Il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera alle disposizioni per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della Direttiva (Ue) 2016/343 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 marzo 2016,concernente “il rafforza mento della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali”.
- Il provvedimento del Governo
Il provvedimento, in sintesi, concerne il divieto di pubblicazione delle Ordinanze di custodia cautelare emesse dai Tribunale modifica l’art.114 del CPP, per cui sarà possibile pubblicare solo il capo di imputazione.
Pertanto, con la nuova normativa. le Ordinanze cautelari, non potranno più essere pubblicate per esteso, come con un virgolettato, ma soltanto per estratto.
Questo non toglie che il “divieto di pubblicazione testuale” lasci, comunque, al giornalista la possibilità di riferire i contenuti dell’Ordinanza in modo riassuntivo, e di illustrare al lettore il senso dell’indagine e le accuse mosse all’imputato per le quali il Gip ha riconosciuto come gravi gli indizi raccolti dal PM ed emesso l’Ordinanza custodiale.
Nel comunicato del CdM si evidenzia che la norma introdotta “dà attuazione all’art. 4 della Legge di Delegazione europea 2022-2023 (Legge 21 febbraio 2024, n. 15),con il quale L’Esecutivo è stato delegato ad adottare le disposizioni necessarie a garantire l’integrale adeguamento alla Direttiva europea ed integrare quanto disposto dal D. Lgs 8 novembre 2021, n. 188 nel rispetto degli artt. 21,24 e 27 della Costituzione”.
In particolare, “la normativa ha il fine di rafforzare alcuni aspetti della presunzione di innocenza della persona indagata o imputata nell’ambito di un procedimento penale e, pertanto, il provvedimento apporta una modifica l’articolo 114 del Codice di Rito, prevedendo il divieto di pubblicazione del testo dell’Ordinanza di custodia cautelare finché non siano concluse le indagini preliminari o fino al termine dell’udienza preliminare”.
Sul punto occorre precisare che la Legge di Delegazione europea costituisce uno dei due strumenti ritenuti essenziali per l’adeguamento all’Ordinamento dell’Unione Europea ed è stato introdotti dalla legge 24 dicembre 2012,n.234 che ha attuato una riforma organica delle norme che regolano la partecipazione dell’Italia alla formazione ed all’attuazione della normativa e delle politiche emanate dalla UE e che sono:
a– la legge di delegazione europea, il cui contenuto è limitato alle disposizioni di delega necessarie per il recepimento delle direttive e degli altri atti dell’Unione europea;
b la legge europea, che contiene norme di diretta attuazione volte a garantire l’adeguamento dell’Ordinamento nazionale all’Ordinamento della UE con partico- lare riguardo ai casi di non corretto recepimento della normativa sovranazionale.
Inoltre, ai sensi dell’articolo 29 comma 7 della Legge n.234/2012, il Governo ha l’obbligo di relazionare sull’eventuale omesso inserimento delle Direttive emanate, il cui termine di recepimento è scaduto o scade nel periodo di riferimento ,e fornire dati sullo stato delle procedure di infrazione, l’elenco delle Direttive recepite o da recepire in via amministrativa ed, inoltre, l’elenco delle Direttive recepite con regolamento e l’elenco dei provvedimenti con i quali le singole Regioni e Province Autonome hanno provveduto a recepire le Direttive nelle materie che ricadono nella loro competenza.
E previsto, infine, che tutte queste informazioni siano contenute nella articolata ed estesa relazione illustrativa che precede il testo del Disegno di Legge all’esame del Parlamento..
Tuttavia, la Legge 21 febbraio 2024, n. 15,attuativa della Legge di delegazione europea 2022-2023,è stata ribattezzata, in senso critico, come “legge bavaglio” a causa del dibattito scaturito dopo la sua pubblicazione.
Infatti, il DDL (A.C.1342),approvato dal Parlamento, sulla base del testo risultante dalle proposte emendative, ha suscitato numerose polemiche tra i critici del provvedimento sulla base della pretesa lesione della “libertà di Stampa” tutelata dall’art.21 della Costituzione, poiché recepisce l’emendamento rilevante proposto dal. Deputato Costa che introduce il divieto di pubblicazione “integrale o per estratto” del contenuto della ’Ordinanza di custodia cautelare, inserito integralmente dal Governo nel testo finale, sulla base della tutela della onorabilità e della reputazione dell’imputato e della presunzione dii innocenza dello stesso, anch’essa sancita dall’art.27 della Cost., in contrapposizione con la asserita negazione della libertà di stampa in tali casi. come si dirà oltre.
