Il vescovo emerito di Prato, monsignor Gastone Simoni, fa un duplice intervento su Avvenire per partecipare al dibattito in corso sull’impegno pubblico dei cattolici. Egli coglie in modo esemplare l’aspirazione di tanti noi a partecipare a viso aperto alla vita collettiva ed indica i primi possibili passi per esercitare la più alta forma di carità cristiana, quella sul piano sociale e politico.
A noi di Convergenza Cristiana 3.0 fa piacere leggere parole sagge su cui dovremmo cominciare tutti a riflettere: persone singole e partecipanti a quella miriade di gruppi ed associazioni che costituiscono, oggi, il frastagliato mondo della presenza dei cattolici italiani, senza che esso abbia validi punti di riferimento e sia capace di dispiegare adeguate iniziative sotto il profilo politico ed istituzionale .
Le parole di monsignor Simoni ci pongono di fronte ad una prospettiva articolata e fattiva. Certo, parla un pastore il quale ben sa come tocchi principalmente a dei laici impegnati l’onere di portare a concretezza nell’azione pubblica la Dottrina sociale della Chiesa.
Per l’importanza del contributo in questione, pur rimandando alla lettura completa dei testi, è assolutamente necessario ricordare i passaggi cruciali dei due articoli del vescovo emerito.
mons Gastone Simoni
Nel primo suo articolo, di venerdì 8 settembre ( CLICCA QUI ), monsignor Simoni si rivolge a quanti “ liquidano il problema politico sentito dalla coscienza cristiana relegandolo alla sfera della mera coscienza individuale o alla sola questione dell’onestà o della disonestà delle persone” e sostiene di non vedere “ quali vantaggi al miglioramento della società abbia portato e possa portare quest’idea individualista così poco cattolica”.
Per poi aggiungere: “La secolarizzazione dell’attività politica non ha certo impedito la presenza di personalità e di vicende di valore; ma non è cresciuto il valore delle idee e della testimonianza di tantissimi cristiani ai vertici e nella base della società. Non è stata impedita né la degenerazione della politica, né l’onda dell’antipolitica. Non è stata favorita la nascita di qualcosa di nuovo capace di dare speranza”.
E’ chiaro il riferimento alle gravi carenze, o alla dicotomia, emersa tra i fini annunciati ed i risultati ottenuti da tutti coloro, persone e gruppi organizzati, che negli ultimi 23 anni hanno dato vita alla cosiddetta “ diaspora” dei cattolici italiani in politica, il cui unico sbocco concreto è stato quello dell’irrilevanza.
Il prelato giudica “interessante, e rivelatore”, il dibattito in corso perché indica la “ ricerca di qualcosa di nuovo più soddisfacente per la coscienza cristiana e più in linea con la dottrina sociale della Chiesa”, prima di aggiungere: “ È un fatto positivo tutto ciò, perché non ci si limita ad avvertire la diffusa insoddisfazione nei confronti dell’offerta politica data dai partiti e dagli schieramenti politici d’oggi e dai loro dibattiti, anzi delle loro permanenti diatribe. Non è positivo, invece, il fatto che la varietà e molteplicità delle aspirazioni e delle iniziative in corso non riesca a trovare la strada di una sintesi e di un collegamento che coaguli gli sforzi e le idee e diventi ‘un insieme’ significativo e incisivo”.
Nel suo secondo intervento sull’Avvenire ( CLICCA QUI ), monsignor Simoni precisa che non pensa ad un “partito cattolico”, bensì ad “un partito di vera ispirazione cristiana”, in grado di porsi ” coraggiosamente nel cuore della società, e sia composto da persone e gruppi di varia provenienza – anche di provenienza democristiana e popolare – capaci di stare insieme intorno a un programma comune seriamente identitario (ma non settario) e veramente aderente alla concretezza dei problemi attuali”.
Monsignor Simoni indica, poi, le caratteristiche che deve contraddistinguere un “ partito di ispirazione cristiana” : “ irriducibile al liberalismo e al liberismo, pur essendo decisamente democratico in politica e in economia, così come al socialismo di vario colore pur essendo fortemente sociale”.
L’invito del vescovo emerito di Prato è quello di “ cambiare registro mentale nella cattolicità italiana ed europea aiutando le nostre società a uscire dalla dittatura dei condizionamenti secolaristici e del “pensiero debole”, dalla eccessiva crisi della verità etico– sociale e dalla paralisi che ne deriva”.
