Un carissimo amico di Brescia mi fa osservare che nella nota, recentemente comparsa su queste pagine, relativa alle violente manifestazioni che incendiano Parigi (CLICCA QUI), non ho fatto alcun riferimento a quel versante del conflitto rappresentato dalla differenza religiosa: cristiani (?) da una parte, mussulmani dall’altra. In effetti, si tratta di una questione che non può essere esaurita in poche battute, dal momento che rappresenta – ben più che non il colore della pelle oppure le storie differenti, i differenti costumi, le tradizioni e le diverse culture – il “cuore”, il momento più problematico di quel processo di convergenza e di reciproca assimilazione che sembra spingerci verso una fase nuova della storia dell’ umanità, contrassegnata da una progressiva unificazione. Sostenuta o sospinta dalla pervasività della tecnica che attraversa ogni barriera e penetra ovunque oppure dallo spirito della Storia o piuttosto dalla Provvidenza.

Ciascuno può scegliere una di queste o altre chiavi di lettura, per ognuno quella maggiormente confacente al proprio abito mentale, ma non c’è alcun dubbio che la cornice generale, la categoria interpretativa entro cui – a cominciare ovviamente dalla politica – collocare l’ insieme dei fenomeni che attraversano il nostro tempo e’ rappresentato dalla nostra disponibilità a riconoscere, non astrattamente, ma nella fattualità quotidiana degli eventi, come la famiglia umana sia una ed una sola. Ed, anzi, come questa unità – che nulla ha a che vedere con l’uniformità – sia la sua vera ricchezza ed, in ogni caso, la condizione previa per affrontare il passaggio epocale da cui siamo già investiti.

Può darsi che questa sia una visione trasognata, ma è attendibile almeno quel tanto che basta a porre in luce il vecchiume e la sterilità delle istanze nazional-sovraniste che, osservate da vicino, vanno oltre la “conservazione”, fino ad assumere un carattere “reazionario”, cioè di cieca opposizione e di attivo contrasto ad un decorso della storia che va da tutt’altra parte. Ne consegue che per quanto, come qui da noi, sembrino avere il vento nelle vele, sono destinate a spiaggiare malamente.

Intanto, per tornare ai fatti di Parigi, ci si deve chiedere, in ordine al versante suggerito dall’amico di Brescia, se il conflitto sia effettivamente tra cristiani e mussulmani o piuttosto tra l’indifferentismo religioso che dilaga in Europa e la fede che, a dispetto di tutte le degenerazioni integraliste di cui soffre, ancora anima il mondo islamico. Noi non ne siamo a sufficienza consapevoli. Il nostro giudizio è obnubilato dalla quotidiana, oscura difficoltà di convivere con trasformazioni imponenti che, via via, intridono la vita di tutti e la coscienza di ciascuno. In effetti, viviamo una stagione straordinaria in cui si annodano questioni che, forse mai come oggi, si sono parate, tutte insieme e talmente intrecciate, di fronte all’umanità.

Tocca alla nostra generazione e a quelle che immediatamente seguiranno istruire l’argomento, definirne il perimetro ed il profilo, abbozzare una prima risposta ad una tale congerie di temi, sapendo che tale risposta, con ogni probabilità, segnerà, per un lungo tratto, il futuro del vivere umano. Il nodo cruciale di questo cammino lo affronteremo quando società compiutamente “multireligiose” – di cui oggi vediamo solo i prodromi – affronteranno, non solo sul piano teorico e culturale, bensì fattualmente sociale e politico, la domanda ultima che l’uomo può porsi: se Dio esista o meno e che Volto abbia. Sembra incredibile, eppure siamo avviati su questo cammino. Sapendo che tale domanda è talmente radicale da riverberarsi su chi la pone. E’ la domanda che l’uomo pone, su di sé, a sé stesso, specchiandosi in sé, chiamato ed, insieme, abbandonato a quel processo di “autocomprensione”, cui oggi, in nessun modo, può sfuggire.

Probabilmente, di questo passo, gli europei arriveranno a questo appuntamento del tutto disarmati e perfino immemori del fatto che tali domande abbiano senso e possano e debbano essere poste. A quel punto sì – altro che i barconi dei migranti – la nostra millenaria e gloriosa civiltà si sarebbe giocata, smarrendola, la sua ultima chance sulla roulette della storia.

Domenico Galbiati

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