Come ha sostenuto, a commento del provvedimento, il Presidente dell’UCP, “la materia va interamente rivisitata ma quello del divieto di pubblicazione delle Ordinanze cautelari è già un primo passo importante con il quale si ripristina un principio di diritto che era già presente nel nostro Codice e che non incide affatto sul diritto di cronaca e di informazione ma può, al contrario, certamente contribuire a limitare il fenomeno della c.d. “gogna mediatica” poiché “quello che desta l’attenzione del il grande pubblico non è certo il testo integrale delle Ordinanze ma solo singole parti delle intercettazioni o delle affermazioni stigmatizzanti del Giudice”, inserite nel provvedimento giudiziario, che, secondo il Presidente dei Penalisti “sono esclusivamente quelle che finiscono in pasto ai mass media al di fuori di ogni vaglio critico, molto spesso prima ancora che la difesa abbia conoscenza degli atti di indagine”.
In conseguenza, “occorre chiarire, in ogni caso, come una Ordinanza cautelare possa essere il frutto di un giudizio sommario formato in base ad atti selezionati esclusivamente dal PM sottratti al contraddittorio dell’imputato (come pure della Vittime coinvolte nel Giudizio- NdR).
“L’uso indebito che si fa nel nostro Paese di notizie e di atti di indagine, come intercettazioni di colloqui in carcere con familiari o di interrogatori di minorenni, come è accaduto di recente, ha concluso il Presidente, imponeva, quindi, una riflessione importante perché investe drammaticamente i diritti della persona, indagata o meno che sia, e dunque i valori fondamentali di una democrazia.
E’ per questa stagione che si impone una più complessiva riforma”.
Tuttavia, con l’auspicabile approvazione del DDL del Ministro Nordio, che, nelle aspettative, dovrebbe regolare la materia di adozione delle misure cautelari, il quadro potrebbe mutare, poiché la nuova disciplina, oltre a stabilire ex novo la collegialità del Giudice che dispone la custodia cautelare in carcere, è prevista, in taluni casi, l’instaurazione di un contraddittorio anticipato all’adozione delle misure cautelari, che costituirebbe un vero e proprio atto di civiltà giuridica, come afferma la Dottrina.
Ciò posto, per comprendere meglio l’importanza della delicata questione e delle polemiche suscitate dal divieto introdotto, occorre ricordare i principi giurisprudenziali sanciti da alcune sentenze della Cassazione a SS UU Civili, tra cui la n.23469 /16,che ha affrontato, in maniera puntuale ed approfondita, il problema dell’’ammissibilità e del contenuto della tutela, in via cautelare dell’onore e della reputazione dei soggetti lesi da articoli di stampa ritenuti diffamatori, come pure dalla sentenza delle SS UU Penali n.31022/2015,che aveva esteso all’ambito civilistico il principio in forza del quale “la tutela costituzionale assicurata alla stampa si applica al giornale o al periodico pubblicato, in via esclusiva o meno, con mezzo telematico qualora possieda i medesimi tratti caratterizzanti del giornale o periodico diffuso su supporto cartaceo”.
Per la Suprema Corte, pertanto, la tutela costituzionale, garantita dall’art. 21 terzo comma della Costituzione è tale da impedire la possibilità di concedere misure cautelari che determinino ,in concreto, effetti equivalenti al sequestro della stampa poiché in base a tale norma “Tutti hanno diritto di manifestare libera mente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione poiché la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”.
Tuttavia, l’affermazione di tale principio vedrebbe prevalere la libertà di stampa rispetto al principio dell’effettività della tutela giurisdizionale dell’onore e della reputazione del soggetto leso in base ad un provvedimento cautelare, che è stato ritenuto non ammissibile della Suprema Corte, nel rispetto della libertà di stampa.
In conseguenza, anche in base alla Direttiva Europea citata, si è reso necessario, per il Legislatore, individuare uno strumento idoneo ad assicurare una tutela delle Parti coinvolte in un procedimento penale.in presenza di notizie ed informazioni ritenute lesive per le stesse, nell’ambito del conflitto tra il diritto fondamentale all’onore e alla reputazione dei soggetti lesi da contenuti diffamatori e la libertà di stampa.
