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Il ruolo delle associazioni delle vittime di reato sul territorio – di Mario Pavone

ll Consiglio d’Europa, con la Decisione Quadro del 15 marzo 2001 relativa alla “posizione della vittima nel procedimento penale”, auspicava che tra gli stati membri si arrivasse a una omogeneità delle disposizioni legislative e regolamentari , in modo tale da offrire uguale sostegno, protezione e tutela alle vittime della criminalità, indipendentemente dallo Stato di residenza.

E’ opportuno ricordare che sin dal 2000 il Parlamento Europeo aveva istituito, nell’ambito del Programma Generale “Diritti fondamentali e Giustizia”, un Programma di azione comunitaria (DAPHNE) per prevenire e combattere la violenza contro i bambini, i giovani e le donne e per proteggere le vittime e gruppi a rischio.

L’Italia non ha risposto in maniera esauriente alle disposizioni sancite a livello europeo nella Decisione Quadro del 2001 e non ha colmato le gravi lacune che da anni la distanziano da molte realtà del nostro continente dove,al contrario,alle vittime di reato viene offerta una molteplicità di servizi a supporto e sostegno, nell’ottica della tutela delle vittime effettive e di lavoro preventivo sulle vittime potenziali.

E’ di palmare evidenza come nel nostro Paese, ogni giorno e in ogni città, è in costante aumento un numero elevato di persone che subiscono un reato o che ne sono testimoni.

Ogni reato produce sempre un danno, non solo fisico ed evidente, ma spesso con profondo risvolto psicologico,un lato quindi più nascosto, difficile da esporre da parte della vittima e da capire da parte di chi accoglie e ascolta.

Le tipologie di reati sono estremamente diversificate e necessitano di risposte su più livelli,che possono andare dall’intervento pratico (ad esempio la riparazione o sostituzione dell’infisso danneggiato nel corso di una rapina) al supporto giuridico fino a quello più delicato di tipo medico e psicologico nel caso di un abuso o violenza sessuale..

Occorre,altresì,un costante monitoraggio del territorio per scongiurare il ripetersi di gravi episodi delittuosi  oltre ad un’attività di prevenzione in ambito familiare e sociale.

Al fine di meglio articolare sul Territorio nazionale un’efficace tutela della vittime, è stata prevista dalla UE con la Direttiva m.29 del 2012 la realizzazione di una Rete di sportelli per le vittime di reati, che, in collaborazione con le attività di tutte le Istituzioni, possa fornire un’adeguata assistenza e informazione alle vittime, ivi comprese le richieste di elargizioni a carico del Fondo previsto per gli indennizzi.

L’entrata in vigore del Decreto Legislativo 212 del 2015 e la successiva Riforma della Giustizia hanno, invero, segnato certamente un importante passo avanti nel sistema di tutele poste dall’ordinamento processuale in favore della vittima di reato e, nel contempo, ha costituito l’occasione per un generale riordino della materia.

L’innovazione necessita, tuttavia, di essere accompagnata sia da una attenta attività di formazione di tutti gli operatori, a partire da quelli della Polizia Giudiziaria, sulle tematiche introdotte, sia  l’avvio di rete capillare rete di servizi extraprocessuali, di carattere assistenziale, che dovrà coinvolgere l’intero territorio nazionale.

Va sottolineato, sul punto, che la “Carta dei diritti della vittima”, sin dal 2015,impone,in base all’art. 90-bis, lett p), c.p.p. che la vittima, oltre a quelle processuali, riceva informazioni sulle strutture sanitarie presenti sul territorio, le case famiglia, i centri antiviolenza, le case rifugio e soprattutto su una Rete efficace di Sportelli di ascolto a cui rivolgersi per un’assistenza in grado di sopperire con una Equipe qualificata alle carenze attuali del sistema..

Va pure sottolineato, sull’argomento, che la Commissione Europea ha auspicato la creazione di una linea telefonica di emergenza  o di una rete di linee di emergenza, per unire i diversi servizi di assistenza per le vittime, disponibile in tutte le lingue europee, iniziativa che non ha avuto alcuna attuazione in Italia.

