Abbiamo dato conto del documento approvato a larga maggioranza dal Consiglio nazionale di INSIEME riunitosi a fronte di quello che si può considerare l’avvio di una nuova stagione politica (CLICCA QUI).
INSIEME intende rappresentare un “nuovo” partito nei contenuti, nel metodo, nell’immagine convinti com’è la stragrande maggioranza dei suoi iscritti, sostenitori ed amici che sia proprio finita la lunga storia del trentennio del bipolarismo, al cui interno si è consumata, con esiti oggettivamente deludenti, se non addirittura negativi, la cosiddetta diaspora dei cattolici in politica.
Il proporsi come alternativi al centrodestra e al centrosinistra si basa sul convincimento che lo schema della forzata divisione in due dell’elettorato, e del quadro politico, non abbia più alcun fondamento e alcuna giustificazione pratica. Quanto si vivesse in una forzatura concettuale e concreta era già stato confermato nel corso dell’ultima fase di quell’alternarsi Berlusconi – Prodi che ha retto finché ha potuto. L’esperienza Monti e, soprattutto, i risultati elettorali del 4 marzo 2018, ulteriormente svelarono una situazione cui non si è voluto mettere mano per un’idea astratta coltivata da una politologia cattedratica che continua a credere sia davvero possibile, in un Paese che ha tutt’altra storia, importare i modelli anglosassoni. L’importante, ci veniva detto, e balbettando ancora qualcuno dice, era sapere la sera stessa dell’apertura delle urne chi fosse in grado di governare. Senza considerare che i problemi veri, comunque, nascono la mattina dopo … e ogni giorno, giorno dopo giorno.
Sì perché la parola d’ordine degli ultimi trent’anni è stata quella di assicurare la “governabilità”. Su questo altare, si è trascurato di occuparsi della “rappresentanza” e di quelle entità sociali che, con il bipolarismo, restano compresse ed inespresse. Una tale sottovalutazione ha portato a farci ritrovare con un’estesa area popolare, fatta d’indifferenza e astensionismo, che costituisce il primo partito italiano. E questo nonostante si continui con la retorica dei “leader”, dei capi partito e degli “uomini soli al comando”. Tutti i quali, nessuno escluso, ci presentano oggi un bilancio assolutamente fallimentare.
E’ per questo che ripetiamo necessario giungere al varo di una legge proporzionale destinata ad avere alcune importanti conseguenze: rigenerare il quadro istituzionale attingendo dalla società civile tutti quei patrimoni e quelle competenze che si sono allontanati dall’impegno politico; rilanciare l’idea di un impegno pubblico sulla base della riscoperta dell’arte della mediazione politica, piuttosto che della decisione verticistica su cui influiscono, e pesantemente, interessi esterni e parcellizzati. Quella mediazione che consente di portare alla creazione di coalizioni di governo in grado di rappresentare il punto di convergenza di un’ampia area di pensiero e di progettazione della cosa pubblica senza che questo significhi la fine della peculiarità di diverse provenienze, ispirazioni e aspirazioni destinate a coesistere perché partecipi di obiettivi comuni. E senza essere forzati a confondere nell’omologazione le specificità che ognuno ha il diritto di reclamare e di coltivare, come ci hanno fatto assistere finora le coalizioni che a noi si sono presentate con il marchio di centrodestra o di centrosinistra, .
Solo una vera scomposizione dell’attuale quadro politico può consentire una ricomposizione su di un livello superiore che serva a ricucire il rapporto tra eletti ed elettori e ad avviare un inevitabile e necessario processo di trasformazione del sistema politico nazionale, il modo con cui esso insiste sulle istituzioni, i suoi rapporti con l’apparato burocratico, le proiezioni nel quadro di riferimento internazionale che, anche in occasione della crisi ucraina, ha dimostrato l’esistenza di zone d’ombra, di ambiguità e di resistenze che, invece, devono essere chiarite e superate.
Non è comunque detto che per raggiungere una tale rigenerazione sia da considerare “conditio sine qua non”, e in maniera esclusiva, l’introduzione di una legge elettorale proporzionale con una bassa soglia di sbarramento. Il timore che questa legge non arrivi è utilizzato come alibi da chi è già parte di uno dei due schieramenti costituiti per lì restare in attesa di uno strapuntino generosamente concesso dai “leader”, o presunti tali, che guidano le danze, nonostante manchi una piena condivisione di linee strategiche e di programmi. E’ un po’ la situazione che vivono tanti parlamentari d’estrazione cattolica costretti a militare, a destra, come a sinistra, in entità politiche che trascurano completamente le loro istanze o si limitano ad agitarle strumentalmente. Sì, perché tutti si dicono interessati al voto cattolico, ma nessuno si preoccupa di rispondere realmente all’esigenza di affrontare la realtà del nostro Paese introducendo più solidarietà e più impegno a favore della Vita.
Le nostre condizioni, invece, sollecitano la necessità di un richiamo all’Insegnamento sociale della Chiesa e al grande contributo di pensiero politico portato dal popolarismo nell’ambito economico, sociale e dell’educazione.
Questo significa andare oltre le riduttive logiche del posizionamento da assumere nell’attuale contesto politico e non limitarsi a pensare alla creazione di un “centro” generico e privo di ogni sostanza propositiva, bensì il ritrovare il senso di una rinnovata partecipazione alla cosa pubblica sulla base di un’autonomia, che è soprattutto di contenuti ed espressione di una peculiare capacità programmatica. E fornendo, davvero, un’immagine originale, anche attraverso la presentazione di facce “nuove”. Non è questione anagrafica, ma adesione all’idea di vivere la politica con generosità e con l’intenzione di dare spazio soprattutto alle competenze e alla gratuità dell’impegno.
Giancarlo Infante