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Il flop del concordato fiscale. Rischi per le entrate e l’evasione che resta tale

Un’indagine realizzata da CNA su un campione di 23mila imprese, quelle con i requisiti per l’accesso al Concordato, Preventivo Biennale, CPB, rileva che  il solo 8,14% ha aderito mentre e un altro 8,22% sta valutando. Se, entro il 31 ottobre, data ultima prevista per aderire a questa possibilità prevista dal Governo, anche tutti gli indecisi decidessero positivamente, il totale arriverebbe al 16,36%.

Ci si troverebbe di fronte ad un clamoroso insuccesso del tentativo di incassare una discreta somma da parte dell’Erario e liberare l’Agenzia delle Entrate dall’impegno di eventuali, possibili controlli.

La spiegazione ufficiale è quella che le aziende ritengono di aver avuto poco tempo a disposizione per  fare la scelta, incluso il  ravvedimento previsto che consentirebbe alle imprese di regolarizzare le annualità tra il 2018 e il 2022. Per questo, anche Cna sta chiedendo da tempo la proroga della scadenza al 3o novembre.

E’ evidente che se, ammesso che l’allungamento dei tempi venga consesso, le adesioni resteranno sempre basse e bisognerà riflettere su quali siano i veri motivi dell’insuccesso su cui tanto sperava l’accoppiata governativa Meloni Giorgetti

I contribuenti interessati dal CPB sono circa 2,8 milioni di quelli che applicano gli ISA , Indici Sentiteci di Affidabilità,  e circa 2,1 milioni col regime forfettario. Il gettito previsto dal Governo per il CPB parte da 780 milioni di euro, anche se l’obiettivo più ottimista è quello di raggiungere i due miliardi di euro. Che a questo punto appaiono davvero difficili da recuperare.

Comunque, restano in molti convinti che il vero motivo della mancata adesione sia la scommessa di non finire tra coloro per i quali l’Agenzia delle Entrate potrebbe far scattare controlli e multe. Insomma, se questo sospetto fosse vero, ci sarebbe da dire che la pratica dell’evasione appare a molti sempre la migliore. Soprattutto se manca un vero impegno per contrastarla.

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