Quindi, nei commenti, si ritiene che tale normativa sia stata adottata sia a causa della mancanza di una tutela cautelare effettiva ma anche della diffusione dei nuovi mezzi di comunicazione telematici che possono causare danni potenziali irreparabili per i quali resterebbe la possibilità, per l’interessato, di rivendicare la tutela dei propri diritti in una fase successiva (quella del giudizio di merito)in cui gli effetti dannosi dell’illecito sarebbero oramai irreversibilmente prodotti e consolidati, specie in tema di Ordinanze di custodia cautelare ed ancor più, per le conseguenze del successivo proscioglimento dell’imputato dalle accuse ivi contenute che generano, peraltro, ad esempio, una risarcibilità in sede civile del danno patito a causa di un grave “errore giudiziario”, come ricordato nelle pagine di questa stessa Rivista da chi scrive.
In definitiva, la Direttiva Europea ha avuto il pregio di contribuire a chiarire alcuni dubbi in termini di applicazione pratica venutisi a creare, a seguito dell’afferma- zione, da parte delle Sezioni Unite, nelle sentenze sopra citate, del principio della ’inammissibilità dello strumento cautelare volto a inibire la pubblicazione e la diffusione da parte di una testata giornalistica, anche telematica, di articoli ritenuti diffamatori, anche in pregiudizio del principio di innocenza.
A sostegno di tale assunto, occorre fare riferimento alle numerose disposizioni costituzionali (artt. 2,3,21,24,27,113 Cost.) e sovranazionali (art. 19 TUE, art. 8 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, dall’art. 13 CEDU e l’art. 47 della Carta europea dei diritti fondamentali),nonché alla giurisprudenza costituzionale che ha riconosciuto che il Diritto alla tutela giurisdizionale “è tra quelli inviolabili dell’uomo” e che “l’azione in giudizio per la difesa dei propri diritti (…) è essa stessa il contenuto di un diritto, protetto dagli articoli 24 e 113 della Costituzione e da annoverarsi tra quelli inviolabili e caratterizzanti lo stato democratico di diritto” (cfr. sent. Corte Cost. n. 26/1999 ,n29/2003, n.386/2004 e n. 120/2014).
Alla luce di tali principi, delineati dalla Corte delle Leggi, occorreva valorizzare, unitamente al principio di effettività dei diritti e della loro tutela, il principio di proporzionalità che deve essere sempre applicato nel giudizio di bilanciamento tra diritti di rango costituzionale in ipotesi di loro potenziale conflitto, come in questo caso.
Come affermati dalla Corte (v.sent n.85/2013),non esistono diritti fondamentali assoluti dal momento che, “Tutti i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non è possibile pertanto individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri.
La tutela deve essere sempre “sistemica e non frazionata in una serie di norme non coordinate ed in potenziale conflitto tra loro” (v. anche sent. n. 264 del 2012)
Orbene, la portata innovativa della Direttiva Europea risiede proprio nell’aver analizzato il conflitto tra diritto all’onore e alla reputazione e la libertà di stampa attraverso la lente del principio di effettività della tutela giurisdizionale senza porsi in conflitto con la “libertà di stampa”.
Secondo la Dottrina e la stessa Giurisprudenza, infatti, “mentre un provvedimento volto ad impedire la diffusione e la permanenza della pubblicazione contenente le notizie ritenute diffamatorie avrebbe un effetto corrispondente a quello di un sequestro”, in violazione del divieto posto dall’art. 21 Cost., una normativa idonea a comporre tale conflitto che consenta, allo stesso tempo, di garantire il rispetto del principio di effettività e di proporzionalità della tutela giurisdizionale sarebbe proprio quello individuato dal Legislatore con la normativa emanata.
Peraltro, tale strumento di tutela potrebbe essere ritenuto sostitutivo dell’esercizio del diritto di rettifica, disciplinato dall’art. 8 della L. n. 47/1948 e, in quanto tale, compatibile con la tutela di cui devono godono l’onore e la reputazione rispetto alla libertà di stampa.
Sta di fatto che la richiesta di rettifica, in via d’urgenza della notizia lesiva, dopo la sua pubblicazione, non determina alcuna limitazione alla formazione dell’opinione pubblica(come, invece, si avrebbe con i nuovi strumenti, volti ad inibire la pubblicazione e la diffusione di comunicati lesivi, al contrario, consente di informare, in maniera sintetica, sull’adozione di un’Ordinanza cautelare in un procedimento penale in corso, senza arrecare un grave pregiudizio del soggetto e dei suoi interessi.
In tale ottica con l’emendamento del Deputato Costa, accolto tra le norme che introducono il divieto di pubblicazione “integrale o per estratto” del testo della Ordinanza cautelare si è cercato, semplicemente, di porre un freno alla pubblicazione di articoli che possano ledere l’onore e la dignità dei destinatari, in virtù del principio di innocenza, sancito dall’art.27 della Cost., che potrebbe causare gravi conseguenze sui rapporti professionali e familiari, specie per le Vittime di errori giudiziari nei procedimenti che si concludono con l’assoluzione o il proscioglimento dell’imputato.
