Giustizia, coesione sociale e mondo del Lavoro (CLICCA QUI). Cosa significa questo ulteriore contributo che Insieme ha elaborato e che costituisce una valida piattaforma di approfondimento e di confronto su un tema cruciale per un Paese come l’Italia, costretta com’è, finalmente, a porsi il problema della sua piena trasformazione?
In ballo vi è la capacità di mettersi nella condizione di competere nel mondo e, al tempo stesso, di ritornare a riscoprire i valori propri della Persona. Quelli che parlano di dignità del Lavoro, di tutela dell’ambiente e di coesione sociale. Una coesione, è questo il senso più profondo del lavoro di Insieme coordinato da Roberto Pertile, tesa non solo alle necessità dell’immediato, bensì in grado di prefigurare un cambio di paradigma culturale, economico e sociale adeguato al mutare delle cose del mondo, degli equilibri economici, dal rispetto dei nuovi standard ambientali e di ciò che la nuova dimensione del digitale richiede, in particolare con l’imporsi dell’Intelligenza Artificiale.
Il “che fare”, allora, è il quesito che assomma tutti i quesiti posti ad una forza politica intenzionata ad andare oltre la nobile, ma insufficiente, caratura dell’elaborazione di pensiero.
INSIEME è nato sulla base dell’assunto che si debba tornare ad una politica in grado di elaborare un “pensiero forte”. Lo scrivemmo nel Manifesto Zamagni (CLICCA QUI). E nel corso di questi anni d’impegno, e questi anni di una politica che vive di frasi e promesse roboanti, per poi adagiarsi sulla sola gestione esclusiva dell’ordinario, ce l’hanno solo confermato. Così come è stato confermato che le idee e le proposte devono essere alzate al livello di una progettualità che manca un po’ dappertutto. Carenza che definisce uno dei caratteri peculiari del nostro sistema politico e di una buona parte della nostra intera classe dirigente.
Si pone allora il problema di guardarsi attorno per capire se esistano le condizioni di pensare alla creazione di una “coalizione” per uno sviluppo e per il progetto di una “nuova” Italia. Coalizione che non è quella di cui si parla comunemente tra i partiti e sugli organi di comunicazione. Bensì intesa come ampio baricentro in grado di definire nuovi equilibri, anche parlamentari, probabilmente in un prossimo Parlamento, rinnovato in uomini, postura ed attitudine mentale. E la “coalizione” che conta è quella da creare nel Paese tra le forze vive della società, del tessuto produttivo, nel mondo del lavoro.
E’ oramai da tempo che tutte le forze politiche ci parlano esclusivamente di schieramenti. Purtroppo, anche coloro che, come noi, hanno raggiunto il convincimento della necessità di superare il bipolarismo, formula politico – istituzionale che ha dimostrato nei fatti di portare indietro il Paese. Invece che sollecitarlo verso un’autentica scelta pluralista culturale, politica ed economica, per accettare ed affrontare il rischio del confronto con la complessità, dell’innovazione e della partecipazione. In poche parole, con tutto ciò che costituisce la vera sfida per l’uomo contemporaneo.
E’ evidente come esista una discrasia, una disarmonia, tra l’auspicare la creazione di una posizione politica “terza” e la comprensione del fatto che essa vive ed è credibile solamente se definisce e precisa propri contenuti in grado di prospettare al un’altra strada da percorrere rispetto a quelle indicate dalla destra e dalla sinistra. Entrambe vittime, oltre che delle loro dinamiche interne, del sedimentarsi di vecchi e superati interessi.
E tra questi contenuti sicuramente ci sono quelli che pone Insieme in materia di nuove politiche industriali (quelle contenute nel precedente lavoro rappresentato dai Quaderni giunti oramai alla terza produzione CLICCA QUI), di nuove relazioni tra capitale e lavoro, per ciò che riguarda la co – partecipazione dell’intero mondo dell’intero mondo del lavoro, lavoratori e impresa, alla vita produttiva e di gestione. Purtroppo, sono cose di cui non sentiamo parlare tra i tanti, pur animati da buona volontà, intenzionati a creare un “Centro” la cui idea, ancora una volta, però, appare collocarsi esclusivamente nella logica di un sistema decotto.
Tra le tante domande da porre a tutti quelli che aspirano alla creazione di un “Centro” vi è, ad esempio, per restare in tema, quella dell’applicazione dell’art. 46 della Costituzione che è rimasto lettera morta. Hanno intenzione d’impegnarsi a far sì che la Repubblica, davvero, riconosca il diritto dei lavoratori a parteciparr alla gestione delle aziende?
E allora, che fare? Credo che la risposta sia quella di continuare in un lungo impegno di elaborazione ponendoci soprattutto in pieno e diffuso confronto con la società civile ed economica a tutti i livelli. A partire dai territori, stimolando il mondo cattolico ad uscire dalla propria afasia, che non si guarisce limitandosi alla diffusioni di appelli ed esortazioni piene di buone intenzioni, bensì elaborando con il tessuto vivo e pulsante di quel mondo, ma anche quello di larghe fasce di non credenti, l’ipotesi di un lavoro progettuale per il superamento delle disuguaglianze e del lavoro precario, per il recupero di una capacità “inclusiva”. Nella ricerca di una strada utile ad affrontare le tante “transizioni” di cui abbiamo bisogno a partire, come ricorda il documento di Insieme (CLICCA QUI), da quella educativa.
Sappiamo del come continuino a cambiare i processi sociali, la formazione delle opinioni e, persino, del mutare delle relazioni interpersonali che si muovono lunghi nuovi percorsi. Le strutture ufficiali e l’associazionismo, e le aggregazioni ufficiali, non rappresentano più, a nessun livello, il punto di riferimento di singoli e di gruppi. Tutti coloro, cioè, che, invece, sono alla ricerca di nuovi interlocutori. Solo che manca la capacità di individuare quei temi e quelle parole chiave capaci di far costruire una nuova forma d’impegno politico.
E’ questa la sfida più importante posta dinanzi a Insieme e ad un ampia realtà fatta di solidarismo, popolarismo e voglia di partecipare. E ‘a partire dai temi delle elaborazione di un’ipotesi di lavoro per una nuova “coesione” che con tanti altri, interessati alle dinamiche della politica nostrana, può diventare, dopo tante delusioni, un fatto “nuovo” per gli italiani.
Giancarlo Infante