Il Presidente russo Vladimir Putin ha fatto una sua ricostruzione storica dei rapporti tra Russia e Ucraina che è sicuramente di comodo per giustificare il preteso diritto russo di tornare a quella che fu la sfera d’influenza dell’Unione sovietica nel cuore dell’Europa orientale.
Quanto quella ricostruzione sia di comodo lo dimostra l’atteggiamento degli ucraini che vogliono rimanere tali e non certamente tornare a fare parte dell’impero a suo tempo governato da Mosca. Come c’ha ricordato recentemente il prof. Sacco (CLICCA QUI), ci sono persino differenze d’ordine religioso tra le due popolazioni. Molto altro ci sarebbe da dire sulla politica dell’impero degli zar, poi, pari pari riproposta dall’Unione sovietica.
Ma non è la disquisizione storica ad essere oggi importante. Del resto, la Storia è spesso interpretata a seconda delle convenienze. Il riconoscimento delle due repubbliche separatiste della parte orientale dell’Ucraina, e l’ingresso in esse delle truppe di Mosca, che cosa significano se non utilizzare i risultati della continua “russificazione” di quelle repubbliche operata dal Partito comunista sovietico, che non interessò solamente l’Ucraina, concepita come deterrente contro ogni eventuale sentimento autonomista che potesse eventualmente prendere piede nell’immenso impero governato da Mosca?
Quindi, la sostanza cui dobbiamo guardare è l’interpretazione che si dà del concetto della sovranità nazionale. In particolare. Si torna all’Abc di quei sentimenti che animarono gran parte del ‘900 e che, sia pure, in maniera distorta, hanno caratterizzato gli ultimi anni anche del dibattito interno all’Unione europea. Cosa vuole dire il rispetto di un’etnia, del carattere specifico di un popolo, di un paese e di una nazione? Soprattutto quando, al contrario, la violazione di una sovranità coincide con il fare strame di tante norme su cui si basa il diritto internazionale e il rispetto delle integrità territoriali riconosciute dalle Nazioni Unite?
Ci si sarebbe aspettato sentire saltare su i nostri sovranisti a favore dell’Ucraina. E invece Salvini tace. E con lui i Pillon, i Rinaldi, i Bagnai, i Borghi. Certo, alla Padania, ma non solo a loro, fa paura la prospettiva di un’Italia senza il gas russo. Ma questo silenzio è grave perché, come ci diceva ieri Dellai (CLICCA QUI), l’Ucraina non è in grado di decidere i propri destini perché la “potenza” vicina lo considera appartenente alla sua pretesa “sfera di influenza”.
A proposito del senatore Bagnai, c’è da ricordare un suo tweet del 2015, quando era ancora fresca l’annessione russa della Crimea: “In Ucraina si sta ripetendo la tragedia jugoslava. Perché devo finanziare un governo nazista?” Oh…”. Già la diceva lunga su come ha sempre battuto il cuore ai leghisti, giunti persino ad organizzare il gemellaggio del loro movimento giovanile con quello del partito di Putin.
Non ci piacciono i gruppi paramilitari neonazisti che operano in Ucraina. La politica del Governo di Kiev non è scevra da responsabilità, ma questo non significa che, quando viene il momento della scelta per i principi democratici, e quelli che, in maniera sana, rappresentano le aspirazioni di un popolo, per di più sulla base di autentici fenomeni di caratterizzazione, anche storica, dei propri connotati, ci si possa strumentalmente, ed anche vigliaccamente, limitare al silenzio. Questo silenzio resti nella memoria di tutti quelli che per convenienza già stavano fantasticando una Lega ammessa nel Ppe.
C’è da ricordare agli amici italiani di Putin che, se la guerra scoppiasse nel cuore dell’Europa, anche i nostri paesi finirebbero inevitabilmente in prima linea. E allora bisognerebbe davvero capire se ci sono forze che offrono smagliature in grado di consentire a Putin di destabilizzarci e, cioè, di fare, di fatto, la guerra anche a noi.
Nessuno vuole la guerra che, alla fine, finirà per danneggiare per primo il popolo russo. Crediamo fermamente nell’art. 11 della nostra Costituzione e contiamo sul fatto che l’Italia contribuisca a far ritrovare a tutti la strada della ragionevolezza. Ma forse il conflitto si eviterà solamente se ferma sarà la posizione a difesa dei principi universali di democrazia e di libertà da garantire a tutti, Russia compresa.