Mi è capitato di chiedere un breve passaggio in auto in una situazione d’emergenza e la prima fermarsi e stata una vecchia Peugeot guidata da un ragazzo del Niger. Nei pochi minuti di ordinaria conversazione, dopo avere appreso che il ragazzo è in Italia da anni, lavora ha la casa e la famiglia, gli ho chiesto del colpo di Stato nel suo Paese. Lontano da giudizi politici si è limitato a rispondermi che” finalmente ci siamo liberati dai francesi”. Il tempo delle colonie è finito da un pezzo, ma la presenza militare ed economica di un paese occidentale rappresenta per un residente anche lontano dalla propria patria un fatto da rimuovere.
“Vi liberate dai francesi, ma alla porta di casa avete russi e cinesi” gli dico. “Non importa, risponde, per noi la presenza di potenze straniere sia occidentali, sia governate da dittature, è la stessa stessa cosa”.
Consideravo che solo noi siamo convinti che l’Occidente sia per definizione il modello per il mondo Intero. Che la libertà e la democrazia siano valori inalienabili per la civile convivenza. Che la competizione sia tra America ed Europa, da una parte, e Russia e Cina, dall’altra. Nel resto del mondo, da quello arabo ai paesi africani e in parte sudamericani, è in atto ormai un tentativo di affrancarsi dai due modelli. Intendono invece governarsi da soli. D’altra parte basta parlare con un tunisino, un indiano o un angolano per capire che la nostra vecchia concezione di “terzo mondo” da attrarre con i nostri modelli è finita.
Ci sono immensi problemi di sviluppo economico, industriale, sanitario, scolastico e tecnologico che ognuno vuole affrontare a proprio modo. Sia quando non necessita di assistenza (come l’India), sia quando invece ne abbia esigenza. Hanno capito che anche le donazioni avevano come contropartita l’accesso alle loro risorse ed oggi vogliono trattare alla pari: magari in cambio di basi militari, di accesso ai porti, di partecipazione al Fondo Monetario Internazionale, dei finanziamenti di grandi opere pubbliche.
Tutto ciò non vuol dire che l’Occidente non sia più tenuto in considerazione e, tantomeno, che sia non considerato tra i possibili modelli, anche se diviso. Ormai sono i fatti che lo mettono alla prova di una ragionevole unità.
C’è un bellissimo studio pubblicato la scorsa settimana dal nostro ISPI (Istituto per gli studi di politica internazionale) del professor Pavel Balzv che evidenzia come le due guerre in corso, in Ucraina e a Gaza, rappresentano un test per l’unità dell’Occidente. Non certo facile, perché l’America ha i suoi problemi interni con la presenza diffusa di sovranismi e il rischio permanente dell’isolazionismo, mentre l’Europa è divisa, non ha struttura politica, non ha una costituzione, una difesa comune, un sistema bancario compiuto, una possibilità di fare leggi, di avere un bilancio e governare come soggetto autorevole.
Nell’imminenza delle elezioni per il nuovo Parlamento europeo il tema centrale dovrebbe essere questo, per isolare i nazionalismi che ritornano e progredire grazie alla sua disunione. È vero, nei disastrosi eventi come la difesa dal Covid e per l’aiuto concreto all’Ucraina, questa unità si è vista. Nel disastro del Medio Oriente non ancora.
Riusciranno le elezioni per il nuovo Parlamento a farlo capire oppure assisteremo ancora a un confronto elettorale dove conterà solo un punto in più o in meno delle forze politiche nazionali?
Guido Puccio