Monsignor Simoni, sgombra ancora una volta, il campo dal rischio di pensare ad un “partito cattolico”, invece che “ di cattolici”, quando conclude: “ Non bisogna pretendere di “esserci tutti”. Va lasciata la libertà di pensare in maniera diversa e – ci mancherebbe! – di militare in modo differente. In questo momento, anzi, è bene che restino dove sono quanti non vedono chiaro in quanto stiamo dicendo e svolgono intanto una parte preziosa così come possono, da veri cristiani. Ma quanti sono convinti che “qualcosa di nuovo” sul piano politico può e deve nascere, non devono aspettare oltre. Certo, ci vorrebbero almeno un po’ di incoraggiamento dai pastori della Chiesa che, senza sostituirsi ai laici, non si nascondano neppure dietro l’ovvio concetto che la politica, appunto, è cosa dei laici. Credo che sarebbe un grande atto di carità nei confronti dei cristiani di base – cioè dei tanti e tanti fedeli magari meno maturi, ma di fondo onesto e buono – i quali alle varie tornate elettorali non sanno cosa fare perché non vedono un soggetto politico davvero credibile del tutto, se fosse offerta a loro almeno una possibilità in più, con l’avvento di “qualcosa di nuovo”.
Detto con il linguaggio di vescovo, rispettoso dell’autonomia di chi scende nell’agone politico, io vedo in questo messaggio l’auspicio che si possa andare anche verso la creazione di un autentico “ quarto” polo, in grado di raccogliere i cattolici di buona volontà e con la capacità di aprire il loro impegno ad altri uomini di buona volontà, indipendentemente dalla provenienza, purché interessati al “bene comune”.
Gli scritti di monsignor Simoni giungono in un momento cruciale del dibattito in corso che ci riguarda. Abbiamo segnalato nei giorni scorsi le prese di posizione di altri autorevoli pastori, a partire dal Presidente della Cei, Cardinal Bassetti ( CLICCA QUI ).
Stiamo pure registrando interventi provenienti da quei rappresentanti laici del mondo cattolico già impegnati in partiti presenti in Parlamento o in quelle associazioni che aspirano ad entrare in una dimensione più marcatamente politica.
Molto di ciò merita riflessione e un impegno dialettico, con la speranza di costruire se non un percorso comune, almeno la possibilità di un dialogo ed una eventuale collaborazione su quanto, comunque, ci unisce.
E’ di fine agosto l’intervento dell’on. Ernesto Preziosi, sempre su Avvenire, sulla necessità che i cattolici segnino una “ presenza più incisiva”. L’on. Preziosi è parlamentare del Pd ed auspica che quel partito diventi “ più attento e più ospitale verso le istanze culturali e politiche dei cattolici, valorizzandone la presenza”. Si tratterebbe dell’unica strada percorribile perché, a suo avviso, la “ società secolarizzata” rende “ irrilevante” la prospettiva di un partito “identitario”. Una visione che potremmo definire “ riduzionista” e marginale… come del resto è apparsa quella dei parlamentari cattolici nel Pd.
A me sembra doveroso, così, cogliere quella che potrebbe apparire come una non secondaria contraddizione tra l’auspicio dell’accoglimento delle ” istanze culturali e politiche dei cattolici” da parte del Pd e, poi, il negare a quelle stesse istanze un’importanza tale da giustificare l’impegno diretto ed organico da parte di chi ritiene necessario porle sul tavolo della discussione in maniera forte e determinata.
Successivamente, sempre su Avvenire, è intervenuto l’on. Lorenzo Dellai, capogruppo alla Camera di Democrazia solidale, gruppo che raccoglie amici parlamentari d’ispirazione cristiana i quali, dopo la fine dell’esperienza Monti, hanno dato vita a un’organizzazione alleata del Pd, ma da esso distinta.
on Lorenzo Dellai
La proposta che Dellai avanza al Pd è quella di dare vita ad un “ cantiere” cui partecipino pure i cattolici e nel quale- scrive l’ex Presidente della Provincia di Trento- “ nessuno debba sentirsi spogliato della propria autonomia”. Si tratterebbe, dunque, di andare oltre il semplice auspicio che il Pd accolga talune istanze e vedere, invece, riconosciuta la partecipazione ad un vero e proprio “ patto democratico” per porre le basi di una “ nuova stagione” per la quale “ potrebbe essere significativo il contributo del cattolicesimo democratico e del popolarismo”.
In poche parole, l’on. Dellai, ripensando anche all’esperienza dell’Ulivo, chiede che il rapporto con il Pd vada oltre l’allargamento delle liste “ a questa o quella personalità, “ fagocitando identità e culture politiche” e superando l’autosufficienza su cui si è arroccato il partito di Matteo Renzi.
