E’ a tutti evidente come il gas- a prescindere dalle questioni ambientali – non sia ritenuto, nemmeno in Europa – un bene primario e come tale le tensioni speculative sul prezzo non possono essere affrontate nemmeno in situazione emergenziale con l’idea di un prezzo amministrato che tolga al “libero mercato” la libertà e il potere di trovare autonomamente i propri equilibri: se poi questo non avviene rapidamente o mette in grave crisi persone, famiglie, aziende con tutte le conseguenze del caso….pazienza. Ci pensino gli Stati, se hanno soldi da mettere in campo, altrimenti …” vinca il migliore”: in fondo è la legge del potere e del mercato: vince il più forte, meglio se anche furbo.
In un mondo globalmente interconnesso, le fonti energetiche sono in realtà “bene primari”: senza energia elettrica intere nazioni precipiterebbero in un “armageddon” tutt’altro che virtuale. E anche scaldare le case, in un mondo non rurale, che non ha altre alternative, più che un obiettivo di mercato, è una necessità di base.
E’ risaputo che anche l’acqua è oggetto di contese di mercato e che, al pari delle fonti energetiche, è usata per guerre di potere anche tra le nazioni (a cominciare dal vicino oriente…): ci è probabilmente più spontanea la riprovazione verso chi nega l’acqua perché sappiamo bene che senza acqua il nostro corpo non sopravvivrebbe, ma l’allungamento della età di vita è legata principalmente alla disponibilità di cibo&acqua, a condizioni abitative che sappiano offrire riparo dalle condizioni climatiche esterne, a condizioni igieniche adeguate.
Fin dove è lecito che l’ansia di guadagno e di potere si spinga – a livello individuale e sociale – nel determinare la sopravvivenza di milioni di persone? E’ una domanda a cui non c’è risposta, probabilmente.
Mentre con infinite fatiche e numerosissimi insuccessi, si è ritenuto giusto tentare di arginare il potere assoluto dei singoli stati (democratici e no) sia verso gli altri stati che anche – con ancor minor forza- verso i propri cittadini, inventando organizzazioni sovranazionali che cercano di dare una minima cornice di contenimento all’arbitrio che spesso accompagna che detiene il potere, non c’è uguale contezza e consapevolezza rispetto al contenimento dello strapotere ingordo dei mercati: anzi, sono numerose “le vestali” che rendono difficile solo il parlarne.
La salute è un bene primario? Essere un bene primario non significa affatto essere sganciati da tutte le regole economiche che da sempre l’uomo cerca di darsi per organizzare il suo vivere. Il “bene primario” ha però la caratteristica di dover essere salvaguardato anche adeguando le “regole economiche” che pure funzionano bene in altri settori, affinché siano funzionali alla salvaguardia del godimento del bene primario e non viceversa. Impresa complicatissima: ma l’uomo e l’umanità hanno saputo affrontare sfide difficilissime in molte epoche storiche e anche con meno risorse delle attuali.
Il punto di partenza è nel rispondere alla seguente domanda: il Mercato e le sue leggi sono DIO? Sono l’assoluto che domina tutto il vivere?
Se la risposta è sì, credo che continuare a denunciare le tante ingiustizie, sia inutile e forse anche ipocrita: siamo nel pieno del mondo di Hobbes, dell’Homo Hominis lupus, dove anche la guerra è una dimensione naturale e inevitabile (e quindi basta mettersi sempre dalla parte del più forte e del vincitore). Se la risposta è no, o almeno è di dubbio che forse il Mercato non è DIO, dobbiamo cercare strumenti nuovi per rendere possibili modelli differenti che diano risposte capaci di andare oltre Hobbes.
Il mondo della salute è sempre stato interconnesso con il “mercato” (Esculapio e Mercurio condividevano molte cose, caduceo compreso…): né potrebbe essere altrimenti. Dove mettiamo il limite alle logiche del mercato?
Sta facendo scandalo, giustamente, il fenomeno dei medici gettonisti nei Pronto Soccorsi di molti ospedali, con rimborsi stratosferici: se il Pronto Soccorso è un servizio fondamentale a tutela di un bene primario all’interno di un sistema aziendale che deve garantire il servizio, ma simultaneamente anche soggiacere ai vincoli economici e di organici non superabili, è la legge della domanda e dell’offerta a prevalere: e nella logica di mercato – meglio se sregolato – il costo delle cooperative che garantiscono anche turni altrimenti scoperti, è comunque inferiore ai necessari investimenti immediati e futuri
Non diversamente e già da molti anni, in alcuni servizi sanitari (privati) i contratti di lavoro sono legati al volume di ricavi prodotto dai professionisti. Anche negli ospedali “pubblici” il valore del DRG (ossia del teorico prezzo di rimborso del ricovero) è strettamente controllato dai responsabili anche medici: il volume prodotto è un indicatore dii performance prezioso per i premi aziendali. La logica è molto simile, anche se le metriche e le conseguenze possono essere molto diverse.
Il mondo della tecnologia applicata alla medicina ha fatto passi enormi, non solo per l’intelligenza dei ricercatori, ma anche perché si è creato un business mondiale: non ci sono solo le ben note “Big Pharm”, anche nel mondo dei presidi e degli elettromedicali ci sono industrie fiorenti e già siamo entrati nel business della telemedicina dove colossi planetari stanno acquisendo posizioni di assoluto predominio.
Senza mercato non ci sarebbe stata la crescita tecnologica che abbiamo avuto: indubitabile.
Nel mondo della salute la domanda è molto asimmetrica: come può essere regolata?
Il “tutto a tutti” è un ottimo principio: ma cosa è “salute” e cosa serve per mantenerla? È un mondo molto eterogeneo e complesso: si passa dagli integratori alimentari ai farmaci monoclonali, dalle siringhe al cuore artificiale, dal dosaggio del colesterolo al sequenziamento genico, dall’ecg ai dispositivi 5G.
Il sistema sanitario va sicuramente regolato perché anche in questo campo le risorse non sono e non possono essere infinite: è l’azienda con le sue regole il modello che può regolarlo virtuosamente?
Azienda non vuol dire solo competenza organizzativa: o meglio l’organizzazione aziendale è strumento del business
Le esperienze degli ultimi anni non sono decisamente convincenti: il sistema non è stato in grado di limitare i profitti di chi –anche legittimamente – usa il bisogno di salute per fare business, ha introdotto un modello di governance che non ha affatto tenuto lontano l’invadenza della cosiddetta “politica” (del resto se una “azienda” deve rispettare alcune vincoli economici, ma non può fallire o chiudere, chi se non il “sottobosco politico” può imperare?), ha sdoganato l’idea che far mercato con la salute è cosa legittima (il privato in sanità), ha di fatto “reso schizofrenici” gli operatori del settore divisi tra una missione umanitaria e le leggi del budget ( e così la missione si fa “gettone di presenza” o incentivi a volume economico prodotto), ha incentivato il ricorso al mercato anche da parte dei cittadini (non solo “out of pocket” ma anche richiesta compulsiva di beni e servizi), ha convinto tutti che il problema è il malaffare .
E’ vero: viviamo più a lungo, sappiamo curare malattie una volta incurabili e abbiamo imparato a controllare malattie terribili garantendo una lunga sopravvivenza in convivenza con le nostre malattie.
Per essere sbrigativamente sintetici e cinici: abbiamo aumentato il numero delle persone fragili che necessitano di aiuto e supporto sempre più specialistico e per lungo tempo.
E adesso, come lo garantiamo? E – a breve diventerà attuale anche in Italia– a chi? E’ il Mercato, bellezza….
Massimo Molteni