Facili profeti tutti quelli che già si aspettavano le danza sul “Titanic” all’apertura di ieri delle urne. Del resto, già altre volte abbiamo ascoltato le grida di vittoria di chi, magari, prese il 40% … del 40%. Da anni si scrivono fiumi di parole sulla distanza tra il “paese reale” e quello “legale”. Un processo preoccupante di cui l’astensionismo è solo la dimostrazione più sintetica ed efficace.
Anche ieri, ma continueranno a farlo, se la sono cantata e suonata come se niente fosse accaduto. L’importante è “alzare la coppa” sul campo da calcetto a cinque invece che in uno stadio da centomila spettatori. Come se non contasse davvero niente che in Lombardia e nel Lazio non è andato al voto il 60% degli aventi diritto. E ancora non sappiamo quante siano le schede bianche e nulle.
E’ davvero deprimente vedere la classe politica, che siano i vincitori (ma chi quelli che hanno preso il 25% o il 20% effettivo?) o gli sconfitti (i quali non possono che incolpare solamente loro stessi ed anche il fatto che quando avevano in mano la maggioranza del Parlamento non siano intervenuti per modificare le oscene leggi che regolano la nostra vita politica e i sistemi elettorali) parlare come rappresentassero davvero gli italiani.
Ma sono gli italiani, a partire da quelli che non votano, ad essere i primi responsabili di un sistema che di democrazia sostanziale e di partecipato non ha proprio più niente.
Sarebbe davvero necessario che, riprendendo il vecchio detto “ci saranno dei giudici a Berlino”, ci si organizzasse per andare di fronte alla Corte di Giustizia dei Diritti dell’uomo per reclamare, dai giudici di Strasburgo, per vedere se almeno là ci potesse essere restituita la democrazia e, con essa, una classe politica che non se la cantasse e se la suonasse da sola. Certo è che è diventato stucchevole continuare a parlare del male profondo in cui siamo piombati.