“Al cuore della democrazia”, tema centrale della recente Settimana Sociale, c’è la partecipazione attiva dei cittadini alla vita politica ed istituzionale della comunità cui si appartiene.

Il caso, si fa per dire, o meglio una coincidenza che nasce da un sentire democratico evidentemente condiviso, offre, fin da subito, ai cattolici reduci da Trieste ed alle comunità che lì hanno rappresentato, l’occasione e l’ opportunità di mettere alla prova dei fatti la loro reale preoccupazione per le sorti della nostra affannata e dolente democrazia.
Sono o no interessati ad attraversare il Rubicone del cosiddetto “pre-politico” per concorrere – e si tratterebbe, finalmente, di un’assunzione di responsabilità prettamente “politica” – alla raccolta delle firme necessarie per promuovere un referendum popolare che consenta di cancellare le più gravi storture della legge elettorale vigente, il Rosatellum?

Il momento-principe della partecipazione è, infatti, l’esercizio del diritto-dovere di voto, attraverso cui il popolo afferma la sovranità che la Costituzione gli riconosce e solennemente gli conferma. Sovranità che costituisce parte rilevante del “bene comune”, il quale rappresenta la costante preoccupazione ed il punto di repere fondamentale per i cattolici.

Senonché, la sovranità, per quanto appartenga al popolo, non è un bene scontato. Ce ne rendiamo conto, in modo particolare nel nostro Paese, grazie al dilagante fenomeno dell’astensionismo che, per quante concause abbia, sicuramente trova la sua motivazione di fondo nella diffusa consapevolezza che, in un contesto politico come il nostro, i giochi sono già fatti o si fanno dentro la cinta daziaria di un sistema blindato, impermeabile ed autoreferenziale, dalla cui stretta gli elettori non possono ritrarsi se non, appunto, disertando le urne.

Questa dolorosa frattura tra cittadini ed istituzioni democratiche è , in buona misura, pur non escludendo altre cause, attribuibile alle leggi elettorali maggioritarie che, ormai da trent’anni, di fatto sequestrano la facoltà degli italiani di eleggere i loro parlamentari, trasferendola agli apparati di partito.

Ora c’è l’occasione di cambiare e di orientarci verso un sistema elettorale che restituiscano l’ Italia agli italiani.
In nome del “bene comune”, c’è da augurarsi che i cattolici non perdano l’ occasione di riaffermare la loro antica e consolidata cultura politica liberale, democratica e popolare.

Domenico Galbiati

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