In particolare, nella relazione illustrativa al testo normativo, viene chiarito che la finalità dell’intervento va individuata nella necessità di «integrare quanto disposto dal D.L gs 8 Novembre 2021 n.188 nonché di assicurare l’effettivo rispetto all’atr. 27 comma secondo della Costituzione, per il quale, fino a che non vi è una con- danna definitiva, anche nel caso di un soggetto sottoposto a indagine, non si può essere considerati colpevoli»(v. Relazione alla legge di delegazione europea 2022-2023, dell’8 gennaio 2024, p. 36)
Sul punto va pure ricordato che, mentre la Carta costituzionale si concentra sul divieto di “considerare” colpevole l’imputato fintantoché non vi sia una condanna definitiva, la Direttiva Europea 2016/343/UE., oltre a rimarcare lo stesso concetto (art. 3), sottolinea anche la necessità di evitare la “presentazione” in pubblico dell’imputato come colpevole ( artt. 4 e 5) oltre a far gravare sulla pubblica accusa l’onere di provare la colpevolezza degli indagati e degli imputati ( art. 6) e riconoscere a questi ultimi il diritto al silenzio e alla non autoincriminazione (art. 7) (cfr sul punto l’articolo di F, Demartis in Altalex 5 Marzo 2024).
In base alla stesa Direttiva, gli Stati membri sono, quindi, tenuti ad adottare misure idonee a garantire che, nelle dichiarazioni pubbliche da parte delle Autorità procedenti, non si riferiscano alla persona indagata o imputata come colpevole e tra queste “dichiarazioni” rientrano anche le notizie diffuse a mezzo stampa. Come osservato dalla Dottrina, non è possibile “sottovalutare il ruolo svolto dalla notizia intesa come “sanzione atipica”, posto che “informare l’opinione pubblica in ordine ad un determinato processo significa […] produrre nel contesto sociale possibili effetti pregiudizievoli nei confronti dell’imputato»(Cfr.P.Paulesu, La presunzione di non colpevolezza dell’imputato, Torino, 2009, p. 159).
Si comprende, pertanto, come la divulgazione dell’intera Ordinanza o di un estratto di essa possa arrecare un pregiudizio alla presunzione di innocenza dell’indagato/imputato, facendolo percepire all’opinione pubblica come un soggetto colpevole del reato contestato.
Va, comunque, sottolineato che una tale pubblicazione finisce con l’incidere anche sulle stesse Vittime di reato o dei loro familiari, sottoposte ad una notevole pressione dai mass media, a cui sii è assistito per recenti vicende giudiziarie che hanno suscitato scalpore nell’Opinione pubblica.
Va aggiunto che, la statistica degli errori giudiziari commessi in questi ultimi anni dai Magistrati la dice lunga anche sul costo dei risarcimenti per le Vittime sempre più oneroso per il Paese.
Ne costituisce un esempio palmare, ma non l’unico, quello del caso Tortora, giornalista arrestato e condotto in carcere prima di poter dimostrare la sua estraneità ai gravi fatti contestati ed assolto che suscitarono, all’epoca, grande clamore. Ne sono, anche, testimonianza i processi mediatici condotti sulle principali reti televisive, divenuti oggetto di un morboso interesse per gli ascoltatori a partire dal caso Cogne.
Pertanto, la normativa introdotta impedisce, fino alla conclusione delle indagini o dell’udienza preliminare, la pubblicazione delle Ordinanze con cui i Giudici formalizzano, su richiesta dei P.M., una misura cautelare che contiene diverse informazioni sulla vicenda giudiziaria che verranno sottoposte al vaglio del Giudice per verificarne la fondatezza sino alla assoluzione o al proscioglimento dell’imputato, in contradditorio con il difensore nominato.
Si tratta di un cambiamento storico che avrà un impatto sul racconto delle vicende giudiziarie da parte dei mass media che genera, come accennato, una sorta di Giustizia Mediatica, ossia la formazione di una opinione, spesso non supportata da elementi di fatto o di diritto, prima ancora della eventuale condanna o assoluzione ed i cittadini non potranno più essere informati sui dettagli rilevanti, dal momento che nel testo dell’Ordinanza figurano, in genere ,arresti, interrogatori, intercettazioni e perquisizioni disposti dai Pubblici Ministeri. In pratica, tutta la cronistoria di un caso giudiziario sarò oggetto di una successiva decisione che coinvolge, comunque, sia l’imputato che la Vittima del reato ed i suoi familiari ed difensori degli stessi.
