Dopo un paio di giorni di commenti accesi, a seguito del recente decreto del Ministro Valditara in ordine alla “condotta” scolastica di alunni e studenti, il tema della scuola è tornato nei ranghi di una generale disattenzione.

Urgono altri temi, a cominciare dalla “manovra”, e la politica – non meno la stampa – scontano la pessima attitudine a ragionare sul corto raggio dell’argomento al momento più impellente. Al contrario, sulla scuola e sull’educazione delle giovani generazioni, in questo dannato tempo di “transizioni”, sarebbe necessario aprire un confronto ampio e spassionato. Ancor prima e piu che tra le forze politiche, al livello delle correnti di pensiero, delle culture umanistiche e scientifiche, delle esperienze dei docenti e delle famiglie e, sia pure, delle opinioni e del buon senso comune, che coinvolga tutte le voci del Paese.

Occorrerebbe, insomma, che si continuasse a parlarne e si convocasse idealmente un grande dibattito pubblico su questo tema. Invece, il rischio maggiore è che ogni famiglia concepisca l’educazione dei figli come qualcosa di assolutamente privato, cosicché si tratta di far passare il figliolo indenne nelle maglie del sistema scolastico, qualunque sia, e tutto il resto vada sulla forca.

Lo stesso “decreto Valditara” non dev’essere fatto oggetto né di anatema, né di preconfezionate difese d’ufficio, purché il Governo non creda di aver provveduto a “sistemare” la scuola, imprimendole una svolta e un indirizzo confacente all’idea di “ordine e disciplina” che attiene la cultura della destra e la sua pretesa egemonia culturale.
Nella scuola – come già osservato su queste pagine – ci stanno sia il merito, sia la colpa con le relative sanzioni, purché una mal assortita conduzione di questi due delicati versati, o addirittura una loro pregiudiziale applicazione, non trasformino la scuola in una strumento di “darwinismo sociale”. Cosicché, funzioni non tanto – come dovrebbe essere – quale leva dell’ascensore sociale, bensì diventi strumento di conferma e normalizzazione di gerarchie già storicamente consolidate. Il che finirebbe per spegnere, in un diffuso grigiore, la creatività e le stesse risorse morali e civile delle giovani generazioni, a livello di ogni ceto ed a detrimento anche
dei più alti in grado.

Ogni classe è un mondo e la Scuola, per sua natura, deve essere inclusiva. Questo non significa che se, per un verso,
non può essere ideologicamente egualitaria e tanto meno omologata al livello più basso, per altro verso, non deve escludere e non può rassegnarsi a perdere ragazzi per strada.

Ad ogni classe concorrono studenti che provengono da più ambienti sociali, che provengono da famiglie e da culture diverse; ragazzi che coltivano aspirazioni differenti. E questa articolazione va considerata una ricchezza su cui investire.

In altri termini, che la scuola consideri il merito – e qui non ha torto il Ministro Valditara- è una buona cosa, ma ad una condizione: che tutti i ragazzi d’Italia siano posti nella condizione di puntare a questo risultato di eccellenza. Senza che la cosa, per quanto sia necessariamente alimentata anche da un comprensibile spirito di emulazione, si trasformi in una competizione esasperata che disturbi l’equilibrio e la serenità di adolescenti che, accanto allo studio, hanno anche altri legittimi interessi da coltivare, a cominciare da quelli affettivi.

In secondo luogo, bisogna che il merito sia premio a sé stesso, cosicché i giovani ne sappiano apprezzare il valore morale, evitando assolutamente che diventi uno strumento di privilegio per il più “adatto” a sopravvivere, secondo una legge di “selezione naturale”, nella corsa della vita, interpretata solo in funzione del primato e del successo personale.

È, dunque, necessario che l’attenzione al “merito”, che è giusto riconoscere e premiare, sia accompagnata – e qui non basta investire dal punto di vista finanziario – da una politica che affronti, con la necessaria determinazione, quei nodi che, nel mondo dell’istruzione, sono, prima e piu di altri, presupposto di grave compromissione del pieno titolo di cittadinanza e di pari dignità tra tutti.

Abbandono scolastico, povertà educativa e povertà culturale sono fenomeni che vanno affrontati a viso aperto e combattuti in una guerra senza frontiere.
Ma anche su questo si dovrà tornare.

Domenico Galbiati 

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