Molti hanno chiamato il Governo Draghi, un Governo “nordista” ed in verità non si può dare loro torto, se lo si valuta “contabilmente”: la prevalenza di ministri e sottosegretari del centro-nord è schiacciante ed anche, piuttosto, inopportuna. Se poi consideriamo che questo Governo dovrà essere quello della “Ripresa e Resilienza” dell’Italia dopo la crisi pandemica e che il ministro dello Sviluppo Economico è il leghista Giorgetti: c’è da preoccuparsi. Tuttavia la valutazione va fatta sui fatti ed atti del Governo e l’azione equilibratrice del suo Presidente.
È indiscutibile che l’Italia uscirà dalla crisi pandemica con una doppia complessità del suo quadro economico: uno squasso, che sarà espressione della crisi globale, simmetrica a tutti i Paesi industrializzati ed un altro, asimmetrico, tutto interno al nostro Paese, espressione del divario Nord e Sud.
La crisi simmetrica sarà devastante in una Italia, che ha un cronico problema, da più di due decenni, di un’economia, che cresce meno di quelle degli altri paesi, per la stagnazione della produttività. La pandemia ha colpito la nostra economia ancora fortemente perché già indebolita dalle due recessioni: nel 2019 il PIL italiano era ancora di quasi 4 punti percentuali inferiore al livello del 2007, diversamente dagli altri paesi principali dell’Unione Europea, che si trovarono in una posizione di molto migliore nel 2019.
A questo si aggiunge il divario territoriale Nord–Sud. Nelle regioni del Sud vive un terzo della popolazione, ma vi si produce solo un quarto del PIL. Il tasso di occupazione è di oltre 20 punti inferiore a quello delle regioni del Centro-Nord. Il PIL pro-capite del Meridione è pari a circa il 55% di quello medio relativo alle regioni del Centro-Nord; da circa 40 anni, dall’inizio degli anni ’80, il processo di convergenza si è arrestato.
Questa è la situazione che è trasversale alle tre forti criticità della Società italiana: la territoriale, generazionale e di genere, perché la divergenza Nord-Sud non è solo territoriale, ma riguarda, altrettanto drammaticamente, i giovani e le donne del Sud e delle Isole.
L’audizione al Parlamento, di qualche giorno fa, del Ministro per il Mezzogiorno, Mara Carfagna, è stato un lungo snocciolamento di dati e percentuali riguardanti i fondi europei, che saranno dedicati a ristorare l’economia, lo sviluppo e l’inclusività del Sud.
Si è parlato del 34% delle risorse del Recovery Plan per il Sud, ma in realtà tra opere ferroviarie, sistemi stradali e aeroportuali il Sud intercetta il 50% degli investimenti, con punte dell’84% per la manutenzione stradale, ha riferito l’on. Carfagna.
Ancora viene riferito che entro il 2029 andranno spesi gli oltre 80 miliardi previsti per i programmi europei per la coesione 2021-2027, mentre la programmazione dei 73 miliardi del fondo per lo sviluppo e la coesione (nella formula 80 sud, 20 resto del paese), si estenderà fino al 2032.
Per il Meridione, questo significa circa 100 miliardi di risorse disponibili su un orizzonte temporale di pochi anni, al di là del Piano nazionale per il Recovery Fund. Sembrerebbe una panacea e la soluzione di gran parte dei mali che affliggono il Sud e le Isole dell’Italia.
Tuttavia, alla luce della storia recente e lontana, pur infiammando gli animi va affrontato tutto ciò con onestà mentale e con vigilanza inedita sul Governo attuale che dovrà gestire l’incipt, di questa manovra epocale. È qui che il Governo (di tutta l’Italia) dovrà mostrare la sua forza morale e con essa l’equilibrio di chi lo presiede.
Vi deve essere un cambiamento di visione strategica dello sviluppo economico dell’Italia nei prossimi decenni, che parta innanzitutto dall’opinione delle menti libere ed illuminate degli Italiani del Nord.
Va compreso, o fatto comprendere, senza codardia che la crisi di crescita dell’Italia accomuna, se pur a velocità diverse, ma con chiara ed univoca direzione involutiva, tutto il Paese da Nord a Sud. Va segnalato che è un grave pericolo l’illusoria tentazione, da parte degli industriali del Nord, di perseguire un “proprio” separato percorso di ripresa dello sviluppo e di una “restaurazione” dello status quo ante, caratterizzato da un solo polo trasformativo al Nord ed da un mercato assorbente al Sud. Il motore padano si è inceppato da tempo, e si incepperà ancor più in futuro, e non potrà essere salvato dal paladino leghista posto a guardia del Ministero dello Sviluppo economico con strategie miopi.
La prospettiva di affiancare il motore trasformativo del Nord con un secondo motore logistico che punta sul protagonismo del Sud può rimettere in moto l’Italia tutta. Questa inversione di mentalità, prima ancora che di strategia, è del tutto realistica, lo dimostrano gli studi al riguardo e tale da creare centinaia di migliaia di nuovi posti di lavoro proprio in quelle aree che l’ Unione ha da decenni chiaramente individuato come le più problematiche e nelle quali la politica di coesione degli 40 anni, modesta e magra, ha realizzato poco per la persistenza e l’ aggravarsi del disagio sociale, delle disuguaglianze con i relativi impatti demografici ed ambientali.
Su questo il Partito INSIEME porta proposte e rimarrà vigile non solo affinché le promesse dei fondi della ministra Carfagna vengano mantenute, ma che questi vengano erogati e spesi al Sud e per il Sud a beneficio dell’intera nazione per una intelligente politica di coesione nazionale.
È su questo che il prof. Mario Draghi si dovrà misurare.
AlfonsoBarbarisi