Da ieri, fino al 24 ottobre 2024, è in corso a Kazan, in Russia, il “Brics Summit 2024”, il vertice dell’organizzazione delle cosiddette economie emergenti. Il gruppo, fondato nel 2009, comprende attualmente Brasile, Cina, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia, India, Iran, Russia, Sudafrica e Arabia Saudita. Questi Paesi rappresentano circa 3,4 miliardi di persone e il 37% dell’economia globale. In termini di peso economico, e come al solito prendendo come parametro di riferimento il Pil, parliamo di 9.265 dollari nominali ad abitante contro una media di quelli dei paesi del G7 pari a 47.958 e di quella mondiale di 12.875.
Il punto sta proprio qui: le economie emergenti e le nuove realtà regionali economiche e politiche hanno deciso di impegnarsi per cambiare l’Ordine mondiale e disegnare nuovi equilibri con l’Occidente. Così, quest’anno, sotto la presidenza della Russia, è affrontato soprattutto il tema della creazione di una possibile un’alternativa al Fondo Monetario Internazionale “per contrastare la pressione politica delle nazioni occidentali”. Un processo, in realtà, già avviato nel 2015 con la creazione della New Development Bank al fine di finanziare progetti infrastrutturali e di sviluppo sostenibile per i paesi aderenti Brics e altre economie emergenti.
Il Presidente del Brasile, Luiz Inácio Lula da Silva, avanzerà la proposta di far crescere l’utilizzo delle valute nazionali negli scambi commerciali tra i paesi membri e ridurre progressivamente la dipendenza dal dollaro statunitense.
Il vertice sarà il primo con la partecipazione dei cinque nuovi membri, Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia e Iran.
E’ evidente che i progetti sono ambiziosi e, in parte, riprendono questioni che sono state motivo di scontri e, persino, di guerre come nel caso dell’Iraq di Saddam Hussein e la Libia di Gheddafi a lungo intenzionati a condurre una vera e propria lotta contro l’egenonia del dollaro, in particolare, per quanto riguarda il commercio del petrolio.
Contrariamente a quello che la logica degli occidentali avrebbe portato a ritenere, il conflitto ucraino, in parte anche quello in corso tra Israele e palestinesi, sta rafforzando i legami del resto del mondo attorno a Russia e alla Cina. E per questo, insieme all’organizzazione dei Brics ne sono nate altre, quale la Shanghai Cooperation Organization (SCO), che unisce Cina, Russia e i Paesi dell’Asia centrale, mentre continua l’opera di penetrazione in Africa da parte di Mosca e Pechino.
In un mondo globalizzato è inevitabile che le relazioni internazionali entrino in una nuova fase, con il paradosso, però, di tornare ad una divisione mondiale la quale, più che ideologica, diventa economica e di controllo delle fonti energetiche, delle materie prime e della gestione delle infrastrutture.
Molti analisti riflettono sul fatto che, però, tra i paesi Brics vi sono realtà che perseguono comunque loro specifiche strategie, legate in particolare al fatto che nel corso degli ultimi decenni hanno notevolmente visto accrescere il loro ruolo di potenze regionali, in qualche modo autonome rispetto alle grandi potenze del passato. Come per India e Brasile. E potrebbe esserlo anche nel caso della Turchia che ha presentato domanda di adesione al gruppo dei Brics nonostante la sua appartenenza alla Nato. I turchi hanno giustificato la loro mossa con il continuo diniego dell’Unione europea al loro ingresso nella Ue, questione rimasta insoluta da decenni e decenni.
Le domande che ci si deve porre sono sicuramente due, tra quelle più importanti: lo sviluppo del Brics aiuterà a raggiungere forme nuove di confronto e ad assicurare l’avvio di un processo di superamento delle diseguaglianze mondiali o costituirà un ulteriore elemento destinato a riproporre la creazione di una nuova divisione per blocchi contrapposti? E l’Occidente ha deciso qualcosa al riguardo e di entrare in una nuova dimensione? In particolare, l’Europa si deciderà ad impostare una presenza comune e condivisa o i singoli paesi, in una sorta di ubriacatura nazionalistica, si sveglierà troppo tardi quando i buoi saranno già scappati dalla stalla?