Alcuni uomini della Guardia di Finanza e della Capitaneria di porto finiranno per vedersi addebitate le principali responsabilità per la strage di Cutro.

La responsabilità politica non è sempre processabile in un tribunale. E, così, una delle più brutte vicende del mancato soccorso in mare ai migranti sarà fatta pagare solo a quelli che stavano alla fine di una lunga catena di comando.

È giusto che chi sbaglia paghi. Ma non solo quelli che si trovano con il cerino in mano.

Abbiamo memoria abbastanza per ricordare quello che Sciascia avrebbe definito il “contesto” anche nel caso di quel naufragio. Ricordiamo bene il clima creato prima, durante e dopo le elezioni del 2022 in materia d’immigrazione. Ricordiamo bene il rimpallo di responsabilità scatenato subito dopo il naufragio di Cutro. E come capimmo subito che una parte delle responsabilità erano da ritrovare pure in un’alea di incertezze e di insicurezze fatte insinuare lungo tutta la catena di comando dei soccorsi.

La coda di paglia dei neo governanti portò alla “passerella” di Cutro su cui non furono, però, fatti salire i poveri sopravvissuti. A loro ci si pensò solamente in un secondo momento. Con qualcuno, veramente autorevole, che chiedeva perché una madre avesse il coraggio di affrontare il mare a rischio della vita della propria figlia o del proprio figlio.

Domanda del tutto retorica che, però, può indirettamente aiutare a capire lo sfondo su cui deve collocarsi la mancanza di un efficace aiuto in quel caso. Come per altri, tanto numerosi, che non ebbero, non hanno, e non avranno, la forza di calamitare l’attenzione pubblica e della politica.

Speriamo almeno che il proseguo giudiziario di quel dramma vada oltre l’esame delle responsabilità di coloro oggi inquisiti e che, forse, non dovrebbero essere i soli a rispondere della tragedia definita “dei bambini” per l’alto numero dei minori inghiottito dal mare ad un passo dalla tanto agognata salvezza.

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