e comunitari (v. Gruppo Stellantis).
Quanto ai rapporti tra le istituzioni dovranno essere favoriti e valorizzati soprattutto avvalendosi del ruolo che compete al mondo accademico, della ricerca scientifica e tecnologica ed agli istituti scolastici tecnici, mobilitando le amministrazioni locali e regionali sotto una “moral suasion” operata dalle prefetture della Repubblica per un sano lobbying pubblico/privato.
Infine, tornando alla visione strategica si dovrebbe puntare sull’obiettivo di riportare l’Italia al primo posto nel turismo internazionale, contando sul valore assoluto del nostro patrimonio storico, artistico e culturale che comprende anche l’enogastronomia, riconosciuta e apprezzata a livello planetario. Fare sistema o rete, come suol dirsi, per contenere o magari bloccare, finalmente, la cosiddetta fuga dei giovani cervelli all’estero, nei paesi dell’U.E. ove trovano stipendi più dignitosi e nondimeno una migliore qualità della vita.
Michele Marino