La Conferenza Tematica di INSIEME, organizzata oggi a Roma, rappresenta una pietra miliare lungo il percorso che il partito “nuovo”, d’ispirazione cristiana, – dopo la presentazione del Manifesto del 30 novembre 2019 (CLICCA QUI), l’Assemblea fondativa del 3-4 ottobre 2020 e il primo congresso nazionale dello scorso 3-4 luglio – fa verso le scadenze elettorali del prossimo anno.
Molti ritenevano che un simile progetto fosse del tutto velleitario, se non pretestuoso, e, dunque, necessariamente destinato a dissolversi nel nulla. Altri temendo, al contrario, che così non fosse, facevano o fanno tuttora voti perché, invece, succeda. Sarà nostra cura, sempre nella misura di ciò che è umanamente possibile, smentirli. Per parte nostra, abbiamo sempre guardato – e tuttora guardiamo – al nostro progetto con quel mix di dedizione e di disincanto che permette di affrontare con la necessaria oggettività, e la consapevolezza dei suoi limiti, un impegno che mai abbiamo considerato un’avventura più o memo azzardata, ma piuttosto un’impresa che, per quanto difficile e per nulla scontata, merita, anzi sia doveroso mettere in campo.
Oggi la Conferenza è importante perché consente alcune verifiche e la messa a punto della “macchina” operativa, soprattutto in vista dei presumibili impegni elettorali verso cui ci si incammina. Consente, anzitutto, di verificare se la motivazione originaria, l’intuizione da cui è nato il progetto di INSIEME possa essere ritenuta ancora attuale e pertinente. A fronte, con la pandemia e la guerra che Putin muove contro le libere istituzioni della democrazia ucraina, di un processo storico che esige una ridefinizione di vasta portata degli equilibri internazionali, in un clima di “allerta”, di reciproca diffidenza e di crescente sospetto. In fondo, quel concetto radicale di “trasformazione” di cui parliamo da tanto tempo, quella avvertita domanda di nuove categorie interpretative del momento storico che vadano oltre il classico e tradizionale, ormai insufficiente “riformismo” si sta dimostrando calzante in ben altra dimensione.
Quel che è certo è che abbiamo bisogno di un più di “politica”. Cioè dell’impegno, attorno alla cosa pubblica ed al bene comune, di tanti uomini liberi e forti, dediti ad una responsabilità civile e ad una testimonianza di quei valori originari e fondativi di libertà e giustizia sociale, dei quali – purché siano vissuti, non proclamati, ma interiorizzati, fino a rappresentare il costume di una intera collettività – la “fraternità’” rappresenta una derivata necessaria. Insomma, quello che per noi è la “politica”. Ben altro che non le tecnicalità, pur necessarie, per la “governance” di sistemi sociali complessi.
E’ da superare l’illusione, per la verità un po’ pacchiana, che ci si debba affidare alla fredda algebra degli algoritmi, ad una “disciplina da caserma” sovraordinata alla libera determinazione degli uomini e allo spontaneo accadere degli eventi, ricadendo ancora una volta nella tagliola ideologica del ritenere che la storia si possa risolvere nelle forme deterministiche di una “meccanica” necessaria ed esaustiva.
Abbiamo ancora bisogno di una politica “popolare”, coinvolgente, partecipata, piuttosto che algida e tecnocratica.
Vuol dire che l’ispirazione cristiana ed il richiamo alla tradizione del pensiero politico dei cattolici-democratici sono tutt’altro che vestigia di un passato polveroso, quanto piuttosto un fattore di perenne vitalità da mettere a frutto anche oggi.
Una seconda verifica riguarda la dimensione “programmatica” che si è inteso dare al partito, attraverso almeno tre fasi di lavoro, che vanno dai tredici gruppi tematici costituiti nell’ambito di “Politica Insieme”, i quali, in pieno lock-down, hanno impegnato almeno duecento amici in un percorso di analisi e prime proposte approdate all’Assemblea dell’ottobre 2020, cui ha fatto seguito il lavoro dei dipartimenti in due distinte stagioni, prima e dopo il congresso.
