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Il “liberalismo inclusivo” e un futuro possibile, dopo la lettura di un libro – Guido Puccio

Ecco un bel libro scritto da due economisti. Michele Salvati ci aveva già abituati da tempo a riflessioni forti sulla realtà politica ed economica e questa volta, insieme ad un altro autore (con il nom de plume di Norberto Dilmore) ci propone un saggio sulla crisi delle democrazie liberali e del capitalismo nei Paesi avanzati: “Liberalismo inclusivo”, Feltrinelli 2021.

L’argomento potrebbe sembrare sin troppo comune ma gli autori lo affrontano partendo da lontano, lo sviluppano con intelligenza e lo rendono intenso e meditato.

Prima il crollo della finanza, con la grande crisi sistemica del 2008-9, poi la pandemia, con le strozzature nelle filiere della produzione, hanno inferto lacerazioni evidenti a quella narrativa neoliberista che sembrava ormai dominante nel mondo occidentale e non solo.

Quasi ciò non bastasse, ci interpellano nuove sfide: i deterioramenti climatici, l’aumento delle disuguaglianze, i rischi di nuove pandemie. Per questo gli autori insistono sulla trama di un nuovo liberalismo che definiscono” inclusivo”.

È finito, e non tornerà, il tempo delle socialdemocrazie che aveva caratterizzato il dopoguerra fino agli anni Settanta, come è finito il neoliberismo del tempo di Reagan e della Thatcher con il mito del superamento delle regole dei mercati. E’ poi sopravvenuta la globalizzazione che alla fine ha accentuato le disuguaglianze nelle stesse società industriali più avanzate.

Non è un caso che gli autori dedichino un ampio capitolo alla complessa relazione tra capitalismo e democrazia come interpretata da Thomas Piketty, l’economista francese che in due ponderosi  lavori esamina proprio l’accentuazione delle ineguaglianze nella società e propone un disegno di “socialismo partecipativo del XXI secolo” senza ombre di compromessi. “Vaste programme” direbbe De Gaulle.

Gli autori intravedono piuttosto il loro liberalismo “inclusivo” che per affermarsi richiede il verificarsi di alcune condizioni.

La prima è quella di stabilizzare il capitalismo regolandolo attraverso un’azione pubblica, non pervasiva ma attenta ad evitare i danni sociali generati dalle disuguaglianze. Altra condizione è un’azione di governo di forze il più possibile omogenee, lontane dai sovranismi e dagli etno-nazionalismi e soprattutto caratterizzata da maggioranze stabili nei Paesi liberal- democratici con consensi tali da resistere a cambi di governo

Il liberalismo inclusivo presuppone quindi alleanze di governo forti  per essere in grado di dare risposte globali a sfide globali, ben sapendo che non è sufficiente un solo Paese pur potente che sia per affrontare da solo il problema delle migrazioni, dei conflitti potenziali tra le nazioni, del clima, delle pandemie.

Ecco quindi l’esigenza di forze politiche vitali e non certo di “cordate di potere influenzate da lobby economiche” o peggio ancora di comitati elettorali dove prevalgono incompetenze e populismi da avanspettacolo.  Ciò che serve, in definitiva è un “recupero di credibilità della politica venuta meno con la fine dei partiti di massa.”

Se è possibile individuare un limite, al pur pregevole lavoro, è quello di avere ricondotto sia storicamente che da un punto di vista ideologico l’intera vicenda analizzata alle sole due presenze nella società: quella socialista e quella liberale, ignorando che la stessa Europa e l’Italia  sono state caratterizzate per almeno mezzo secolo dalla presenza decisiva di forze di ispirazione cattolica decise nella difesa dello Stato democratico, nella ricostruzione del Paese, nelle riforme, e certo non subalterne quanto visione sociale né ai socialisti né ai liberali.

È possibile, si chiedono alla fine gli autori, il liberalismo inclusivo come descritto ampiamente nei capitoli centrali del libro anche in Italia? Alcuni caratteri non sono incoraggianti: poche grandi imprese, giustizia lenta, territori disomogenei, organizzazioni criminali diffuse, conflittualità sindacali. Non è un caso che siamo il solo Paese in Europa che prima della pandemia era in ristagno da vent’anni.

Oggi siamo arrivati a una giuntura critica delicata, sia per la fiducia accordata dall’Europa sia per l’esperimento di un governo ampiamente sostenuto e rappresentato da eccellenze. Ed è questa evenienza che rende attualissimo il libro.

Guido Puccio

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