Attualmente, appare del tutto carente l’accessibilità agli attuali servizi, vincolati alla denuncia della vittima; mentre gli obblighi informativi spesso non vengono assolti con conseguente proliferazione di episodi di vittimizzazione secondaria,

Sussistono, poi, numerosi problemi di ordine pratico: la reperibilità degli operatori, l’organizzazione capillare su tutto il territorio dei servizi, la necessità di creare numeri unici, sempre attivi e raggiungibili ma, soprattutto, i tempi decisionali troppo lunghi.

Sta di fatto che il Governo, contrariamente a quanto disposto dalla Direttiva Europea, non ha ritenuto, neppure con la recente riforma, di avviare uno “sportello delle vittime” neppure presso i Tribunali (??),poiché tale innovazione non è apparsa fattibile “non essendo  imposta dalla Direttiva e che, peraltro, richiede, una necessaria sinergia fra diverse amministrazioni, con conseguente impegno economico”,

In conseguenza, per realizzare tale progetto, in futuro, occorrerà avviare una riflessione congiunta tra lo Stato e le regioni, funzionalmente coinvolte in materia, ma con l’ormai indifferibile urgenza di provvedere .

In proposito, va ricordato che ogni reato richiede una tipologia di supporto e  spesso ad un singolo reato corrispondono e sono necessari diversi supporti che vanno ad intersecarsi tra di loro.

Gli interventi di supporto e le figure predisposte a interagire con le vittime, a seconda della loro specificità e tipologia di reato sofferto, possono essere classificati in come segue:

SUPPORTO PSICOLOGICO

La figura preposta a dare supporto è in questo caso lo Psicologo che, attraverso un percorso di ascolto del vissuto traumatico della vittima, accompagna e sostiene la persona fino alla elaborazione dell’evento e al ritrovare una condizione di equilibrio e serenità.

SUPPORTO SANITARIO

Occorre fornire uno specifico supporto di Medici Legali Pediatri, Psichiatri,che forniscano la necessaria assistenza alla vittima di violenze fisiche e di lesioni,a volte anche perma nenti,subite dalla vittima del reato.

SUPPORTO LEGALE

Gli Sportelli sono destinati anche a fornire anche un’Assistenza legale alle Vittime affinché possano ricevere un aiuto per difendersi nei confronti dell’autore del reato anche per richiedere i danni fisici e morali ,con l’intento di assicurare alla vittima ed ai suoi familari, spesso impossibilitati,una difesa legale efficace dei propri interessi lesi.

SUPPORTO CRIMINOLOGICO

Lo Sportello deve comprendere anche un supporto criminologico  a servizio delle Istituzioni presenti sul territorio con il compito di svolgere una compiuta analisi della situazione territoriale per tutti gli episodi di violenza e quant’altro necessiti per le istituzioni nazionali e locali e le forze dell’ordine per garantire una sicurezza effettiva e scongiurare il ripetersi di tali episodi, anche attraverso un’azine preventiva e campagne di sensibilizzazione in ambito scolastico e pubblico.

Spesso le vittime non si rivolgono direttamente agli operatori della sicurezza come Carabinieri, Polizia, Ospedali, Medici poiché, nonostante la loro professionalità, non sempre possiedono le competenze necessarie per poter accogliere la vittima nel modo corretto senza il rischio di vittimizzarla ulteriormente e dare origine ad una “vittimizzazione secondaria”, come da più parti rilevato.

Accade, quindi, che la vittima eviti di rivolgersi a tali operatori per sfiducia nella Giustizia o per tema di conseguenze gravi nel denunciare i fatti di cui sono rimaste vittime ovvero per vergogna nel denunciare le violenze subite, finendo così per isolarsi nella propria abitazione privandosi di ogni assistenza, con gravi conseguenze sullo stato di salute e psicologiche.

In questo contesto risulta, quindi, molto importante formare una nuova classe di Operatori che, a seguito di una specifica formazione, possano svolgere il loro lavoro fornendo alle vittime del reato un primo supporto che risulta fondamentale lungo tutto il percorso successivo da seguire, se applicato con la giusta sensibilità e metodologia.

Accogliere e ascoltare è una questione di capacità di osservazione, valutazione e coscienza del tutto personale ed è proprio per questa ragione che è necessario che il personale preposto sia costituito da elementi ben formati,che sappiano mettersi a disposizione delle vittime per contenere il più possibile una situazione di disagio.