I documenti di sintesi e le proposte di “petizione parlamentare” che vengono presentati nella Conferenza di oggi, rappresentano il primo stadio di questo impegno paziente ed oscuro; se vogliamo lento, ma necessariamente lento e ponderato.
D’ altra parte, scontiamo una contraddizione di non poco conto. Se in altri momenti, in una società più povera, ma più semplice, più stratificata, lo stesso “partito di programma” di sturziana memoria si otteneva spiegando le vele al vento della storia, oggi si tratta, al contrario, di navigare contro vento, di impegnare le migliori risorse della nostra cultura politica per risalire la china di una cultura diffusa che veleggia in senso contrario.
Un terzo profilo da verificare è quello relativo all’idea di partito. Quindi, all’assunzione personale e diretta di una responsabilità che va ben oltre l’irenico impegno pre-politico – cui ci siamo rifatti, ai suoi profili strutturali e di metodo, alle modalità con cui li abbiamo fin qui interpretati. Costruire una forma di presenza politica organizzata ed organica, partendo – tranne l’idea forte da cui prende le mosse – dal nulla, senza strutture, senza risorse economiche che non siano se non le quote di adesione degli amici, lavorando sostanzialmente sempre da remoto, da oltre due anni a questa parte, non è stato facile.
Senonché, il partito dà segnali incoraggiati di vitalità come dimostra il radicamento territoriale nelle Regioni testimoniato dalla costituzione degli organi locali e soprattutto la presenza di tanti giovani che, pur nella sua dimensione contenuta, fa di INSIEME uno dei partiti più giovani, come si evince, del resto, anche sul piano della qualità, dai lavori del Laboratorio di Formazione Politica, coordinato dall’amico Giorgio Rivolta.
Eppure, hanno ragione gli amici che sostengono che si sarebbe potuto fare di più, fare meglio e più in fretta, soprattutto sul piano della comunicazione.
Del resto, sempre nella vita e, dunque, anche nella politica, pure laddove di toccasse il tetto dell’eccellenza – e non è certo neppure lontanamente, molto lontanamente, il nostro caso – si può fare di più. Senonché, in una forza politica ciò che fa premio non è tanto la quantità vera o presunta del lavoro fatto, in particolare sul piano della comunicazione, quanto la coerenza delle posizioni che si assumono e, soprattutto, la “consistenza”, cioè il fatto che non vi siano contraddizioni che, attraverso una dichiarazione, ne annullino un’altra.
Come spesso succede quando la brama incontenibile della visibilità, confonde la comunicazione con il fatto di buttarla lì, magari fuori tempo e fuori luogo, per il gusto di comparire qua e la su qualche giornale. La comunicazione, beninteso, è fondamentale, purché si sappia che il nerbo è rappresentato dalla qualità e dall’appropriatezza dei contenuti che si intendono segnalare. Soprattutto, in un partito che vive ancora il suo stato nascente è importante soprattutto la comunicazione interna, quel flusso di reciproca conoscenza, di riflessione comune che faccia del partito un luogo di pensiero condiviso. Peraltro, incontrarsi e discutere sempre da remoto è, per certi aspetti, comodo, ma, nel contempo, virtuale, ma non virtuoso. Ma su questo torneremo.
Si tratta di un argomento su cui riflettere a fondo, in ordine ai limiti, ma anche alle potenzialità della politica on-line.
Considerazione conclusiva, ma non ultima, la Conferenza Tematica è anche l’occasione per ringraziare Eleonora, Maurizio e Giancarlo, gli amici del Coordinamento Nazionale cui abbiamo affidato la fatica di vivere e sperimentare, anche per noi, le dimensioni che di INSIEME fanno un partito che ha davvero l’ambizione di essere “nuovo”: la concezione anti-leaderistica ed, anzi, collegiale della sua conduzione e la sua struttura non piramidale di vecchia concezione, ma piuttosto a rete, costruita non sul “collateralismo” all’antica maniera, bensì su un rapporto paritario e di relazione biunivoca con gli attori sociali e civili, culturalmente affini e disponibili, nell’autonomia di ciascuno, ad un impegno condiviso.
Domenico Galbiati