Infine, l’on. Dellai ricorda la “ vivacità nuova” che nei territori sta interessando i tanti gruppi che si richiamano ai valori ed alle ispirazioni cristiane e sostiene la necessità di “ ricostruire una presenza organizzata e visibile della nostra cultura politica a prescindere dalle scelte contingenti”.
Non è possibile, però, a questo punto evitare di parlare di questo possibile interlocutore e dimenticare cosa il Pd, pure pieno di importanti figure che si rifanno alla tradizione cattolica, a partire da Matteo Renzi, ha significato in questi ultimi anni in relazione alle prospettive che quei valori avrebbero dovuto aiutare a perseguire.
A parte la legge cosiddetta Cirinnà, ma anche una miriade di provvedimenti adottati, magari localmente, nel silenzio generale, come ci ricorda anche Monsignor Toso ( CLICCA QUI ), ci troviamo di fronte al partito che ha segnato l’asservimento totale del Paese alla struttura finanziaria e bancaria responsabile del dramma economico e sociale in cui vive una sempre più larga fetta della popolazione italiana. E’ il partito che non ha arginato affatto l’allargamento della forbice tra i ricchi ed i poveri. Che non ha fatto proprio niente di significativo e duraturo per contenere la disoccupazione giovanile e favorire un autentico sviluppo del lavoro. Devo continuare? In questo contesto, non mi sembra che il Pd possa, salvo clamorosi ripensamenti, meritare ad oggi alcun credito da parte di grandi settori del mondo cattolico italiano.
Dall’altro lato, esiste una realtà che guarda con interesse ai tentativi di riorganizzazione la destra e il Centro destra. Una riorganizzazione ancora non chiara e all’interno della quale non mancano continue frizioni tra le istanze più estreme, rappresentate dalla Lega di Matteo Salvini, e quelle più sfumate che indicano in Silvio Berlusconi la possibilità di una rivincita. Al di là di richiami generici al Partito popolare europeo, non sono ancora chiari quali loro interventi programmatici possano suscitare l’attenzione dei cattolici.
La porta verso questo mondo di destra – centro destra, secondo alcuni nostri amici, è rappresentata dalla possibilità di raccogliersi attorno alla proposta di Stefano Parisi e, in tal senso, si è tenuto un convegno prima delle vacanze conclusosi, però, con un’immediata spaccatura. Da un lato, quanti erano davvero convinti, in assoluta buona fede, di partecipare alla ripresa di un movimento autonomo dei cattolici e altri, invece, altrettanto in buona fede, convinti che un mero accordo elettoralistico, con l’ottenimento di una manciata di parlamentari, possa portare a risultati tangibili e concreti.
Stefano Parisi
Peccato, però, che Parisi, a quel che riporta almeno la stampa, non si limiti a guardare solamente agli ambienti cattolici, ma si muova in un ambito ( CLICCA QUI ) molto ampio. Troppo ampio per quelli che, come noi di Convergenza Cristiana 3.0, aspirano ad un rinnovamento autentico, profondo e cristallino in grado di far sentire completamente a loro agio i cattolici interessati all’impegno pubblico.
Noi di Convergenza Cristiana 3.0, così, rafforzati nei nostri intenti anche dalle riflessioni di Monsignor Simoni, in aggiunta a quelle del Cardinal Bassetti, dei vescovi Galantino, Toso, Negri e Seccia, siamo convinti che l’impegno, non elettoralistico, ma di prospettiva, debba andare verso la creazione di un’entità nuova volta a superare la condizione di irrilevanza e che, in spirito di ascolto e di servizio, definisca una serie di proposte e programmi utili all’intera collettività.
L’obiettivo non è quello di dar vita a un’organizzazione partitica qualunque, bensì ad un contenitore politico capace di pensare ad una crescita destinata a non riguardare solamente la dimensione materiale delle persone e delle famiglie. Si deve partire dai problemi dei valori condivisi posti alla base della società, ripensando anche la Scuola e la formazione.
Si tratta di cominciare a costruire un nuovo programma economico per superare la crisi e rimettere in moto il Paese ( CLICCA QUA ), individuare un diverso equilibrio tra i poteri dello Stato, il rilancio in maniera valida della Giustizia e dell’autonomia amministrativa. Prospettare una nuova partecipazione al progetto europeo e porre le basi per la riassunzione di una nuova presenza italiana nel Mediterraneo e nel vicino Oriente.
Altrimenti, continueremo a discutere di convergenze astratte tra gruppi e gruppuscoli, impegnati al limite del salottiero, mentre la realtà concreta dei tempi che ci è dato di vivere indica una precarietà in costante aumento, una desolata società polverizzata e senza punti di riferimenti esistenziali validi.
Giancarlo Infante