Merita di essere sottolineato  che il recepimento della Direttiva  nella Riforma ha consentito l’ingresso nel processo dalle Associazioni che si occupano dei diritti delle vittime di reati violenti e degli operatori del diritto preposti all’assistenza delle stesse..

Alcuni anni fa, l’allora Ministro della Giustizia Orlando, posto di fronte al problema di sopperire alla mancata apertura degli Sportelli di Assistenza, ebbe ad affermare :«Siamo uno strano Paese dove tutti citano i diritti delle vittime, a proposito e qualche volta a sproposito, ma poi nessuno fa nulla di concreto.  È’ un tema spesso evocato, mai risolto. Eppure il problema di una assistenza extragiudiziale per le vittime, che sia informativa o psicologica, esiste”.

Come innanzi ricordato, la Direttiva europea del 2012  ha imposto agli stati membri di attivare un sistema di protezione per le vittime di tutti i reati così da garantire una assistenza integrata che sia emotiva, psicologica, economica, medica, legale, linguistica.

È’ una rivoluzione culturale, quella che l’Europa ha chiesto all’Italia a cui occorre uniformarsi senza perdere altro tempo..

Secondo Orlando, «Per costruire un servizio nazionale di assistenza alle vittime di reato va superato l’approccio limitato alle prerogative processuali della “persona offesa” quale titolare di diritti, per arrivare a una più evoluta concezione della vittima quale portatrice di bisogni, occorre procedere quanto prima il monitoraggio delle esperienze similari in Italia ed, in tale direzione, avviare un percorso di sensibilizzazione delle Associazioni che operano già sul territorio per l’assistenza alle Vittime coinvolgendole nel progetto, anche attingendo dalle esperienze già svolte dalle stesse e dalle buone pratiche poste in essere” e, prosegue, «Lo spazio per una sinergia tra pubblico, privato e l’Associazionismo c’è”, senza escludere la possibilità di un finanziamento pubblico del servizio integrato di assistenza svolto dalle Associazioni su base volontaristica  che, in base al Censimento effettuato dal Ministero, sono oltre mille, ciascuna con una sua peculiarità ma comunque tutte utili e radicate sul Territorio di appartenenza ovvero su quello nazionale, avvalendosi di una propria rete ed operatori specializzati.

Occorre, dunque, intervenire rapidamente sul tema vasto e complesso della paura del crimine nella nostra società, una paura, troppo spesso, diffusa ed alimentata dai mezzi di comunicazione di massa, evitando processi mediatici che non fanno che aumentare nella gente la preoccupazione ed i timori nella vita quotidiana.,

Le risposte dei Governanti alla crescente domanda di Giustizia devono tenere conto delle opinioni, dei sentimenti, delle valutazioni che la “gente comune” nutre sui temi della criminalità, della giustizia penale e delle scelte di politica criminale degli ultimi decenni e di cui le Vittime di reato ne costituiscono l’ineluttabile quanto doloroso prodotto.

In un’epoca storica come la nostra, caratterizzata da profondi cambiamenti comunicativo – relazionali, dove le dinamiche della paura giocano un ruolo assoluta mente determinante e dove lo scollamento tra dati “reali” e dati “comunicati” rischia di divenire incolmabile, l’azione di supporto demandata alle Associazioni può, per davvero, aspirare a divenire un “banco di prova” per la tutela e l’assistenza delle vittime del reato e rivolto ad orientare le scelte future del legislatore sul piano normativo.

Non va dimenticato che le Regioni hanno istituito, quasi tutte, un Garante Regionale per le vittime mentre manca ancora quello Nazionale, da più parti invocato come tramite tra le associazioni e le istituzioni.

Sarebbe utile anche avviare la costituzione di un FORUM, liberamente eletto, ove le associazioni possano confrontarsi sulle tematiche comuni ed unificare i servizi da rendere alle vittime.

Per concludere, va detto che i diritti delle vittime sono stati rafforzati con innesti (quasi sempre) coerenti con quella prospettiva protezionistica avanzata dall’Europa ma occorre andare oltre con interventi ancora più specifici e fattuali sia nel Procedimento penale, sia sul territorio.

Mario Pavone

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