Non va, comunque, dimenticato, sulla stessa questione, il c.d. diritto all’oblio, intro dotto dalla Riforma con l’art.64-ter del Codice di Rito che prevede che una persona assolta, ovvero nei cui confronti sia stato emesso un provvedimento di archiviazione del procedimento a suo carico, in baseall’art. 17 del Regolamento (UE) 2016 /679 (GDPR),potrà ottenere la rimozione delle proprie informazioni e vicende giudiziarie personali da siti web, motori di ricerca o altre piattaforme pubbliche o private ogni qualvolta sussistano determinati presupposti, con l’ulteriore garanzia che tali informazioni non vengano nuovamente trattate in danno dell’interessato.
Tuttavia, tale norma è destinata ad operare solo “a posteriori” rispetto al procedimento penale subito del malcapitato. mentre le nuove disposizioni sono dirette ad evitare una lesione alla sua onorabilità con la pubblicazione di informa zioni sul procedimento ancora da celebrare e che potrebbe concludersi con l’assoluzione.
Merita, tuttavia, di essere evidenziato che, in spregio alla norma garantista innanzi citata che consente la cancellazione di tutti i dati del procedimento penale resi pubblici sui mass media, la Cassazione, con la sentenza n.22503 dep. il 5 Giugno 2024,ha ritenuto legittima la pubblicazione delle intercettazioni, e di altri atti, facenti parte di un procedimento archiviato. Pertanto, dopo la chiusura delle indagini preliminari, anche se l’azione penale non viene esercitata, il divieto di pubblicazione degli atti contenuti nel fascicolo del PM deve ritenersi “caducato”.
Argomenta la Suprema Corte che l’’art. 114 CPP, al comma terzo, prevede la prosecuzione di un divieto di pubblicazione solo quando “si procede al dibattimento”, il seguente quinto comma stabilisce che occorre una “specifica procedura” per applicare il divieto di pubblicazione qualora non si proceda al dibattimento.
Pertanto, gli atti contenuti in un fascicolo per il quale è stata disposta l’archiviazione,- scrivono gli Ermellini, devono ritenersi non coperti da segreto e non colpiti da un generale divieto di pubblicazione atteso che “l’avvenuta archiviazione del procedimento stralciato, contenente tali atti, ha reso gli stessi pubblicabili, perché la chiusura delle indagini preliminari, avvenuta senza l’esercizio dell’azione penale, fa venir meno il divieto di pubblicazione che, in base al testo dell’art114, comma 3, CPP continua ad operare solo “se si procede con il l dibattimento”.(..) e non è stato adottato alcuno specifico divieto di pubblicazione ”ma .anche, perchè “la tutela del principio costituzionale del giusto processo e del libero convincimento del Giudice non può avvenire per analogia in malam partem”.
In alterativa, il PM potrebbe omettere di inserire, nel procedimento stralciato, per il quale chiede l’archiviazione, gli atti da utilizzare nel dibattimento relativo ad altri indagati o ad altri reati, oppure potrebbe chiedere al Giudice di estendere su questi ultimi il segreto sancito dall’art. 114, quinto comma, CPP.
In definitiva, conclude la Corte, “la possibilità di conciliare i due principi costituzionali della libertà di stampa e del giusto processo, deriva applicando una procedura prevista dalle norme del Codice di Rito, che consente di escludere che la pubblicazione di atti inseriti nel fascicolo di un procedimento per il quale è stata disposta l’archiviazione possa costituire il reato di cui all’art. 684 CP”
Con buona pace anche per i critici della Riforma che non è rivolta ad imbavagliare la Stampa bensì unicamente a tutelare i destinatari della Giustizia in questo Paese nei limiti stabiliti dalla normativa approvata.
In conclusione, come afferma Demartis (v. articolo citato) ”il giornalista, avendo il diritto-dovere di rendere nota la notizia, potrebbe venire indotto a parafrasare il contenuto del provvedimento cautelare facendo leva su alcuni aspetti che possono suscitare, .in tal modo. un maggiore eco mediatico, mentre sarebbe auspicabile che i Giornalisti, in luogo del divieto di pubblicazione del testo, non si avventurino in versioni in prosa dell’ordinanza cautelare irrispettose dei canoni della presunzione di innocenza”, come afferma autorevolmente anche il Prof. Giorgio Spangher (cfr. La “legge bavaglio” :tra luci, ombre e dibattiti, in Altalex 10 Gennaio 2024).
Mario Pavone