Qualche giorno fa, ci ha lasciato Giorgio Kutufà, noto esponente politico che da Livorno ha seguito e guidato la politica locale, regionale e nazionale.
Si era formato nell’Azione cattolica, con cui ha sempre mantenuto un rapporto di fedeltà e condivisione. Iniziò presto la carriera politica nella Democrazia cristiana, cui ha creduto fortemente, anche dopo la sua fine. Fu consigliere comunale a Livorno per tre mandati, nelle fila dell’opposizione; poi, sempre all’opposizione, divenne consigliere regionale per due mandati. Fu Ciriaco De Mita a favorire il ricambio della rappresentanza democristiana livornese a Firenze, e non casualmente. Kutufà era infatti sempre stato vicino alle posizioni della sinistra di base, avendo come riferimenti ideali Aldo Moro, Benigno Zaccagnini, Maria Eletta Martini. Con quest’ultima, in particolare, aveva un rapporto stretto di amicizia, che sempre ha rivendicato con orgoglio.
Dopo l’esperienza dell’Ulivo (fu tra i fondatori di “Toscana Democratica”, la coalizione ulivista toscana), partecipò alla costituzione prima del Partito popolare e poi della Margherita, sostenendo il suo “allievo” livornese Lorenzo Mannelli, attualmente Capo di Gabinetto del Presidente del Parlamento europeo.
Terminato il mandato in Regione, continuò a fare politica, da cui non si è mai staccato, neppure negli ultimi giorni di vita. Nel 2004 fu eletto Presidente della Provincia di Livorno, a capo di una coalizione di centrosinistra; dopo cinque anni fu rieletto nell’incarico, confermando l’ampio consenso di cui godeva all’interno degli schieramenti politici e anche tra la gente.
Kutufà è stato un appassionato della politica, e si è dimostrato fedele nell’intero arco della sua vita all’ideale di un impegno a servizio del prossimo secondo gli ideali del cattolicesimo democratico. Ha costantemente rivendicato con orgoglio il ruolo storico della Democrazia cristiana e l’apporto che i cattolici dovevano offrire alla vita culturale e politica della società italiana. Soffrì profondamente la fine di quell’esperienza storica, successivamente alla quale non ha mai mostrato incertezze sulla necessità di proseguire l’impegno politico nel centro-sinistra. Dai suoi interventi emergeva con chiarezza quanto i valori che ne avevano animato la testimonianza in politica non fossero compatibili con la deriva su cui si era incamminata la destra nel nostro Paese.
Anche negli ultimi anni ha mantenuto fede a quei principi: personalmente l’ho incontrato per l’ultima volta qualche settimana fa, ad un incontro organizzato dalla Diocesi con Stefano Zamagni per parlare del rinnovato impegno unitario dei cattolici nella vita politica italiana. Pur malato da tempo, non poteva mancare a quell’appuntamento, cui ha offerto un contributo come sempre vivace e appassionato: quasi vedendo confermate le sue idee, non scalfite dagli eventi della storia.
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in un telegramma inviato alla famiglia, ha sottolineato il “sincero rapporto di stima e amicizia” che lo legava a Giorgio, ricordandone altresì “l’appassionato impegno politico e la generosa esemplare opera svolta nelle istituzioni”.
Un suo amico di vecchia data, Luano Fattorini, che con lui condivise gli anni della formazione nell’Azione cattolica, lo ha ricordato come “un credente che ha vissuto la sua fede con certezza e serenità, senza condizionarla a niente e senza condizionare alcuno”.
Anch’io, nel mio piccolo, lo ricordo con affetto, gratitudine e commozione, anche per le tante sollecitazioni che mi ha rivolto per un impegno politico diretto. So di non avergli mai dato soddisfazione in questo, ma credo che lui comprendesse le mie scelte, magari non condividendole, consapevole che tante sono le strade nelle quali dare testimonianza della verità del Vangelo nella società di oggi.
Emanuele Rossi