L’uomo che agisce – sia il ministro dell’economia, sia l’operaio, sia l’imprenditore – nel violare la morale viola anche le leggi economiche pur facendo atti singoli utili che presentano il carattere di utilità. Il vantaggio personale dello speculatore, del ladro, del corrotto, del mafioso, del profittatore mancando di base morale manca anche di base economica e non favorisce un’autentica economia e un ordinato sviluppo della società. L’economia non può essere veramente umana che nella sua duplice funzione individuale e sociale. L’economia è chiamata ad essere a servizio delle persone e non il contrario e la politica di uno Stato deve regolare e controllare l’economia e non il contrario.
Ogni sana iniziativa economica in vista del bene comune dovrà svilupparsi su due piani: quello etico che trasforma lo spirito e il cuore dell’uomo e quello sociale che modifica la struttura sociale in senso più umano. La concezione antropologia di Sturzo è importante per comprendere il legame fra etica ed economia. L’economia essendo fatta da uomini liberi o è morale o non è neppure economia. L’atto economico non sarà più tale se nella sua attuazione sarà inficiato da azioni immorali come lo sfruttamento della manodopera, il lavoro in nero, l’evasione fiscale, l’abuso delle risorse materiali che inquina l’ambiente umano e naturale Per Sturzo, sulla scorta del pensiero tomista, razionalità ed eticità sono due aspetti del nostro essere. Se l’economia è sociale di propria natura è anche di propria natura etica e razionale. Un regime politico o un sistema economico che non consideri come valore fondamentale, essenziale, l’integrità morale dei suoi protagonisti, prima o poi è destinato a crollare. Nessuna società o comunità o impresa può reggere a lungo al continuo urto dell’irrazionalità e dell’immoralità di chi la guida. Se la politica e l’economia calpestano l’etica, non hanno alcun diritto di chiamarsi “ragione politica” e “ragione economica”. In realtà si tratta di politica e di economia prive di ragione, ossia prive di razionalità, e prima o poi sono destinate a inciampare nella loro irrazionalità e immoralità. I mali della società – diceva con convinzione don Sturzo – si correggono solo se è la ragione morale a condizionare e a guidare la ragione politica e la ragione economica. Entrambe devono servire la società e non servirsi della società.
Per don Luigi Sturzo “la missione del cattolico in ogni attività umana, politica, economica, scientifica, artistica, tecnica, è tutta impregnata di ideali superiori, perché in tutto ci si riflette il divino. Se questo senso del divino manca, tutto si deturpa; la politica diviene mezzo di arricchimento, l’economia arriva al furto e alla truffa, la scienza si applica ai forni di Dachau, la filosofia al materialismo e al marxismo, l’arte decade nel meretricio. Non sembri strano: anche in tali decadenze potrà mostrarsi qualche barlume di verità, qualche sollecitazione alla speranza; qualche soffio di amore; perché l’uomo, anche il più depravato o il più insensibile ai valori spirituali, ha un’anima che può rivelarsi tale se arriva in contatto con un’altra anima, che porta in sé il soffio della verità e dell’amore”. Sturzo molto realisticamente constata che nei rapporti umani né l’economicità né l’eticità sono state mai realizzate completamente né potranno mai esserlo, perché la perfezione non è di questo mondo. In ogni sistema economico vi sono lati buoni e lati negativi che la natura umana comporta. Ciò però non impedisce la valutazione etica e la proposta positiva. Ecco cosa scrisse nel 1958 don Sturzo di ottantasette anni a proposito della moralizzazione della vita pubblica, senza farsi eccessive illusioni ma neanche senza un pessimismo disperato: “Una parola “moralizzare la vita pubblica”. Dove e quando essa è stata mantenuta sulla linea della moralità? Non ieri, non oggi, non da noi, non dai nostri vicini, non dai paesi lontani. Eppure è questa l’aspirazione popolare: giustizia, onestà, mani pulite, equità. In quello stesso articolo alla puntuale e coraggiosa denunzia di atteggiamenti immorali nell’economia e nella politica Don Sturzo fa delle proposte positive. Bisogna ricordare la dura battaglia di don Sturzo tornato dall’esilio dovette combattere contro le tre “malebestie” (lo statalismo, la partitocrazia e lo sperpero del denaro pubblico).
La dura battaglia di don Sturzo contro le tre “malebestie è stata purtroppo perduta, ma la maggioranza degli italiani si augura che in futuro la “guerra” possa essere vinta, attraverso quello che Sturzo definisce un riamo morale delle coscienze. Il rapporto fra economia ed etica è fondamentale ai fini dell’abolizione del diritto di guerra, essendovi un nesso profondo fra un sistema economico e la guerra. Se non cambia tale orientamento non potranno mai eliminarsi i conflitti per cui egli auspica una possibile per quanto lenta trasformazione dell’economia in senso sempre più etico al fine di giungere a realizzare le condizioni psicologiche ed economiche, che rendano attuale l’idea morale di una solidarietà pacifica dei popoli che realizzi un’equa distribuzione delle risorse mondiali, eliminando ogni casus belli. Gli argomenti sturziani riguardo al superamento della concezione di una “guerra giusta” e all’impegno politico per la pace si possono sintetizzare in alcuni punti: la politica è buona solo quando è “retta” ossia si richiama ai valori morali e innanzitutto al rispetto della persona umana; le nazioni devono essere, in alcuni casi, sottoposte a precisi limiti politici da parte di un’organizzazione internazionale che abbia un’autorità morale universalmente riconosciuta. Don Sturzo individua lo strumento principale di una organizzazione internazionale a carattere universale: la Società delle Nazioni nel 1919 e nel 1945 le Nazioni Unite (Onu) finalizzate a eliminare la guerra, ma individua anche i limiti di queste organizzazioni.
mons Michele Pennisi
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