Tanto tuonò che piovve. Dopo aver a lungo dibattuto sul disegno di legge sul premierato, ho maturato delle idee malsane che intendo esplicitare.
La chiamata in causa dei cittadini per l’elezione diretta del Premier ha dalla sua una sua attrattiva, se non un vero e proprio fascino. Per la prima volta la scelta del Presidente del Consiglio passerebbe da una consultazione popolare, anziché essere affidata alla maggioranza in Parlamento. Variazione non irrilevante che può contare su un indiscutibile appeal.
Presentarsi ai cittadini per dire loro che finalmente avranno la facoltà di decidere chi governerà il Paese, è senz’altro un’arma di seduzione di massa. Essendo una novità, almeno agli inizi l’elezione, c’è da pensare che possa attirare una buona partecipazione e legittimare la scelta, dando ragione ai proponenti. Sotto questo aspetto la cosa potrebbe funzionare e dimostrare che non c’è nulla di immodificabile, nemmeno la Costituzione. Senza dubbio l’idea è stata ben pensata e confezionata, anche se così non sembra, almeno in apparenza.
I rilievi riguardano le condizioni di sostituzione, in caso di indisponibilità del Premier, prevendo che possa subentrare il leader del secondo partito di maggioranza o un semplice parlamentare, espressione della stessa. Per garantire però la stabilità di governo, che sarebbe la ragione primaria della proposta di legge, serve poter contare su una maggioranza solida, inattaccabile per l’intera legislatura. Quindi alla coalizione vincente, anche se con numeri scarsi, dal momento che non è prevista una soglia minima, si riconosce il 55% dei seggi nelle due camere. L’opposizione verrebbe così sterilizzata e messa in naftalina per tutto il mandato. Il Presidente della Repubblica, di fatto subordinato al Premier, forte della sua investitura popolare, sarebbe ridotto a poco più di una comparsa, con poteri del tutto limitati.
Dopo essermi più volte raccontato questa storia e, sfuggendomi sempre qualcosa, mi sono chiesto quale sia il vero obiettivo della legge e ho fatto le mie congetture.
La legge sul Premierato dettata dalla necessità di garantire stabilità alla compagine governativa, disciplina le modalità di elezione del Presidente del Consiglio e i meccanismi per assegnare la maggioranza che gli garantisca la permanenza a Palazzo Chigi. Le due cose sono legate e certo non poteva essere diversamente. Per assicurare la necessaria stabilità al governo, il meccanismo prevede l’assegnazione di un premio di maggioranza alla coalizione vincente, al cui confronto la “legge truffa” del 1953, di demoscristiana memoria, impallidisce. Allora mi sono posto l’interrogativo, chiedendomi se dietro l’elezione diretta del Premier, non si nasconda il tentativo di aggirare la modifica della legge elettorale, ricorrendo a un espediente normativo congruo al disegno di legge che si cerca di varare. Se così fosse, il Premierato non sarebbe il fine, ma il mezzo attraverso cui blindare il Parlamento, con una maggioranza bulgara, essendo state esautorate le opposizioni.
In questo modo, ci si può comodamente alternare alla guida del Governo, con tanti saluti all’investitura popolare, conservando comunque la maggioranza, che mi sembra sempre più, il vero obiettivo della legge. Illazioni: chissà, forse.
Adalberto Notarpietro