I termini ideologici della questione che scuote l’Europa da quando è esplosa  la tragedia del coronavirus hanno assunto piena chiarezza alla fine della seconda settimana di marzo quando,  dapprima un autorevole esperto tecnico del governo britannico, poi l’arrogante presidente francese hanno fatto trapelare la linea che i loro governi intendono seguire. Si tratta, in entrambi i casi, di una linea finalizzata alla “difesa della razza”.

È diventato infatti  ufficiale che, per gli  altezzosi governanti di queste due ex-grandi potenze, la risposta alla minaccia coronavirus non va impostata  negli stessi termini dell’alternativa cui si trovano di fronte ai debolissimi personaggi che governano oggi l’Italia.  Non si tratterebbe, infatti, – come si crede a Roma – di scegliere tra, da un lato, dare risposta agli scienziati e a quelli che sono in prima linea nella lotta contro il morbo, e che chiedono l’immediata e totale chiusura di ogni attività per rallentare la progressione del contagio e, dall’altro lato, le pressioni – cui Conte appare particolarmente sensibile – di patrons e bottegai perché si vada avanti con business as usual. No! A Londra ed a Parigi prevalgono un approccio diverso e un altro orientamento, fondato sul concetto  della selezione naturale e della sopravvivenza del più forte.

Il punto di partenza di questo approccio alla minaccia coronavirus sta nell’incontrovertibile verità che le specie viventi si sono evolute, e sono diventate fisicamente più resistenti alle malattie, nel corso di milioni di anni attraverso stragi immense, e a partire dalla  riproduzione dei pochi sopravvissuti che, per quello che Shakespeare chiamerebbe un “neo della natura” erano stati in grado di resistere all’ultima sciagura. E da questo punto di partenza deriva logicamente che, se il 60 o il 70% della popolazione inglese o francese sarà contagiato dal virus, dalla conseguente ed inevitabile strage nascerà un “futuro radiosamente bello” in cui un uomo nuovo,  o più precisamente un “francese nuovo” (o un “nuovo britannico”) ormai dotato degli anticorpi generati dal passaggio attraverso il morbo, abiterà in sicurezza un continente probabilmente assai meno popolato di quanto esso non sia oggi.

Non si tratta di un approccio e di un disegno privo di logica né privo di fondamento,  né mancherà qualche intellettuale per scrivere: “coronavirus grande igiene del mondo”. Si tratta solo di un approccio che qualche ingenuo credeva ideologicamente e moralmente superato dopo la sconfitta, o il fallimento, delle ideologie assassine che hanno dominato nel ventesimo secolo. E di un approccio per il quale non a caso – sprezzantemente superando le ipocrisie linguistiche francesi – l’esperto del governo britannico, usa il nome di “immunità di gregge”. Perché appunto di questo si tratta, all’Eliseo come a Downing Street. Si tratta di governare un gregge, e di proteggerne la vita e la conseguente possibilità di mungerne il latte; non di preservare un gran numero gli esseri umani minacciati, di esseri pensanti e creativi, dotati ciascuno di essi  della capacità di soffrire e di amare, di coltivare  l’attaccamento affettivo,  morale e  culturale alle generazioni precedenti, e decisi a trasmetterlo alle generazioni che verranno.

“Preparatevi a perdere i vostri cari”,  ha annunciato sbrigativamente il Premier ai sudditi  britannici,  mentre i Francesi ironizzavano sulla pizza tricolore al virus, e il loro agente a Francoforte starnazzava che lo spread non era affar suo. E questo mentre in Italia medici e infermieri coraggiosamente e spontaneamente mettevano a rischio la propria vita per curare uno e ciascuno degli esseri umani infettati dal virus; e mentre il governo italiano si dibatteva in balia di spinte differenti. Fino a quando la popolazione  non si è infine spaventata a sufficienza da chiudersi in casa.

Il tutto in maniera caotica e spontaneista, ovviamente: cioè all’italiana. Ma senza che nessuno, a maggior onore del popolo italiano,  abbia mai pensato in termini di “gregge”, né si sia comportato da tale.  E senza che nessuno,  a maggior gloria del nostro buon senso, sia mai stato ispirato dal cinico proposito di far uscire il popolo italiano da  questa prova, sacrificando senza nessuno scrupolo i propri cari”, ma dotato di una immunità in più rispetto a quelle accumulate soprattutto nel corso della preistoria. Senza che a nessuno sia saltato in mente il selvaggio  e barbarico obiettivo del  “miglioramento della razza”.

Giuseppe Sacco

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